Mood: boccheggiante
Listening to: Tenacious D – Tribute (The Best Song In The World)
Watching: Interstellar di Christopher Nolan
Eating: patate al forno in quantità tale che non basterà una settimana a digerirle
Drinking: acqua e sale



«[…] e poi dovremmo tornare a collaborare, volevo dirti: siamo una squadra

sì o no?»
[Lou e io un giorno sulla linea lunga Milano – Den Haag]

La prima risposta, così di getto, è questa: una breve animazione che partecipa al bando di gara indetto dal Milano Filmmaker Festival per la scelta della nuova sigla ufficiale d’apertura dell’edizione 2014.

Video by Laura Bianco in collaboration with Dorotea Pace.
Original soundtrack by Stefano Ivan Scarascia.
Animation Video for the Contest “Sigla Filmmaker Festival 2014.

In accordo con le più consolidate logiche da social media, il Milano Filmmaker Festival ha pubblicato online tutte le sigle animate che partecipano al concorso e ha affidato al popolo del web la prima fase delle votazioni: perciò, popolo del web, sappiate che con un click qua e un click là, nella casella email, potete dire la vostra. Avete tempo fino al 21 novembre – pochissimi giorni ancora – op op! Dopodichè una giuria di illustri si riunirà per selezionare la sigla vincitrice tra le quattro con il maggior numero di preferenze e la lancerà sul grande schermo in apertura di tutti i programmi di proiezione del Filmmaker Festival 2014, dal 28 novembre all’8 dicembre.

Per quei giorni, Lou e io ci immaginiamo insieme a Milano a rincorrere il programma del Festival, chiacchierando di cinema e misurando di volta in volta che impressione fa il grande schermo se applicato alle dimensioni del nostro lavoro.
Ma, uno o due tocchi di megalomania a parte, Lou e io ci riteniamo già davvero soddisfatte: il video ha avuto fin dalle prime ore un ottimo riscontro di pubblico – 140 voti e 477 visualizzazioni soltanto nelle prime 24 ore! –, è stato supportato e diffuso costantemente con la più completa spontaneità da amici, conoscenti e sconosciuti e nel corso di un mese intero ha mantenuto la prima posizione in classifica senza mai vacillare.
E al di là di quel che fantastichiamo e a cui è giusto dare spazio, Lou e io abbiamo per di più una certezza rinnovata: siamo una squadra, avevamo soltanto bisogno di tempo a distanza per esplorare liberamente la materia delle nostre storie, prima di ritrovarci a condividere le cose belle a venire.

Mood: entusiasta
Reading: Mario Calabresi, A occhi aperti
Listening to: Ásgeir – Higher
Watching: il disordine nel mio archivio fotografico
Eating: biscotti troppo burrosi
Drinking: tisana d’ibiscus




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L’8 ottobre è stato finalmente lanciato il libro Vier de Natuur in Moerwijk: een festival door de wijk voor de wijk / La Fête de la Nature a Moerwijk: un festival dal quartiere per il quartiere, un libello in realtà: quaranta pagine in quindici centimetri per ventuno, ma quaranta pagine belle dense, all’interno delle quali viene raccontata l’esperienza della Fête de la Nature a Moerwijk (Den Haag), organizzata da DHiT – Den Haag in Transitie, in collaborazione con Stichting Duurzaam Moerwijk e con il patrocinio del Comune di Den Haag, in occasione dei festeggiamenti internazionali per la Natura dello scorso maggio – rimando al post La Fête de la Nature a Moerwijk: un festival dal quartiere per il quartiere per vita, morte e miracoli del caso.

A questo racconto, io ho avuto l’occasione di partecipare con le mie fotografie, ma prima di tutto con una passione che non riconoscevo in me stessa da tanto tempo ormai: sarà stato perché l’entusiasmo in cui mi sono imbattuta è il più grande e merita che altrettanto gli venga restituito. Chi mi ha incontrata a Moerwijk in occasione della Fête de la Nature non manca di citare come e quanto ridevo e saltavo da una parte all’altra e per questo non smette di farmi sentire amata e stimata. Ci sarebbe da raccontare del calore di un abbraccio spontaneo tra persone che si conoscono appena. “Resta con noi ancora a lungo”, mi ha detto Astrid alla fine del mio discorso sull’importanza e sul senso dell’entusiasmo nel mio lavoro, mercoledì sera. E questo è quanto e molto di più.

