Lullaby

settembre 19, 2010

Mood: a pressione
Reading and Watching: National Geographic, I Grandi Fotografi, Annie Griffith
Listening to: mormorii
Eating: spaghetti, focaccia, pizza di patate e torta al limone (si vede che a Milano è arrivata mamma!)
Drinking: vino rosso buono (si vede che a Milano è arrivato papà!)




Due giorni consecutivi a tentare invano un upload dietro l’altro su Vimeo mi sembrano un buon record da stress.
Roba capace di sbriciolarmi i nervi.
Ma quel che conta è che alla fine ho avuto la meglio su Internet e sulla sorte.
Ed allora, ecco qui l’ultima animazione dell’anno.
Fedele ad ogni sana intenzione di non ridurmi all’ultimo momento, l’ho conclusa appena la sera prima dell’esame. Il penultimo momento. L’ultimo è stato la lasagna di Zulio, irrorata di vino bianco e buona compagnia.
Sicuramente per inquadrature è molto diversa rispetto a come me l’ero immaginata, errore mio nel progettare gli spazi del disegno. Sicuramente all’animazione preferisco proprio il disegno. Ma credo di aver ottenuto il sentimento di sospensione che desideravo. E’ già qualcosa.


Libere associazioni

settembre 15, 2010

Mood: stremato (sessione autunnale del piffero!)
Reading: tesine e tesine
Listening to: Elisa (ft. Giuliano) – Ti vorrei sollevare
Watching: il monitor e se continuo gli occhi appassiranno
Playing: a distrarmi
Eating: gelato choco-muffin 🙂
Drinking: acqua



“Il filo rosso che unisce gli artisti selezionati è quello delle live performance, in cui l’indagine artistica si ibrida con la tecnologia per rispondere ad istanze di natura filosofica, antropologica e scientifica, oltre che sociale. I termini di modulazione di quest’analisi… ”


Gli esami sono troppi.
E troppa poca è la voglia di stargli dietro. Il culo rifiuta la sedia. E la testa si perde in voli pindarici, è spostata, c’è un errore di parallasse.
Proprio non ce la faccio.
Voglio dire, l’abbronzatura sta abbandonando la pelle, l’ho notato ieri in doccia. Cioccolato e latte tornano ad uniformarsi e presto sarò nuovamente candida, meglio dire pallida. Sto bene a cianciare! Pallida lo sono già, emotivamente.


Dalla più immediata indagine sul rapporto uomo-macchina con Epizoo di Marcel-lì Antunez Roca, nella cui performance il corpo viene messo a disposizione del computer interattivo e diventa oggetto di un gioco di massacro…”


Corpo. Un giorno gli chiederò scusa, non sono una buona compagna. Non lo sono complessivamente.


“… si passa all’ambito di una corporalità vissuta nella sfera dell’emotività e della percezione con Laser Sound Project di Edwin Van Der Heide.


Famiglia. Famiglia? Solitudine. Psicoanaliticamente. Vi amo.
Milano, Casa. Quest’anno ci provo. Mi ci metto d’impegno. Se apparecchio per qualcuno in più oltre me sento già il cuore riscaldarsi.


All’incrocio tra reale e virtuale, il concetto di corporalità incontra i temi della presenza e dell’assenza, della prossimità e della distanza e quello del controllo, con Can You See Me Now dei Blast Theory


Tu. Io. Noi? Voi. Loro. Non so. Chissà. Domani. Sarà. (Un giorno migliore?) Ho conosciuto uno. Grazioso. Non ci penso nemmeno. Vorrei davvero correre tra le tue braccia. Ma se te lo dico mi lasci? Shhh. Ond’evitare.


… e diventa termine di passaggio per una serie di considerazioni sulla concezione contemporanea di identità con COME.TO.HEAVEN di Gazira Babely.


Chi sono? Dove sono? Cosa faccio? Cosa voglio? Come fare?
Olanda. Dovrei, ma non voglio.
Non tengo dinero. Tocca sgobbare.
E i sogni, in quale cassetto? Ne ho tanti, alcuni neanche li conosco ancora. Non so se ci stanno. Forse son meglio due cassetti.


