Mood: divertito
Reading: Alan Moore & David Lloyd, V per vendetta
Listening to: Negrita, Dannato vivere
Eating: cioccolato fondente
Drinking: tisana alle erbette



AVETE MAI VISTO I PUFFI E PIPPO BAZZICARE DI SERA PER LE COLONNE? alcuni si!

alcuni vogliono chiamarlo flash mob, altri lo chiamano ritrovo di babbi, altri movimento artistico, altri ancora semplicemente “figata”, tendenza culturale, espressione giovanile dell’underground milanese, festa in maschera, gigante appuntamento al buio, la ricerca di puffetta, ecc ecc…

Fatto sta che venerdì 28 ottobre l’accesso alla piazza del colonnato è riservato e caldamente a disposizione di chiunque volesse passare una serata in compagnia di altre persone che hanno deciso di prendere a pugni la banalità e uscire di casa travestiti da un personaggio diverso a libera scelta!

esempi utili:
pippo
puffi
uomo tigre
gladiatore
lavandino
spongebob
charizard
lady oscar
cappellaio matto
bart simpson
pochaontas
ciccio.

ma poi, scatenate la vostra fantasia, vale tutto!


Questa la réclame per l’evento Travestiti (in costume) in Colonne, pubblicizzato su feisbùc qualche tempo fa.
Ebbene dunque. Facendo d’ingegno virtù, Yanna, Lou, l’amico Claudio ed io, ci siamo dati da fare per una vestizione low budget, impiegando abiti di possesso più un mestolo per uno Specchio delle brame, un sacco della spazzatura per un mantello ed un mascherino, tre asciugamani per un’impalcatura da culo del Settecento, un rotolo di stagnola per ogni varia ed eventuale e spille da balia a volontà.


Non che Mercoledì, la Strega di Biancaneve, Zorro e la Sorellastra di Cenerentola c’entrassero molto l’uno con l’altro, ma come per l’ingegno, eravamo certi che avremmo fatto della nostra discrepanza virtù, un cocktail di personalità e facoltà come le nostre si sarebbe per certo risolto in una squadra di supereroi. Tant’è vero che, nel corso della serata, abbiamo, in ordine cronologico, (oltre che allegramente cazzeggiato con altri ignoti travestiti, sott’inteso) assistito un diciannovenne sconosciuto sulla strada del coma etilico fino all’arrivo dell’ambulanza, interrotto un qualcosa di simile ad una rapina da parte di due pusher alla loro amichetta strafatta – per inciso, Milano dopo mezzanotte è il male di vivere – e persino sollevato una bicicletta accasciata contro un lampione. Al che eravamo tanto calati nella parte che, ad un semaforo, Zorro ha ritenuto doveroso girarsi verso due ragazze ferme dietro di noi per chiedere tutto serio ‹‹C’è bisogno d’aiuto?››.

La faccenda principale però è un’altra. Prendiamo Milano, l’exploit del corri, corri generale, dei musi lunghi, dell’indifferenza e delle regole imposte a priori, ma se preferiamo, Roma e Bari o un’altra città qualsiasi del mondo. Liberiamo dalle gabbie un manipolo di ragazzi travestiti e riversiamoli con naturalezza in metro, per le strade, nei locali, un po’ dovunque. Poniamo anche come assunto fondamentale che non sia il giorno di Carnevale, ma neanche quello di Allovuìn, ché ormai l’abbiamo ampiamente adottato.
All’improvviso il corri, corri generale, i musi lunghi, l’indifferenza e le regole imposte a priori subiscono una pausa, la reazione è istintiva e non potrebbe essere diversamente, un qualche tipo di follia si è infiltrato nel tessuto della normalità condivisa. C’è chi trattiene le risate e passa oltre, chi sorride, chi se ne frega e ride, chi suona i clacson e gesticola, chi saluta e chi acclama, chi si preoccupa di ricordare che è presto per Carnevale ed anche per Allovuìn, chi fa domande ed attacca a chiacchierare, ‹‹E tu chi sei?››, ‹‹Io, Genoveffa!››, ‹‹Ma dov’è la festa?››, ‹‹Quale festa? Non ce n’è!››, ‹‹E allora perché sei vestita in questo modo?››, ‹‹Perché stasera m’andava così!››, insomma, cosa cambia rispetto alla maschera che indosso a calzamaglia per sfilare nelle vie di tutti i giorni? Cosa rispetto a quella che indossi tu, ora e qui? La forma, non certo il concetto! Sant’iddio, babe, sembri sconvolto! Hai forse dimenticato che gli uomini tutti santificano Carnevale ed Allovuìn ogni giorno, ogni ora, ogni minuto, ogni secondo? Per chiarimenti, battere un colpo alla Pirandello & Co s.r.l. Mi piacerebbe, lo ammetto, ma non sono stata io a raccontare per prima questa storia.