Tra non molto, Vier de Natuur in Moerwijk: een festival door de wijk voor de wijk sarà disposibile online in formato pdf. Nel frattempo, via libera alla pubblicazione delle fotografie!

***

“Creare un orto dove crescere verdure e erbette, offrire un laboratorio creativo all’aria aperta, organizzare una passeggiata in un parco o un pic-nic… ciascuno festeggia la natura a modo proprio! […] Organizzare un’attività per la Festa della natura è facile e divertente. Puoi farlo da solo oppure insieme ai tuoi amici, alla tua famiglia, al tuo quartiere, al tuo club sportivo, ai tuoi colleghi o compagni di classe!”
[da Plattegrond Vier de Natuur, in Vier de Natuur in Moerwijk: een festival door de wijk voor de wijk, (c) Den Haag in Transitie 2014]

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Tutte le storie e i nomi dietro queste immagini sono in Vier de Natuur in Moerwijk: een festival door de wijk voor de wijk.
Vier de Natuur in Moerwijk: een festival door de wijk voor de wijk è una pubblicazione (CC – Creative Commons) di DHiT – Den Haag in Transitie, con il patrocinio del Comune di Den Haag. Testi di Hannah Saya – Redazione di Jay Navarro & Lynn van Leerzem – Foto di Dorotea Pace – Layout e Impaginazione di Simone van Dordrecht – Illustrazioni a cura di Fête de la Nature Nederland – Stampa a cura di Raddraaier Amsterdam, su carta 100% riciclata.
Mood: trepidante
Reading: Mario Calabresi, A occhi aperti
Listening to: Moddi – House by the Sea
Watching: film senza impegno
Eating: gelato
Drinking: una tisana dopo l’altra



Nata in Francia nel 2007 su iniziativa dell’Union Internationale de Conservation de la Nature e della rivista Terre Sauvage, Fête de la Nature è una manifestazione annuale che anima città e nazioni intere con eventi di ogni genere a diretto contatto con la natura, di modo che organizzazioni locali e internazionali e cittadini possano mettersi tutti insieme a scoprire e riscoprire il proprio ambiente. Dacché è stata proposta e presentata in Francia, Fête de la Nature è stata accolta anche in Svizzera e in Portogallo e, quest’anno per la prima volta, in Olanda.

Vier de Natuur, la prima edizione olandese della Fête de la Nature, è stata celebrata il 24 e il 25 maggio ed è stata definita a ragion veduta un gran successo dacché si sono contati quarantatremila partecipanti e duecentonovantuno attività su tutto il territorio.

Den Haag ha aderito all’iniziativa con un festival organizzato da DHiT – Den Haag in Transitie, in collaborazione con Stichting Duurzaam Moerwijk, nel quartiere di Moerwijk, uno di quelli con i palazzoni grigi tutti uguali dove sembra sempre autunno, nonostante il circostante Zuider Park rigonfio come un polmone. Nel corso della Fête de la Nature, dieci iniziative locali hanno trovato supporto di modo che la comunità di Moerwijk potesse vivere fuori dalle porte di casa, per strada e nei giardini e negli orti tra un condominio e l’altro, godendo dei colori, della musica e delle danze, dei giochi e dei picnic, ma soprattutto del benessere che deriva da un momento di condivisione allegra a diretto contatto con la natura. Dal primo rullo di tamburi della parata che ha aperto il Festival percorrendo il quartiere come un’arteria veloce per spingere tutti uno dopo l’altro fuori dalle porte di casa, al tramonto della domenica successiva nella quiete di Eetbaar Park, Moerwijk non ha smesso di fermentare.


Ma c’è una cosa più interessante ed è questa: alla chiusura della Fête de la Nature, le organizzazioni sorte in occasione del festival si sono sviluppate e hanno dato seguito alle loro iniziative. I giardini hanno portato le piante e i frutti seminati mesi prima e non c’è retorica in questa frase. Vier de Natuur è stato soltanto un punto di partenza nella direzione di una dimensione più solidale e sostenibile a Moerwijk, un quartiere come tanti altri delle nostra città.

