Di valige e questioni ontologiche

dicembre 21, 2010

Mood: in rapido recupero (a te, grazie, perché ci sei)
Reading: Reif Larsen, Le mappe dei miei sogni
Listening to: Kings of Leon – Cold Desert
30 Seconds to Mars – This is War
Eating: ciò che avanza nel frigo e va consumato
Drinking: tanta, tanta acqua, ho abbondato col peperoncino



Casa. Trolley e/o valigia. Stradastradastrada. Aereoporto. Check-in, al bisogno. Imbarco. Aereo. Posto xx. Decollo. Atterraggio. Sbarco. Recupero bagagli, al bisogno. Stradastradastrada. Casa. Sempre trolley e/o valigia.
Negli ultimi anni lo spostamento è diventato una costante della mia vita, talvolta percorro lunghe distanze anche più di una volta nel giro di una settimana, tutto d’un fiato o a tratti. Mi guardo nelle porte a scorrimento di un’aereoporto o di una stazione e riconosco in me la giovane viaggiatrice che ho sempre sognato di essere, con la valigia fatta all’ultimo secondo, povera di vestiti e carica di emozioni tutte stropicciate.


Domani parto per Amsterdam, raggiungo papà e mamma e sorella. Disastri meteorologici permettendo e ritardi secolari.
Intanto galleggio nel disordine che sempre comporta il tentativo di costringere la mia vita dentro una valigia in una sintesi striminzita e costantemente imperfetta, prima di lasciare un posto per un altro.
Mucchietti di vestiti, quelli da portare, quelli da lasciare e gli ultimi panni stesi ad asciugare per tutta la casa, sui mobili e sui termosifoni. Pile di libri e pile di fogli, quelli da portare, quelli da lasciare e penne e matite sparse sul suolo e tra le lenzuola. Collane di musica e canzoni, quelle da portare, quelle da lasciare e macchine fotografiche e rullini e schede di memoria e via così.
Di fronte alla valigia, il mio è un disordine tanto concreto quanto emotivo, ha molto a che fare con l’intimità, con chi sono e chi non sono, chi sono stata e chi non voglio più essere:

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Proprio per questo stavolta trovo particolarmente difficile fare la valigia. Niente a che vedere con le pelli di montone da farci entrare per affrontare l’inverno sui polder, chè tanto ho sviluppato una personale metodologia per far entrare in valigia il possibile e l’impossibile, all’occorrenza. Tutto a che vedere, invece, con l’ontologia.

Sì, è uno strano momento, lo avverto fisicamente, mi stringo i polsi, in vena mi scorre un’onda frequenza silenziosa, non dolorosa, non angosciante, ma sottile, penetrante.
Ho bisogno di far posare i pensieri.

A distanza di cinque anni, l’Olanda resta per me una meta emotivamente molto forte. Allora avevo sedici anni e la vita crepata da due. Per un mese, sono stata lontana da casa e da tutto quello che mi era familiare, ho vissuto in Olanda con mio zio, lavoricchiato in un suo piccolo alimentari con mia cugina, per lo più mi sono cercata disperatamente, dilaniata tra il desiderio di “fare strage di me” e quello di “restare in piedi e non avere paura”. Per questo sono stata lontana da casa e da tutto quello che mi era familiare e per questo sono andata in Olanda. Era la mia prima volta.
A distanza di cinque anni, ne ho percorsa di strada, tanta davvero e ho avuto coraggio, sono cresciuta. Non ho più tempo per vivere nel passato, piuttosto lo recupero per distendere le pieghe e perdonarmi finalmente, riconciliarmi con me stessa. Ho raggiunto la dose di stabilità sufficiente per presentarmi al faccia-a-faccia con la ragazzina che sono stata come la donna che sono oggi, dimostrarle che non abbiamo più nulla a che vedere l’una con l’altra ed allo stesso tempo tutto a che vedere. Sorriderle ed abbracciarla, e sollevarla, respirarle dentro aria pulita, rassicurarla, dirle di non passare la vita a morire dentro perché sa ridere forte da spaccare i cristalli, che arriverà il bello ed ancora il brutto, ma lei potrà essere debole, piangere e avere paura, essere umana perché anche in questo c’è coraggio e sarà più facile star bene. Ringraziarla per la donna che sono oggi. Non più un rewind, ma un flash forward.

Sì, è uno strano momento, lo avverto fisicamente, mi stringo i polsi, in vena mi scorre un’onda frequenza silenziosa, non dolorosa, non angosciante, ma sottile, penetrante.
In verità, è solo un po’ di tensione. E’ sufficiente non ingigantirla perché torni il sereno.

