Dodicinovembreduemilaundici, Ovvero di come ci viene negato esultare
novembre 20, 2011
Mood: super-infastidito
Reading: news dall’Italia
Listening to: vicende di pazzi raccontate live da Lou a Yanna che reclama storie della buonanotte, ovvero tre donne in un lettone
Playing: a ballare come un’idiota su canzoni tamarre
Watching: Tomboy, di Céline Sciamma
Eating: frittata di spinaci e cioccolata
Drinking: birra e camomilla
“Mr. Berlusconi, 75, is quitting after a parliamentary revolt and a wave of market panic put an end to his 17-year domination of Italian political life, raising global fears of a political crisis in Italy.
Credit: Alessia Pierdomenico/Bloomberg News”
[The New York Times]
Esse Bi ha rassegnato le dimissioni.
Nei miei progetti più storici, avrei segnalato questa data tra quelle capitali, dodicinovembreduemilaundici a fianco, chessò!, di quella del giorno del mio primo ciclo, ecco sì, di tutte le mie prime volte, eventi di passaggio. Avrei sprizzato gioia fin dalle ascelle e me ne sarei andata a correre nuda per strada.
Ebbene, quello che mi fa incazzare è che, invece, non m’è venuto neanche da sorridere. E, ciliegina sulla torta, non ero la sola in questa mesta condizione.
“Più che voglia di sognare mi sembra che ci sia voglia di tornare subito a dormire”, twitta Sabina Guzzanti – che di divertente c’è che in questa faccenda, come in molte altre, Twitter funziona più dell’Ansa – e c’ha ragione! Per sognare davvero c’è bisogno di aprire gli occhi. E ad aprire gli occhi ci si rende conto che con Esse Bi non vanno via vent’anni di (fanta)politica italiana, né tanto meno un secolo e mezzo di magagne, ché la politica italiana, diceva la mia prof.s-sa di letteratura italiana al liceo, è nata col peccato originale.
Ora il fu Bel Paese affoga nella merda economica, sociale, culturale, ecchissenefrega dell’eufemismo e chi più ne ha, più ne metta! E non solo è carente di maghi e geni della lampada per disintegrare il lercio in uno schiocco, ma anche della più minima coscienza nazionale e quindi della capacità di lavorare su larga intesa per il bene comune, senza disperdersi in beghe da taverna di basso rango, vecchie storie anche queste.
D’accordo, un po’ ci spero sempre, ma stando così le cose, che c’è da sorridere?
A ben pensarci però, tanto per non fare i disillusi persi, un motivo ci sarebbe. Se non altro, sul prossimo tram in Olanda, non dovrò vergognarmi di essere italiana quando il conducente mi chiederà ‹‹Uer du iu cam from?›› e, rispondendogli io ‹‹Italia››, lui mi dirà ‹‹Oh, Italia, nais president!››, provocando uno scoppio di risate clamoroso fino all’ultimo sedile.
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Bari-Milano-Den Haag
ottobre 7, 2010
Mood: metereopatico
Reading: siti informativi vari
Listening to: il ronzio delle stampanti in aula computer
Playing: con Pauline
Drinking: cappuccino
Da una settimana
mia mamma ha il cuore diviso ormai in tre, è una questione logistica, così dice lei.
Io vivo a Milano.
Lei e mia sorella vivono a Bari.
Mio papà vive vicino Den Haag, Olanda, ci sono suo fratello, cognata e nipoti lì, i miei zii e i miei cugini insomma. Non è uno sfizio quello del mio papà, né la crisi da mezza età, piuttosto una corsia obbligata, chiamasi lavoro.
Mio papà ha cinquantun’anni suonati e alla sua età, ci vuole coraggio e tanto Amore per rimettere in gioco tutta una vita. Se hai sempre vissuto nel posto in cui sei nato, le radici sono ben annodate alla terra. Lì ci sono la famiglia, la casa, un par d’amici, le abitudini. Alla sua età si dovrebbe essere un passo in qua dal godersi la vecchiezza, quella del Cicerone. Ma in quel lì non c’è più un lavoro e senza un lavoro non si campa, neanche il pane sulla tavola si può mettere. Nel Bel Paese ormai si campa di disoccupazione, che gioco di parole del cazzo. E i Belpaesini sono storicamente emigranti, buon sangue non mente, sangue un corno, si tratta di contingenze. Ma raccontiamoci quel che vogliamo e crediamoci pure, ché ci fa tanto bene, davvero tanto.