Quelli di Moerwijk li ho conosciuti abbastanza. Una settimana prima dell’inizio della Fête de la Nature a Moerwijk, attraverso DHiT, ho accettato l’incarico di documentare fotograficamente l’evento, ma allora non mi era chiaro quanto fosse ampio il progetto che avevo iniziato a seguire e con quante e quali persone mi avrebbe portato a contatto, non solo nella contingenza di un weekend particolare, ma anche nel corso dei mesi successivi.
Penso a ognuna di loro come a un dono prezioso e poi un pezzo fondamentale nella mia grande ricerca sul senso dell’entusiasmo. Son tipi in gamba, quelli di Moerwijk, con una molla gigantesca che li spinge in aria dal centro del loro intestino. Appartengono a razze e credi religiosi totalmente differenti, talvolta discordano, ma mettono a disposizione la stessa umanità e lo stesso slancio amoroso per il mondo nel quale vivono e nel quale in molti casi hanno messo alla luce dei figli: sono vivi e si impegnano per rendere la loro realtà un posto migliore.
Io con una camera in mano spero di averne saputo restituire un pochino forza e emozioni, non solo perché allora quelli di Moerwijk si ritroverebbero belli nelle loro immagini – e io davvero voglio che si rendano conto di quanto sono belli! – e non solo perché anche qualcun altro sarebbe in grado di vederli belli con i propri occhi così come io ho fatto coi miei e proverebbe magari a seguirne gli espedienti. Ci spero soprattutto perché avercela fatta sarebbe il segno che adesso contengo sottopelle la bellezza che ho visto e ascoltato, ‘ché quest’accoglienza empatica senza riserve è l’unico modo per riconsegnare tutto quanto al mondo, laddove la bontà deve stare. Se penso in questi termini, il mio lavoro ha un senso. E io ho bisogno dei sensi.

Le storie della Fête de la Nature a Moerwijk sono state raccolte in un libro, Vier de Natuur in Moerwijk: een festival door de wijk voor de wijk / La Fête de la Nature a Moerwijk: un festival dal quartiere per il quartiere, perché a una cosa è davvero importante dar peso: Vier de Natuur – Den Haag arriva dal basso, dall’energia e dall’entusiasmo stesso della gente di Moerwijk, una popolazione che si riconosce parte integrante di un ecosistema più grande e familiarizza con questa scoperta a modo suo, nel proprio quartiere, a partire dal proprio quartiere.

Il libro sarà lanciato mercoledì 8 ottobre, alle ore 20, a Eetbaar Park [qui l’evento]. Ci saranno tutti. Devo dire che sono parecchio emozionata? Molto più di quando ho fotografato in uno dei giardini a Moerwijk la principessa Irene Emma Elisabeth d’Olanda, madrina della Fête de la Nature.

(c) dorotea pace photography

The Netherlands, Den Haag, Moerwijk, 24 May 2014.
Princess Irene Emma Elisabeth of the Netherlands, who has strongly promoted Fête de la Nature in the Netherlands, visiting one of our garden, at the end Carnival Parade.
Mood: entusiasta
Listening to: Lynn Johnson on the heroic nature of humanity (nationalgeographic.com)
Watching: Nick Veasey’s Cyanotypes of x-rays
Eating: mozzarella, pomodoro e basilico
Drinking: caffè




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The Netherlands, Den Haag, Moerwijk, 12 September 2014.
Stefanie and Timon who doesn’t know how to fly.

Dietro la macchina fotografica

settembre 11, 2014

Mood: malfermo
Reading: William Shakespeare, Sogno di una notte di mezza estate
Listening to: Alt-J (∆) – Taro (Live on KEXP)
Watching: Boyhood di Richard Linklater
Eating: gelato
Drinking: acqua



In certi momenti ricordo con estrema precisione perché, quando ho iniziato, mi sono innamorata del mio lavoro e perché continuo a darmi da fare e a essergli dedita. Sono attratta dagli esseri umani e dai barlumi di storia nei loro occhi, soprattutto mi affascinano quelli che, sostenuti dalla più dolce delle dignità, si impegnano a migliorare la propria esistenza e a trovare nel mondo un posto felice per se stessi. Senza di loro i miei racconti sono sterili. Questo perché, al di là di chi vedrà il mio lavoro e ne percepirà, spero, una qualche emozione, io credo che stare dietro la macchina fotografica serva a fare di me una persona più bella.