“Sposta questo keyframe di un secondo. Più in qua, più in là, ma vaffanculo s’è sballato tutto.”


Nina dice che ci sono giorni in cui non succede niente. Poi ci sono quelli in cui succede tutto. Bello e brutto. Ecco. Appunto.
Oggi ho pensato che dovrei cambiare suoneria al cellulare.
Dicono sia depressiva.
Voglio essere propositiva. Ho imparato a piangere. Sto diventando forte, dico, sarà poi vero?
Ho le pile scariche, questo è certo.
Dai gas, dai gas! La vita è così. Più cerchi di definirla, più ti sfugge. Lei corre più veloce. Io ho il difetto di non arrendermi.


“Non posso ancora lanciare il render.”

Avrei bisogno di un viaggio. Bello lungo. In qualche posto lontano. Magari mediterraneo.
E’ troppo tempo che non mi nutro di bellezza, non provo meraviglia, non riposo.
Sono stanca.
Stanotte non dormirò. E’ per la zanzara. Continua a ronzarmi nell’orecchio. Mi dà fastidio. E poi faccio reazione allergica alle punture di zanzare.
Bubboni. Me ne spuntano fin nel cervello.
L’ho stordita. Al prossimo colpo l’ammazzo. Sono animalista e pure vegetariana, non farei male ad una mosca. A questa zanzara sì.
Metto su il caffè. Ne assumo in endovena.
Devo studiare. Dovrei. Poco male.
Ho un rigurgito di ansia.
Gli occhi s’intrippano, mi costringo a resistere. Sembro una fattona.
Notte bohemien.
Non intendo struccarmi. Al mio incontro con l’inferno voglio andarci ben conciata.
Corro a vomitare. Sarà che ho bevuto. Aria. E’ l’inquinamento. Air pollution.
Ne approfitto per fare pipì.


La televisione è una tecnologia di trasmissione delle informazioni, una modalità di organizzazione, declinazione e distribuzione della comunicazione. La televisione ha cambiato il nostro modo di vivere a livello percettivo e neurofisiologico in quanto ha un forte impatto sul nostro processo di condivisione della realtà.”

Non sono disattenta. Non so come propormi.
Non devo propormi. Non è con me che intendi parlare. Più appropriato un estraneo per svuotare le palle.
Non siamo legati, non siamo legati, non siamo legati.
E’ un po’ come con le fate, Peter Pan la sapeva lunga! Basta crederci.
Ora siamo estranei.
Mi parli? Mi dici?
Ho bisogno.
Però. Qualcuno può domandarlo anche a me?
E’ passata una vita dall’ultima volta che un umano ha voluto sapere sestobenesestomale, che giro hanno preso cuore e testa.
Sono alla ricerca di un pozzo vuoto.
Devo svuotarmi le palle.
Due settimane al ciclo.


Secondo la teorizzazione della scuola di Toronto, la tecnologia è un’estensione della sensorialità umana”

Rettifico.


Voglio dire, l’abbronzatura sta abbandonando la pelle, l’ho notato ieri in doccia. Cioccolato e latte tornano ad uniformarsi e presto sarò nuovamente candida, meglio dire pallida. Auspicabile. Sono fin troppo colorata, emotivamente.





*
Con la gentile concessione E dei miei appunti E di detti propri della mia quotidianità da studentessa.
Sono distante un po’. Causa studio, davvero!
Manca poco alla libertà!

“Ma gli uomini cattivi…”

settembre 7, 2010

Mood: quello di quando il giorno dopo hai un esame
Reading: gli appunti
Listening to: Notwist – Consequence
Watching: gli appunti che urlano “studiaci!”
Eating: viennetta creme brulee
Drinking: thè




Negli ultimi giorni, il progetto di animazione a cui avevo fatto accenno qui ha smesso di vegetare nello stato magmatico di idea ancora un po’ cieca e ha iniziato a solidificarsi in una sua forma ben precisa. Quel che ne sarà è un cortissimo-metraggio, un minuto al più, conclusivo di un anno intero nella classe di animazione.
L’idea di base mi è venuta a partire da un articolo pubblicato sul National Geographic di agosto, in cui ho letto che un numero sempre crescente di tribù di indiani americani, tra Arizona e New Mexico, si sta impegnando nel recupero della terra che fu sottratta ai loro avi, una terra sacra ed una terra ferita.

