Annotazione sulle disfunzioni dell’armonia

ottobre 24, 2013

Mood: enfatico
Reading: itinerari lungo la metropolitana londinese
Listening to: Ellie Goulding – Nobody’s Crying
Watching: la partita con la telecronaca in olandese
Eating: cavatelli e broccoli
Drinking: succo di mirtilli



[]
Il fatto, ho l’impressione nasca da dentro, da uno sforzo titanico eppure minimale all’apparenza di intro-spaziare e intro-ispezionare,
‘ché io sempre, tutte le cose migliori le colgo mentre sono in movimento e, andando, riconquisto la certezza di avere i piedi robusti quanto basta e anche più per poterle inseguire.


Allora ho colto che “a interporsi tra me e la mia serenità non sono né la fatica, né l’insoddisfazione, né gli scorni, né i tormenti, piuttosto il tentativo di mantenermi sulla loro superficie.
Sono certa che adesso smettere di farmi la guerra significhi sprofondare, sviscerare senza sosta e cavare il dolore dal petto.”

[treno Maastricht – Eindhoven, 8 ottobre 2013, di ritorno da Milano, di ritorno dal paesello – a matita sul taccuino verde]


A volte l’armonia è come se i tormenti non dovessero presentarsi mai più. A volte, l’esercizio all’armonia – quando diventa chiaro come secernerla – si altera in una negazione dell’abisso. Eppure l’armonia non è che la risultante di tutta una nuova consapevolezza rigorosa che governa il transito e la metamorfosi del dolore e della felicità.

5 Responses to “Annotazione sulle disfunzioni dell’armonia”

  1. eta849 Says:

    “Armonia” è forse la mia parola preferita, per cui mi pare che il regalo più puro che possa farti sia fare la stronza e dirti come la sento io.

    L’armonia esiste per i fatti suoi, non la secerniamo, né consegue alle nostre consapevolezze.
    Ma è in armonia (nella percezione di essa) che meglio giungiamo a quella consapevolezza, sì.
    E in quella consapevolezza (ma lo sai) l’eventuale abisso non si nega, a volte capiti che lo si riempia con un po’ di crema pasticciera, se oltre a sentire l’armonia siamo tutti gioiosi (la gioia, quella sì, la secerniamo), ma l’armonia sente così bene l’abisso che non lo percepisce nemmeno tale, perché se siamo tutto, se sentiamo l’armonia, come siamo qui sulla vetta siamo giù in fondo – per cui il fondo non è più fondo, lo vediamo da vicino, e non fa più paura.

    “A volte l’armonia è come se i tormenti non dovessero presentarsi mai più.”
    Ho conosciuto questa sensazione e ho provato a rieducarmi a riconoscere anche i tormenti, di nuovo, e dar di nuovo loro spazio, ma ora in modo educato.

    Non ho detto che è facile.

    E dico piuttosto che, anche se ho sentito di voler mettere i puntini sulle “i”, tu già avevi capito. 🙂

    • dorotea Says:

      Urca, mi stavo perdendo questo commento. E siccome la faccenda è interessante, non sarebbe stato il caso.

      Guarda, io credo che quella di cui parli tu è l’armonia universale e per come filosoficamente la intendo io, l’armonia è quella di Eraclito, ovvero la coesistenza e l’interdipendenza apparentemente scontrosa tra concetti opposti, in virtù della quale il mondo è un’esperienza complessa e appunto armonica, equilibrata.
      In questo senso concordo assolutamente con te.

      Ma.
      La percezione dell’armonia nel “piccolo” della propria vita quotidiana, io credo ci sia bisogno di – in un certo modo – secernerla: intendo sperimentarla, educarsi a dare il giusto spazio e la giusta misura sia alla gioia che al dolore, a – sempre in un certo modo – bilanciare gli abissi dei sentimenti, oppure a abbandonarvisi, ma con educazione, come dici tu.
      Tanto più in un mondo che ha nelle vene l’estetica del dolore.

      O almeno questa è stata la mia esperienza. Io all’armonia mi sono dovuta educare.

  2. greta rosso Says:

    questo potrei averlo scritto io a livello di sensazioni. chirurgica, si sente con precisione ciò che dici.


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