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Qualche mese fa, ho accettato un incarico fotografico che mi ha portata e continua a portarmi nei giardini urbani più umani di Den Haag. È un pullare indescrivibile di energie, ma ci sarà modo di approfondire. Sevda (a destra della foto, in rosso) vive a Moerwijk, un quartierie multiculturale di Den Haag la cui situazione è tutt’oggi socialmente poco agiata, in un appartamento uguale a tanti altri in un complesso uguale a tanti altri della zona che si affaccia come tutti gli altri su un giardino dove, di tanto in tanto, Sevda organizza, con il supporto di una sua vicina di casa, dei piccoli eventi comunitari per le famiglie del quartiere. E quando questo succede, anche se il cielo è grigio, Moerwijk sembra tutto un gran colore di teli, scialli e giocattoli. Sevda e io parliamo poco, in un limbo a metà tra il mio cattivo olandese e il suo cattivo inglese. Ma questo fa sì che la comunicazione sia essenziale, fatta com’è più di gesti e espressioni che parole. Ritrovo tanta bontà nei suoi occhi. E tanta vitalità nelle piccole facce dei marmocchi che per un’ora, fin dal primo passo che ho mosso nel loro giardino, hanno continuato a sciamarmi attorno. Mi insegni a fare le foto, strana italiana anglofona? continuavano a domandarmi e nel frattempo qualcun altro si arrampicava sul cavalletto poco più in là. Ecco, questo pomeriggio è stato proprio uno di quei momenti in cui ricordo con estrema precisione perché, quando ho iniziato, mi sono innamorata del mio lavoro e perché continuo a darmi da fare e a essergli dedita.

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“Strana italiana anglofona” con il gruppo dei bambini del giardino. La foto dovrebbe essere stata scattata dalla ragazzina con la felpa viola.
Mood: instabile
Reading: Baudelaire, Ossessione in I fiori del male
Listening to: alt-J – Hunger Of The Pine
Watching: Tomasz Tomaszewski’s gallery
Eating: mele e cannella
Drinking: tisana alla liquirizia




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The Netherlands, Rijswijk, Rijswijkse Bos – Den Haag, Spui Straat – Scheveningen.
Mood: in pena, causa grave malessere psicosomatico
Listening to: Gotye – Bronte (And your voice still / Echoes in the hallway of this house / But now / It’s the end)
Watching: La principessa e il ranocchio di Walt Disney Studios
Eating: aria
Drinking: caffè






















[Sassenheim – Den Haag]

Ho rincorso
per giorni

(traiettorie opposte)

senza troppo spostarmi.



***

A parte questo, come si può notare, adesso faccio sfoggio di un nuovo logo molto profèscional. L’ha studiato per me Yannamia ‘ché lei è una gra(n)-fica io proprio no, tant’è che mi sono fatta indirizzare anche sul modo migliore di piazzarlo nelle fotografie, siamo alla frutta.
A me il mio nuovo logo molto profèscional piace parecchio, mi sembra appropriato a me medesima, richiama l’infinito le ho detto e lei mi ha detto che mica le faccio a caso le cose io!

Mood: nervosetto
Reading: Nick Hornby, Non buttiamoci giù
Listening to: Liftiba – Il mio corpo che cambia
Watching: The artist di Michel Hazanavicius
Playing: sul pavimento della mia nuova piccola casetta su terra olandese
Eating: assai, succede sempre così quando si torna in famiglia per le vacanze
Drinking: succo al mirtillo frizzante



La rivelazione è che Titanic in lingua originale si ricapitola senza infamia e senza gloria con un loop di

‹‹Come on››

‹‹Truste me››

‹‹I promised››

per finire con un sacrosanto

‹‹Come back››

(senza dimenticare la declinazione in tutte le salse e in tutte le minestre del verbo ‹‹sink›› che mi sembra pure il minimo trattandosi del Titanic)

e mica perché non capisco l’americano stretto con lo straccio in bocca, io, gente sfiduciata, va bene, anche un po’ per quello, ma solo un po’!

