Mood: affranto e sconsolato
Listening to: Lana del Ray – Born to die
Eating: quando avrò forza per cucinare
Drinking: caffè, chiaramente




‹‹Vi vedo

‹‹stanchi››

(…)

‹‹sciupati››

(……)

‹‹provati››

(………)

‹‹pestati››

(…………)
Dopo di che, al prossimo, come ha notato Zulio, spetta l’onore del

‹‹morti in piedi››

Senza considerare frammenti più aulici come ‹‹Sembri uscita da un film di Tim Burton›› o ‹‹Sembri uscito da Apocalypse now››, in seguito ai quali al prossimo, sempre come ha notato Zulio che è in vena di notazioni, spetta l’onore del ‹‹Sembri uscito da Freaks››.
Che scenario piacevole!

Dice Zulio frustrato ‹‹Una cazzo di volta che mostro il mio muso al mondo, cosa ho fatto per meritarmi tutto questo?››. Dico io frustrata ‹‹Non guardarmi in faccia, per piacere, la mia condizione mi imbarazza.››


E tutto questo, malgrado le radici vichinghe energizzanti, due al mattino a stomaco vuoto. Radici vichinghe il cui unico merito, bisogna riconoscerlo, è l’esser state muse per questo gioiello della creatività di Yanna.




Voglio essere ricordata così.

Concretezza

ottobre 14, 2011

Mood: conciliabile
Listening to: canzoni ad elevata concentrazione di bassi ed energia rabbiosa
Watching: 1°) una valanga di bei films; 2°) un cortometraggio da “non ci resta che piangere ed io che volevo fare il cinema tanti puntini di sospensione” scritto e diretto da Tornatore per Esselunga – prima e seconda parte ricercate appositamente per voi -; 3°) il nuovo videoclip di Brucerò per te dei miei amati Negrita, in merito al quale mi mangio le mani e mi domando perché sprecare immagini bellissime e suggestive come quelle dell’immobilità frammentata nel nulla di fatto del video nella sua complessità.
Playing: a produrre endorfine
Eating: spasmodicamente, considerate le mie abitudini
Drinking: tisane alle erbe



Felicità.
Va a viene. In verità, mai troppo lontana dal nostro intorno e dal nostro giorno più immediato.
Malgrado tutto, si fa. E si rifà.

Ultimamente accuso un troppo diffuso sentimento di costipazione emotiva generata dall’assalto frontale di avvenimenti e pensieri da cui non sono stata veloce a proteggermi, e dopotutto si sa, a piovere viene giù sempre sul bagnato.
Certi giorni, proprio non mi sto nella pelle. Mi sento fisicamente schizzare fuori da me. Non è “come se”, certamente ho all’interno qualcuno che urla e prende a pugni gli organi e fracassa le ossa, mentre io resto con le mascelle serrate a millantare uno stoicismo che devo ancora sviscerare tra i respiri più profondi. Mi fa male e senza filtraggio.

“Io darei la mia vita, / le ebbrezze più nauseanti della vita, / per sapere passare in quelle luci / come passa quel giovane / che le ha calme nel sangue, / com’è passata quella donna accesa / che ne ha intorno e negli occhi / tutta la limpidezza allucinante.” scrive Cesare Pavese nella prima de Le Febbri Luminose. Ugualmente io, ed io per me medesima mi depreco! Ho compiuto passi da gigante per alleggerirmi le scarpe e le tasche e le sacche emotive, ma nonostante tutti i sassi sterili lanciati alle spalle, resto un esseruncolo oscuro e grave che la terra magnetizza verso il suo nucleo, stringendo le vie di fuga a giorni alterni. Così mi inchiodo negli occhi di quanti, pur senza necessariamente sciacquarsi soltanto in superficie della vita, non perdono chiarezza e leggerezza, e mi sembrano esseri eterei questi ultimi e splendenti. Sicché inevitabilmente io per me medesima mi depreco! Ho ampiamente bypassato la pretesa tutta paradossalmente umana di cucirmi addosso una qualche forma di perfezione, neanche esistesse su questa terra, la perfezione!, ma fossi diversa, che non necessariamente significa meglio di come sono, sarei certamente meno intimamente sola, ed allora perché semplicemente non mi riesce di smettere di interiorizzare tutto quanto così tanto e di segare ed arzigogolare elucubrazioni celebrali e cardiache fino a farne cavezza?

Concretezza.
Per gente come me, servirebbe quella soltanto.
Di tanto in tanto ed in dosi massicce.



Mood: bisognoso di tutto
Playing: a giocare
Listening to: uno ronzio monocorde nella testa
Eating: insalata di grano
Drinking: caffè




Ascensore. Luce al neon. Specchio.


Io, sconfortata ‹‹Senza trucco sono proprio oscena in questi giorni!››
Madre, tutta seria ‹‹Madò, sì! Guarda che occhiaie!››

Tre puntini di sospensione.



Da oggi in avanti ribattezzo ufficialmente mia Madre “Conforto&Speranza”

Mood: everything is all right!
Listening to: il vento che corre tra gli alberi, il cinguettio degli uccelli, il ronzio del traffico in lontananza, sono proprio in Puglia!
Watching: certi giochi di luce del sole che filtra attraverso la tenda
Eating: crostata di frutta
Drinking: caffè




Perché mai due persone sconosciute che si incontrano casualmente in bagno a condividere l’attesa per alleggerirsi la vescica si sentono in dovere di scambiarsi sorrisi imbarazzati e di circostanza?, chiedo venia per la pipì, sa, dovere…


Perché mai la fotocellula per lo scarico del water è affetta da un’attenzione maniacale per la pulizia, sì da rilasciare acqua violentemente e costantemente per tutto il tempo in cui un povero cristo è impegnato a tentare di allegerirsi la vescica?, toc, toc, occupato, presti pazienza, con le cascate del Niagara che mi scrosciano sul culo, pisciare è più che altro un’impresa!


Perché mai il neon del bagno è concepito in modo tale che da traumatizzare una fanciulla ‘sì beata fino al momento in cui non si sia incontrata nello specchio, facendone risaltare il giallognolo della pelle e il nero delle sue occhiaie gonfie, il disastro dei capelli arruffati e la screpolatura delle labbra, ogni graffio ed ogni macchia?, ma cazzo c’hanno gli uomini da fissarmi e sbavarmi dietro, “sei bellissima, pupa”?, mi prendono per culo?!


Passare in un’ora e mezza dalla Siberia, neve, gelo e tanto grigio, all’Africa, 21°, sole, mare e blu-giallo-verde accesi, accento barese incluso, non ha prezzo.