Così pensavo ieri sera. E dentro di me sorridevo a iosa. Per quanto mi riguarda, a sorprendermi è solo la facilità con cui si può crepare il corso naturale del reale per come lo abbiamo conciato ed indossato.

Mood: vagamente in ansia, causa esami in avvicinamento e voglia di lavorarci su pari a zero
Listening to: Soap & Skin – Thanatos
Watching: vecchie fotografie per cavare fuori dal buco il mio progetto di fotografia
Playing: a tenere a bada il cuore che si ostina a capriolare in modo imprevisto e contraddittorio
Eating: spaghetti “alla poverella”
Drinking: caffè



***Plin-Plon. Si informa il buon, caro lettore che quanto segue è la prima uscita di un resoconto a puntate sulle due settimane di lavoro al trailer di Mozziconi, che la parte più sostanziosa delle riprese si è conclusa il DodiciAgosto e che ora restano da fare un nugoletto sparuto di riprese, il montaggio video, il montaggio audio, la color correction etcetera etcetera e che a breve il sito di Mozziconi dovrebbe essere aggiornato con qualche immagine di backstage e tante altre parole e cosettecosà. Si ringrazia per la cortese attenzione e, laddove subentri, per il tifo rumoroso. Plin-Plon.***


Settimana prima, DueAgosto – SetteAgosto

‹‹Hai scritto ai costumisti, hai sentito gli attori, chiesto conferma, inviato il piano di produzione?, e tu hai sentito il tipo della Movie People?, il ballast, i filtri uv, nd, polarizzatori! li abbiamo, sì o no?, le scarpe gialle della bambina, mancano ancora le scarpe gialle!, gliele dipingiamo addosso!, mercato, grande magazzino, mercato, ho fame, cazzo!, hai chiamato per il bikini mimetico gigante?, e gli acrobati, lo sputafuoco, la camicie crema?, il furgoncino, il fuoristrada verde acido, l’elevatore?, scrivi “ricordare il telecomando del monitor e l’alimentatore dell’hard disk”, quando giriamo la scena tal dei tali? e quell’altra?, voglio andare a mare!, il tamburellista anziano non si trova, allora facciamo un giro di chiamate per il vecchio del pony!, lo sputafuoco ha paccato, avete sentito “la carina”? e “la gnocca”?, bisogna ancora costruire lo scheletro per la rete, trovare i cavi e risolvere la faccenda del monitor, recuperare le ciabatte, le prolunghe, ne servono mille mila metri, relax, pezzo a pezzo li troviamo!, devo fumare, girami una sigaretta!, hai sentito la truccatrice?, a che ora la incontriamo?, il pianoforte, le prove in location per la luce ed i punti macchina, alla 4 abbiamo appuntamento con Tizio, alle 4.30 con Caio e alle 5 con Sempronio, c’è un cambio di programma, no, ce ne sono due! e bla blablabla blablabla, dai, ragazzi, dai, che chi si ferma è perduto!››
Niente di straordinario. L’ultima settimana prima del “via alle riprese” è sempre una bolgia di cose da portare a termine che balzano su come funghi turgidi di minuto in minuto, se depenni due righe dalla lista delle cose da fare, sai che ne scriverai almeno il doppio. Sicché noi di Mozziconi, per una settimana intera, falchiamo come corridori di staffetta e nonostante questo siamo sempre sul limes temporis e alla sera siamo stanchi anche solo per uscire a bere una birra fuori, unica eccezione una fuitina serale al mare per un bagno al chiaro di luna. Così al quarto giorno di generale corri-corri organizzativo, con sempre meno ore di sonno al seguito, mi strappo con grande forza di persuasione al sonno prepotente e, mentre mi annaffio col caffè, penso che avrei potuto scegliere di fare l’impiegata o, meglio ancora, mollare