‹‹Secondo una leggenda, il creatore fece il mondo e mise tutto in ordine, ma “gli uomini cattivi non si accontentarono e lo distrussero, squarciarono le rive del mare, strapparono gli alberi e distrussero le montagne.››

Natura, uomo. Madre, figlio.
Il figlio che colpisce la madre.
L’uomo che colpisce la natura.
Chiaro, no?


Ne ho parlato con Zulio, compagno di corso, ma soprattutto grande amico, lui ha approvato e abbiamo deciso di sfruttare la possibilità di lavorare in team per questo progetto.

Nel corso dell’anno accademico, noi due insieme, abbiamo sviluppato più di un progetto scolastico. Poi, nei mesi maggio-luglio, è arrivato il progetto grosso, quello per noi importante, perchè extra-scolastico: lui ed io + Raffajele (anche lui compagno, grande amico, “amante per arte ed intelletto” al di là di ogni sua perversione), sotto la supervisione della nostra prof. di montaggio, abbiamo lavorato per Officina Italia 2010, festival di letteratura, tenutosi in maggio a Milano, a cura di Alessandro Bertante ed Antonio Scurati (qui il sito). Noi tre ci siamo occupati dei montaggi di ogni singolo reading ed ho così ascoltato storie, tante. Poi anche di quello del video complessivo di documentazione dell’evento, che pubblico qui sotto.




*
Ogni singolo reading è stato uploadato su Vimeo, nel caso dovesse interessare a qualcuno, lì li troverà.


Tutta questa pizza per dire che noi siamo una squadra collaudata, al punto da riuscire a compensare vicendevolmente le nostre differenti metodologie di lavoro. Io pignola e critica all’eccesso, lui più libero.


Tornando all’animazione, nel week-end ho disegnato in Illustrator la tavola base da animare in After Effects (sì, di nuovo!).
Ringrazio me, la mia pazienza e la mia voglia di superare gli ostacoli. Posso farcela.
Ringrazio Nicolò, che mi ha guidata tutte le volte in cui mi sono persa in una curva, che ha discusso con me l’impostazione grafica e che ha espresso il suo parere ogni volta che gli ho chiesto di farlo, per amor di precisione ogni due secondi. Ho da imparare da te.


Ecco quindi al pubblico parere il mio risultato. Personalmente ne sono fiera. Per una volta posso dirlo. Ed è importante per me.





Ieri Zulio, mi ha raggiunta a Milano e, tra un caffè ed una sigaretta, abbiamo stabilito la regia dell’animazione ed avviato il movimento in After Effects. In una giornata, siamo riusciti ad animare soltanto la pianta. Abbiamo così realizzato che il lavoro richiederà più tempo del previsto. S’intende, non più di una settimana perché la data dell’esame di animazione è ormai arrivata. Ma ho scoperto che di questo progetto sono innamorata e non voglio bruciarlo in fretta. Intendo curarne ogni aspetto al meglio e prendermi il tempo necessario, pur nella ristrettezza.


Ho scoperto anche che mi piace disegnare

le teste pesanti

su corpi androgini,

le ossa sporgenti, nel volto, nelle spalle, nei fianchi,

i colli lunghi,

i polsi stretti,

le mani grandi.


Ho scoperto per ultimo, che pur non ritenendo l’animazione un luogo importante della mia vita, è di animazione che parlo tanto.
S t r a n o .


Intanto domani mattina ho l’esame di web. Motivo per cui farei meglio ad andare a studiare.
Ma la buona volontà dove è andata a nascondersi? La concentrazione?
Non ho neanche più la scusa delle belle giornate. Non a Milano almeno.
Mood: confusione mode on
Listening to: il vento, il cane in strada, il silenzio
Watching: la luna
Playing: con gli scherzi di un cervello annebbiato
Drinking: litri e litri d’acqua



Dopo un numero infinito di tentativi di esportazione video falliti uno dietro l’altro per i motivi più assurdi, stasera ho finalmente concluso Deus ex Machina! (si rimanda qui per delucidazioni)



Una delle mie prime lezioni di politica l’ho appresa da mia madre che ero parecchio piccola, recitavo ancora il Brutto Anatroccolo a memoria.