Detto questo, cosa io ci facessi in un cinema a Den Haag di sabato sera a vedere Titanic in 3D per il centenario dell’incresciosa questione, bisogna parlarne con mia sorella la quale ha dichiarato con profondo coinvolgimento personale la necessità tanto sentimentale, quanto ormonale di dare una ripassata agli anni novanta che lei e io Titanic quando è uscito, avevamo lei cinque anni io otto e la videocassetta di mia zia l’abbiamo consumata a forza di guardarlo e piangere che in confronto le cascate del Niagara erano fontanelle di paese tanto più perché Leo di Caprio faccia acqua e sapone e caschetto biondo aveva scoccato le sue frecce dorate anche nel nostro cuore, una storia d’amore tremendamente pop nel popolo femminile anni novanta, così tremendamente pop che io la tenevo nascosta sotto i piedi, così come il poster dietro la porta in camera, e durante il giorno ci sputavo sopra e facevo sfoggio delle migliori espressioni di cinismo a disposizione, figurati se mi innamoro di uno del quale si innamorano tutte IO che nella vita i sintomi di disagio non ho tardato a farne sfoggio e già sto cascando in una disamina sui miei tentativi precoci di essere aria e amare ed essere amata sopra il pian terreno, ma vaffanculo non è serata non è momento che poi Titanic se fai i conti è otto ore mano nella mano di cui la metà almeno è uno scappa e fuggi su e giù e avanti e dietro lungo la nave, una scopata, un paio di pomiciate e qualche bacetto qua e là per il dramma meglio riuscito del decennio passato, un amore pop che al confronto i miei amori sopra il pian terreno non si discostano chissà poi quanto e lo ammetto, sono cascata di chiappe dentro un cortrocircuito, non so se mi spiego, neanche Titanic mi riesce di andare a guardare senza farmi traumatizzare e soffrire di rimescolio emotivo un paio di gradini più su della semplicissima versione dei fatti quella nuda e cruda senza sovrastrutture narrative e cioè che Titanic in 3D – ribadisco, in 3D e con questo dovrei già aver ampiamente espresso la mia visione dei fatti, Cameron volpacchiotto – per il centenario dell’incresciosa questione in un cinema a Den Haag di sabato sera con il pacco medium dei pop corn che solo l’odore viene da rimettere e la signora nella poltrona a fianco che invita al silenzio a ogni bisbiglio, insomma, è una faccenda tanto, ma tanto assai trash ed esilarante da meritare di essere vissuta, voto dieci più alle lacrime di mia sorella che non si sono fatte mancare neanche alla trecentomilionesima volta.



‹‹Come back››

Mood: stravolto e galleggiante
Listening to: Ken Ikeda – Pictures
Reading: Aldo Nove, La vita oscena [si consiglia vivamente, sono brividi secchi]
Watching: me medesima che sembro un personaggio di Tim Burton
Playing: a spaccare il ghiaccio nel freezer
Eating: risotto col radicchio
Drinking: caffè

























[Rijswijk. Delft. Kijkduin. Den Haag. Utrecht. Amsterdam.]

Manca una cosa soltanto.




[Sorella. Padre. Madre.]

E questo è quanto.


Giorni. In numero, venti.

Bari-Milano-Den Haag

ottobre 7, 2010

Mood: metereopatico
Reading: siti informativi vari
Listening to: il ronzio delle stampanti in aula computer
Playing: con Pauline
Drinking: cappuccino



Da una settimana

mia mamma ha il cuore diviso ormai in tre, è una questione logistica, così dice lei.
Io vivo a Milano.
Lei e mia sorella vivono a Bari.
Mio papà vive vicino Den Haag, Olanda, ci sono suo fratello, cognata e nipoti lì, i miei zii e i miei cugini insomma. Non è uno sfizio quello del mio papà, né la crisi da mezza età, piuttosto una corsia obbligata, chiamasi lavoro.
Mio papà ha cinquantun’anni suonati e alla sua età, ci vuole coraggio e tanto Amore per rimettere in gioco tutta una vita. Se hai sempre vissuto nel posto in cui sei nato, le radici sono ben annodate alla terra. Lì ci sono la famiglia, la casa, un par d’amici, le abitudini. Alla sua età si dovrebbe essere un passo in qua dal godersi la vecchiezza, quella del Cicerone. Ma in quel lì non c’è più un lavoro e senza un lavoro non si campa, neanche il pane sulla tavola si può mettere. Nel Bel Paese ormai si campa di disoccupazione, che gioco di parole del cazzo. E i Belpaesini sono storicamente emigranti, buon sangue non mente, sangue un corno, si tratta di contingenze. Ma raccontiamoci quel che vogliamo e crediamoci pure, ché ci fa tanto bene, davvero tanto.
Intanto per noi resta la difficoltà di tener sotto controllo il meteo in luoghi così distanti, differenti tra loro. Ciascuno ha il suo cuore diviso in tre.
Bari-Milano-Den Haag.