E’ ora di fare questa valigia e chiuderla.
La mia famiglia è già lì, mi sta aspettando. Io sola manco. Ed in verità, non vedo l’ora di stringere tutti in un abbraccio collettivo.

14 Responses to “Di valige e questioni ontologiche”

  1. losengriol Says:

    Mando anche io un abbraccio natalizio a tutta la famiglia, che dev’essere una famiglia eccezionale se tu ne fai parte.
    Sii serena e forte, come sei capace di essere. L’incontro con quella ragazzina sarà, credo, delicato (in tutti i sensi che questa parola può avere) e entrerà nella valigia dei tuoi viaggi personali. Chissà poi dove ti porterà.
    Voglio che sia un Natale bellissimo per te, per voi. Mi farà bene pensarlo, saperlo così. Voglio che sia un Natale bello per tutti noi, che mai quanto quest’anno ci vuole.
    Un bacio.

    • dorotea Says:

      Sono in ritardo, come sempre. ma questi sono giorni un po’ strani (e non necessariamente strano è brutto), sono certa tu possa immaginarlo. vivo secondo ritmi molto diversi dal solito, cammino un po’ più cauta, ma lo faccio ed è ciò che importa. In un certo senso, sto riposando. Mi sto allontanando dai miei caos quotidiani. A tratti, mi riscopro distantissima. Ma mi sta facendo bene.

      Io ti abbraccio forte. Fortissimo. Mi fai sorridere.

      E’ stato un bel natale per voi?

      • losengriol Says:

        Si, posso dire di si. Più rilassato di tanti altri. Forse abbiamo imparato a dare il giusto valore alle cose, a non agitarci per cose futili.
        Per me è stato anche un po’ malinconico, quando guardavo il viso di mia madre.
        Sono stata bene però, raccolta, ho fatto quel che volevo fare. E sono contenta di aver deciso di passare anche il capodanno in famiglia, voglio stare con loro.

        L’abbraccio è arrivato forte e chiaro 🙂

        • dorotea Says:

          Posso capirti completamente. e forse proprio per quella punta di malinconia, anch’io ho deciso che passerò il capodanno con i miei. e non è solo una questione di necessità, ma desiderio. ho esplicitamente richiesto che fosse così, che facessimo qualcosa noi quattro insieme.

          A volte penso che diventare adulti significa anche capire il valore ed il legame con la propria famiglia.

  2. paola Says:

    Salve, possiamo sentirci via email?
    grazie, a presto –
    paola

  3. cioccolove Says:

    Ti auguro un buoniiissssimooo viaggio! Per un po’ non sono stata sul uorld uaid uèb, avevo troppe cose da fare, gatte da pelare e menate varie. Ma è bello poter tornare e augurarti un bellissimo inizio di anno nuovo!
    Valigie…queste sconosciute. Le caricavo sempre d’ansia e di pensieri e di ricordi e di regali e poi anche di addii. E’ bello poterle chiudere. Bello anche poterle riaprire con chi si vuole, condividendo tanto di noi.
    un saluto ai tuoi e un bacione all’olanda!
    Ari

    • dorotea Says:

      Ho scoperto che stavo caricando la valigia proprio di ansie. Io ed io ci siamo incontrate in un vecchio specchio. Uno stupidissimo specchio che si è portato dietro un flusso di ricordi. Ci siamo sorrise. Forse con un po’ di malinconia. Ma ci sta. Non potevo pretendere che partissero i festoni. La mia valigia olandese è molto pesante, proprio perchè non l’ho mai condivisa. Non saprei come fare. Ho sempre creduto di aver vissuto un coma ed invece i ricordi emergono, da acque torbide, ma emergono. E pian, piano, la valigia perde peso. Ed io conquisto vita.

      Un bacio dall’Olanda a te, Ari. Spero le tue gatte da pelare siano ora bell’e pelate. Così da iniziare l’anno serena e proseguirlo.
      Stai bene, mi raccomando.

  4. ilaria Says:

    un giorno mi perdonerò anche io..
    è sempre bello leggerti do.
    un abbraccio

    • dorotea Says:

      abbraccio te. è sempre bello vederti spuntare nei miei giorni.
      (sono stata a siena recentemente. non so, ma quando ci torno ho l’impressione di essere più leggera.)

  5. cescocesto Says:

    non so cosa dire perché mi sembrerebbe di aggiungere un “di più di troppo” a quello che hai scritto.
    posso solo dire che nelle tue parole ho trovato un pizzico di paure ma anche tanto ottimismo.
    buon viaggio 🙂

  6. gabry Says:

    aspetto il tuo ritorno


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