“Il Signor S.B ha un sorriso viscido”.

Fosse solo per il sorriso viscido!


Forse è vero, sai?,
che confondo
rabbia personale
e rabbia sociale.
Mood: azzoppato, ma tenace
Listening to: il vento che accarezza l’erba
Watching: l’erba accarezzata dal vento
Playing: nel mio mondo nascosto
Drinking: vino rosso (“Non dà alla testa questo!”, le ultime parole famose…)




Nuova settimana, nuovo progetto, ancora per animazione.
Questa volta il tema assegnato è “Deus ex machina”.
Per me si è rivelato molto stimolante. Tant’è vero che non ci ho messo molto ad avere l’idea interpretativa e a farmi prendere dalla sua realizzazione.
Anche perché, come sempre, il tempo che posso dedicare ad un progetto è minimo. C’è sempre troppo da fare e mai quello spazio franco, tra una cosa e l’altra, necessario per innamorarmi di un progetto.


In merito alla mia idea non voglio raccontare molto per ora. Surprise! Dopotutto, una volta conclusa l’animazione, non ci sarà bisogno di chissà quale chiave di lettura. Per questa volta, l’ermetismo è a riposo.
Mi limito comunque ad un’indizio qui sotto. Molto significativo.
(Sfida agli arguti, si accettano ipotesi sulla mia idea.)




Questo è uno degli elementi che sto realizzando in Illustrator e che poi andrò ad animare in After Effects. Strada questa che (se il mio vecchio pc mi aiuta) mi consentirà di animare più rapidamente.


Il punto fondamentale della questione è costruire ogni parte da animare in modo tale che sia facilmente smontabile e ricomponibile come meglio si preferisce.
Per capire come costruire questo burattino, ho avuto bisogno di due giorni di alienazione dal mondo, in cui ho tentato e ritentato, visto mille disegni di gente che sa disegnare per analizzare posizioni, prospettive e possibilità e altri mille video di gente che sa animare.
Stamattina, di fronte al cornetto e all’espressino/marocchino che mi ha portato la mia mamma per consolarmi e sulla scorta anche di un’intuizione notturna, si è illuminata la lampadina. E soprattutto mi è diventato chiaro che mi ero persa in un bicchier d’acqua.
Bastava aggiungere dei cerchi in mezzo ai solidi così che gli arti fossero disarticolabili.
Avrei potuto ballare il waka-waka in segno di vittoria. Dico davvero, mi risuonava in testa!


Meglio tardi che mai, è vero.


*
Ma mi fa rabbia la lentezza con cui sto apprendendo
Mi fa rabbia la mia difficoltà nell’esprimere con il disegno un’idea che magari ho ben chiara in mente. Sono vittima di un vero è proprio blocco traumatizzante, si direbbe.
Mi fa rabbia la staticità che dei miei lavori in movimento. Compongo l’inquadratura, ma fa schifo lo sviluppo dei suoi elementi nel tempo. Riconosco i miei limiti.
Mi fa rabbia la mediocrità di ciò che ho prodotto fin’ora, non mi basta. Non voglio essere una dei tanti.

La mia costante insoddisfazione. Anche quella mi fa rabbia.

Il muro. Dietro.

agosto 5, 2010

Listening to: Goran Bregovic – Lullaby (Queen Margot)



Rullino i tamburi,
Squillino le trombe!

Ce l’ho fatta!

L’animazione di cui parlavo qui può dichiararsi chiusa.
Almeno per il momento.

Onestamente non ne sono granchè soddistatta.
Non sono riuscita ad ottenere l’atmosfera intima che cercavo. Avverto troppa freddezza meccanica, troppa distanza.
Inoltre manca tutta una parte finale a cui ho dovuto rinunciare dopo aver considerato che le tempistiche sono sempre più ristrette a causa del lavoro.
E c’è da dire che per questa manciata di secondi ci ho messo una vita, pur restando concentrata sul lavoro – in verità, “una vita” è il tempo necessario per questo tipo di operazioni!

