Mood: sereno
Reading: Zadie Smith, The Book of Other People
Listening to: vociare e musica nel vento
Eating: riso freddo ancora
Drinking: birra amara con retrogusto di agrumi



Eravamo sedute sulla piccola scoscesa di sanpietrini che, superata la balaustra di pietra bianca e il via vai dei chiunque, finisce nel Naviglio Pavese, Yanna e io a bere una birra amara e chiacchierare mentre Milano si increspava e scorreva via con l’acqua e c’erano nell’aria la musica francese e nel cielo un pugno di stelle, quando ho tirato su lo sguardo e sono stata costretta a frenarlo in quelli di un uomo e di una donna tutti presi a osservare noi che bevevamo una birra amara e chiacchieravamo mentre Milano si increspava e scorreva via con l’acqua e mi è sembrato che questa cosa le loro facce stupite voglio dire dovessero avere un senso in più perché quando ho riportato lo sguardo nella birra sul Naviglio per rialzato subito dopo l’uomo e la donna erano ancora lì a osservare noi che bevevamo una birra amara e chiacchieravamo mentre Milano si increspava e scorreva via con l’acqua.
Allora l’uomo che era tutto un sorriso ha detto di star pensando che d’accordo sarà che a cinquantatrè anni si è un po’ rincoglioniti, ma il Naviglio e noi due appollaiate sul limitare a parlottare dei fatti nostri questa cosa qui gli sembrava molto romantica a Milano dove non capita spesso di.
E io che a questo punto ero tutta un sorriso anch’io gli ho detto che questa cosa qui era un modo per trovare poesia a Milano ‘ché esiste la poesia a Milano anche se la donna che era tutta un sorriso aveva ribattuto che a Milano si fatica a riconoscerla.
E l’uomo che era tutto un sorriso ha concluso con un sorriso più grande ancora ‹‹Voi ci riuscite›› ed è andato via con la donna che era tutto un sorriso

e anche il marmocchietto traballante sotto una pila di bicchieri di plastica che chiedeva con insistenza se avessimo finito la birra per poter ricavare qualche spicciolo dal vuoto a rendere al birrificio anche lui era tutto un sorriso,
Milano intera era tutta un sorriso mentre si increspava e scorreva via con l’acqua.


Devo ormai riconoscere che negli ultimi giorni Milano si fa spazio tra i miei pensieri una badilata emotiva dietro l’altra. Ma questo è l’inizio di una storia che non racconterò stanotte.

Concretezza

ottobre 14, 2011

Mood: conciliabile
Listening to: canzoni ad elevata concentrazione di bassi ed energia rabbiosa
Watching: 1°) una valanga di bei films; 2°) un cortometraggio da “non ci resta che piangere ed io che volevo fare il cinema tanti puntini di sospensione” scritto e diretto da Tornatore per Esselunga – prima e seconda parte ricercate appositamente per voi -; 3°) il nuovo videoclip di Brucerò per te dei miei amati Negrita, in merito al quale mi mangio le mani e mi domando perché sprecare immagini bellissime e suggestive come quelle dell’immobilità frammentata nel nulla di fatto del video nella sua complessità.
Playing: a produrre endorfine
Eating: spasmodicamente, considerate le mie abitudini
Drinking: tisane alle erbe



Felicità.
Va a viene. In verità, mai troppo lontana dal nostro intorno e dal nostro giorno più immediato.
Malgrado tutto, si fa. E si rifà.

Ultimamente accuso un troppo diffuso sentimento di costipazione emotiva generata dall’assalto frontale di avvenimenti e pensieri da cui non sono stata veloce a proteggermi, e dopotutto si sa, a piovere viene giù sempre sul bagnato.
Certi giorni, proprio non mi sto nella pelle. Mi sento fisicamente schizzare fuori da me. Non è “come se”, certamente ho all’interno qualcuno che urla e prende a pugni gli organi e fracassa le ossa, mentre io resto con le mascelle serrate a millantare uno stoicismo che devo ancora sviscerare tra i respiri più profondi. Mi fa male e senza filtraggio.

“Io darei la mia vita, / le ebbrezze più nauseanti della vita, / per sapere passare in quelle luci / come passa quel giovane / che le ha calme nel sangue, / com’è passata quella donna accesa / che ne ha intorno e negli occhi / tutta la limpidezza allucinante.” scrive Cesare Pavese nella prima de Le Febbri Luminose. Ugualmente io, ed io per me medesima mi depreco! Ho compiuto passi da gigante per alleggerirmi le scarpe e le tasche e le sacche emotive, ma nonostante tutti i sassi sterili lanciati alle spalle, resto un esseruncolo oscuro e grave che la terra magnetizza verso il suo nucleo, stringendo le vie di fuga a giorni alterni. Così mi inchiodo negli occhi di quanti, pur senza necessariamente sciacquarsi soltanto in superficie della vita, non perdono chiarezza e leggerezza, e mi sembrano esseri eterei questi ultimi e splendenti. Sicché inevitabilmente io per me medesima mi depreco! Ho ampiamente bypassato la pretesa tutta paradossalmente umana di cucirmi addosso una qualche forma di perfezione, neanche esistesse su questa terra, la perfezione!, ma fossi diversa, che non necessariamente significa meglio di come sono, sarei certamente meno intimamente sola, ed allora perché semplicemente non mi riesce di smettere di interiorizzare tutto quanto così tanto e di segare ed arzigogolare elucubrazioni celebrali e cardiache fino a farne cavezza?

Concretezza.
Per gente come me, servirebbe quella soltanto.
Di tanto in tanto ed in dosi massicce.