Intanto per noi resta la difficoltà di tener sotto controllo il meteo in luoghi così distanti, differenti tra loro. Ciascuno ha il suo cuore diviso in tre.
Bari-Milano-Den Haag.
A Natale
per il mio ritorno alla famiglia, non ci sarà la Puglia, ma l’Olanda.
E quando anche mia mamma chiuderà la sua valigia con lo spago, forse anche mia sorella, qualsiasi altro mio rientro non significherà più il mare, in Puglia, ma i fiumi, a Dordrecht, e più in là l’Oceano. A Dordrecht c’è quella che sarà la nostra nuova casa ed il wine bar di prossima apertura di mio zio, l’unico della zona. Il mio papà ha detto che è un paese di piccole dimensioni, ma molto caratteristico, in cui il tempo sembra essersi fermato. Ha detto che tante strade sono chiuse al traffico automobilistico, per lui questo è importante, piace correre al mio papà.
Ho fatto una ricerca. Ho letto che Dordrecht con il suo retroterra è l’Olanda in formato tascabile, l’ombelico della Nazione e lo snodo per tutto il resto d’Europa. Dordrecht si trova su di un’isola, all’incrocio tra la Mosa Vecchia, la Mercede inferiore, la Nuova Merwede, l’Hollands Diep e il Dordtsche Kil, mentre il Wantij attraversa le terre nord e l’Oceano rumoreggia ad Ovest. “L’incrocio fluviale più trafficato d’Europa”. I turisti, tanti, ci arrivano con i battelli, così mi ha raccontato il mio papà. Ne va e ne viene di gente a Dordrecht. Se ne porta dietro di storie. E basta seguire i fiumi, per incontrare le vie del nord, del sud, dell’est e dell’ovest. Penso sia bello.
Comprerò una bicicletta. E avrò la mia famiglia tutta quanta insieme.
Cinque anni fa
cercai accoglienza in Olanda per un mese e poco più. Partii con una valigia scombinata, volevo provare a trovarvi un ordine, lontano da tutto ciò che era quotidianità, rabbia, amaro, amore. Leggevo Resterò in piedi e non avrò paura, all’epoca, e cercavo di tradurlo in un imperativo di vita.
Tornando, non avevo ottenuto una valigia ordinata, ma sapevo che l’Olanda, per una serie di ragioni, non sarebbe stato il Paese in cui avrei scelto di vivere la vita.
Continuo a crederlo.
Vorrei poter continuare a scegliere.
Anche se solo di cambiare quel che credo.
Non voglio una corsia obbligata nella mia vita. Credo nessuno la voglia.
Da mesi, a giorni alterni
il mio papà mi raccomanda di star tranquilla, si sistema tutto, mi vuole bene.
Me lo ricorda anche la mia mamma.
Dura, tutt’un pezzo, m’impongo di esserlo. Fuori, per me e per gli altri. Dentro, è tutta un’altra storia. Loro lo sanno. Perciò mi tranquillizzano di continuo.
E io di loro mi fido. Ciecamente.
Perciò cambio prospettiva, mi educo alla tranquillità.
A Natale, andiamo a conoscere l’inverno e il desiderio del calore in un brodo bollente o una cioccolata calda, dopo aver visto la neve cadere, pattinando sul ghiaccio. Vorrei regalarci un cappottino rosso per l’occasione, con il cappuccio largo, mi sembra fiabesca l’immagine.
Torniamo ad Amsterdam, è bellissima Amsterdam, non ci sono solo puttane e coffee shops, c’è arte, movimento, colore ed il museo del sesso con una fila chilometrica di maschi per i cessi, divertente da matti.
Andiamo a Berlino a vedere la ferita che spacca la terra e l’aria, è vicina Berlino, a un tiro di schioppo, dicono lasci il segno, come tutto quel ch’è segnato.
Soprattutto torniamo a sognare. Lo meritiamo anche noi.
Vi amo.
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