Ma va bene.
Ho sperimentato, ho fatto del mio meglio.

*
Questa è un po’ anche per te, piccolina mia.
Riuscissi a vedere un briciolo della tua bellezza, sapresti amarti di più.
Riuscissi a capire un briciolo del bene che ti voglio e ti vogliamo, abbandoneresti un po’ di quel veleno che mastichi sotto lingua.
Ora sono impotente. Ma non lontana.
Quando ti affaccerai su te stessa, affronta la paura, che non è reato, nè peccato.
Mood: whaaaaaaaaaat?
Watching and Listening to: The Strokes – Heart in a cage
E visto che ci siamo, qui, il remake girato e montato da mia sorella. VEDERE!
Watching: qualsiasi cosa mi possa dare ispirazione.
The Strokes – You only live once (con particolare attenzione al batterista)
Madonna – The Beast Within (senza redenzione)
Playing: con i “sì o no?”
Eating: yogurt con cereali
Drinking: caffè



In questi giorni sto lavorando ad un progetto di animazione per l’esame di settembre in Naba.
Non c’è niente di meglio che svegliarsi a prima mattina, fare una sana colazione e mettersi a disegnare in Illustrator per poi scoprire dopo ore che non hai combinato un bel niente rispetto al quantitativo di lavoro che devi sbrigare. Insomma. Nell’ordinario.

Questo è il primo di un numero spropositato di frames. Si tratta di un rotoscope,

*
Sì, avevo smontato la stanza.
Sì, l’inquadratura fa schifo, ma chissenefrega, mi serviva da base.

la cui modella è me medesima. Fa un po’ strano disegnarmi. A volte mi astraggo da me stessa, quella nel disegno diventa una persona altra, cui non posso riservare che estraneità. Altre volte, invece, mi sembra di scoprire nei frames video dettagli di me stessa che mai prima avevo notato. Allora mi dedico attenzione e delicatezza.

Una cara amica mi ha fatto notare che per la scelta dei colori, questa animazione ricorda molto Persepolis, film di animazione con uno sguardo leggero, ma non per questo superficiale, sulla condizione dell’Iran (si fustighi chi non l’abbia visto!).

Mi sembra una scalata agli onori eccessiva la mia. Semplicemente amo questo film, lo venero e riconosco che pensavo proprio a Persepolis quando ho deciso la gamma tonale.

Alla base della mia piccola animazione c’è un tema che definiscono mio, come dire?, il compare al braccetto! Quello di muro, declinato come incomunicabilità.
Incomunicabilità con se stessi in questo caso. Con la propria immagine speculare.
Effettivamente l’idea è frutto di una reinterpretazione di un mio vecchio concept fotografico.

A breve l’animazione conclusa (CI CONTO!).

E a proposito di fotografia…
Oggi pomeriggio devo andare a trovare la mia bimba di ottiche al centro assistenza.
Lei, la mia prima compagna di viaggio, sudata spicciolo su spicciolo. E di strada insieme ne abbiamo percorsa davvero tanta. Al punto che le mie mani ne hanno assunto la forma di impugnatura. Mi ha insegnato a porre sulla stessa linea stomaco, cuore e mente, occhio e mani, mi ha fornito una chiave di lettura del mondo, il mio. Insieme, di storie ne abbiamo raccontate.
Qualche settimana fa mi è caduta di mano. Mi ucciderei se penso che l’ho sacrificata per salvare la paglietta che mia sorella mi stava cacciando giù dalla testa. Lei si è schiantata sulle chianche con l’obbiettivo aperto. Io ho fisicamente sentito il cuore sprofondare nell’intestino basso.
Al telefono il tecnico, con soave cadenza barese, ha tenuto a specificare che la ritroverò aperta, dal momento che il “danno è superiore alla spesa preventivata” ed ha bisogno di sapere se voglio ugualmente sistemarla o meno. La sola idea mi fa attorcigliare le budella.

*
Nel lontanto duemilasette.
Ci conoscevamo da pochissimo. Quasi non sapevamo che farne l’una dell’altra. Poi… poi è tutt’un’altra storia.