A Natale

per il mio ritorno alla famiglia, non ci sarà la Puglia, ma l’Olanda.
E quando anche mia mamma chiuderà la sua valigia con lo spago, forse anche mia sorella, qualsiasi altro mio rientro non significherà più il mare, in Puglia, ma i fiumi, a Dordrecht, e più in là l’Oceano. A Dordrecht c’è quella che sarà la nostra nuova casa ed il wine bar di prossima apertura di mio zio, l’unico della zona. Il mio papà ha detto che è un paese di piccole dimensioni, ma molto caratteristico, in cui il tempo sembra essersi fermato. Ha detto che tante strade sono chiuse al traffico automobilistico, per lui questo è importante, piace correre al mio papà.
Ho fatto una ricerca. Ho letto che Dordrecht con il suo retroterra è l’Olanda in formato tascabile, l’ombelico della Nazione e lo snodo per tutto il resto d’Europa. Dordrecht si trova su di un’isola, all’incrocio tra la Mosa Vecchia, la Mercede inferiore, la Nuova Merwede, l’Hollands Diep e il Dordtsche Kil, mentre il Wantij attraversa le terre nord e l’Oceano rumoreggia ad Ovest. “L’incrocio fluviale più trafficato d’Europa”. I turisti, tanti, ci arrivano con i battelli, così mi ha raccontato il mio papà. Ne va e ne viene di gente a Dordrecht. Se ne porta dietro di storie. E basta seguire i fiumi, per incontrare le vie del nord, del sud, dell’est e dell’ovest. Penso sia bello.
Comprerò una bicicletta. E avrò la mia famiglia tutta quanta insieme.



Cinque anni fa

cercai accoglienza in Olanda per un mese e poco più. Partii con una valigia scombinata, volevo provare a trovarvi un ordine, lontano da tutto ciò che era quotidianità, rabbia, amaro, amore. Leggevo Resterò in piedi e non avrò paura, all’epoca, e cercavo di tradurlo in un imperativo di vita.
Tornando, non avevo ottenuto una valigia ordinata, ma sapevo che l’Olanda, per una serie di ragioni, non sarebbe stato il Paese in cui avrei scelto di vivere la vita.
Continuo a crederlo.
Vorrei poter continuare a scegliere.
Anche se solo di cambiare quel che credo.
Non voglio una corsia obbligata nella mia vita. Credo nessuno la voglia.

Da mesi, a giorni alterni

il mio papà mi raccomanda di star tranquilla, si sistema tutto, mi vuole bene.
Me lo ricorda anche la mia mamma.
Dura, tutt’un pezzo, m’impongo di esserlo. Fuori, per me e per gli altri. Dentro, è tutta un’altra storia. Loro lo sanno. Perciò mi tranquillizzano di continuo.
E io di loro mi fido. Ciecamente.

Perciò cambio prospettiva, mi educo alla tranquillità.
A Natale, andiamo a conoscere l’inverno e il desiderio del calore in un brodo bollente o una cioccolata calda, dopo aver visto la neve cadere, pattinando sul ghiaccio. Vorrei regalarci un cappottino rosso per l’occasione, con il cappuccio largo, mi sembra fiabesca l’immagine.
Torniamo ad Amsterdam, è bellissima Amsterdam, non ci sono solo puttane e coffee shops, c’è arte, movimento, colore ed il museo del sesso con una fila chilometrica di maschi per i cessi, divertente da matti.
Andiamo a Berlino a vedere la ferita che spacca la terra e l’aria, è vicina Berlino, a un tiro di schioppo, dicono lasci il segno, come tutto quel ch’è segnato.
Soprattutto torniamo a sognare. Lo meritiamo anche noi.

Vi amo.