tutto, farmi crescere i baffi e fuggire in Brasile, poi lancio un’occhiata alla crew in cui sono capitata e capisco perché invece mi ritrovo in una Fiat Multipla che ingrana la strada e la brucia un chilometro dietro l’altro a velocità così sostenuta e riottosa che il paesaggio si disintegra in squame brillanti di sole, mentre i System Of A Down si incazzano da dietro gli altoparlanti e noi schiamazziamo più di loro, ognuno ha qualcosa da dire o da chiedere o da ricordare agli altri, ma soprattutto un motivo per cui far ridere e ridere sguaiatamente.
Dopotutto le premesse più immediate sono Gianvito, il regista di Mozziconi – altrimenti detto “Il Registro” – lungo, secco e capellone con la testa fasciata da un berretto a visiera giallo con una scritta “Caution” nera a caratteri cubitali, Alberto, il direttore della fotografia di Mozziconi – altrimenti detto “Piccola Tigre” per la sua devozione nella preparazione del caffè quotidiano in dosi industriali – simile al compare, ma con il cilindro rosso di scena sempre in testa, Snerto, il fotografo di scena di Mozziconi – altrimenti detto “Smerdo” o “Slercio” o “Piaga” –, con una camicia coloratissima di personaggi circensi in competizione con i suoi tatuaggi, presa in prestito dal guardaroba di un attore, una fascia gialla tra i capelli ed il barbone che ormai si confondono ed il pantaloncino nonostante tutto in tinta scoordinata, Laura, aiuto-regia di Mozziconi, con una papalina di paglia mal tagliata in testa, il computer sempre in borsa e due cellulari almeno nelle tasche per affrontare qualsiasi evenienza organizzativa. Non ci vuole molto a capire perché all’ingresso di un kebabbaro la gente scoppi a riderci direttamente sul muso e ci chieda se siamo appena usciti da uno spettacolo, osservazione questa che ha l’effetto di renderci oltremodo fieri di noi stessi. Non mi meraviglierebbe se studi scientifici dimostrassero che l’intesa cresciuta di giorno, in giorno nella crew di Mozziconi sia dipesa tanto dalla voglia condivisa di riuscire bene in questo progetto e dal crederci, quanto da un mix di demenze sconclusionate e disperse tra le nuvole, paradossalmente auto-organizzatesi in una qualche fantastica forma non ben precisata di intelligenza che risponde al nome glorioso di “Super amici del Fantabosco”.

Ma al di là di noi “Super amici del Fantabosco” e delle altre figure professionalmente coinvolte in questo progetto, c’è un altro aspetto di Mozziconi che mi carica a molla e mi fa sorridere, fin dal primo contatto, ed è il numero di persone esterne che gli orbita attorno ed assiste ed aiuta e che giorno per giorno fisicamente corre al nostro fianco. In prima fila ci sono Annalaura, arrivata prima ancora di noi altri della crew a mettere a ferro e fuoco la lista delle cose da fare assieme al Registro e al direttore della fotografia, Nicolò, fratello del Registro, uomo forza di Mozziconi – altrimenti detto “World Champion”, non farà il puGGile mica per niente! –, Carlo, papà del Registro, vera e propria divinità amata e stimata dalla Crew intera di Mozziconi, nonché ridicolamente temuta per i suoi ganci leggendari in tutta Fasano – altrimenti detto “Ciccì Carlo Cofano” – e Lucrezia, mamma del Registro e per l’occasione della Crew intera di Mozziconi, li abbraccio con lo sguardo i primi giorni poi prendo coraggio e li abbraccio fisicamente perché loro lavorano con noi e lo fanno con un entusiasmo e una voglia di essere presenti e vicini che mi riempie di stima e di affetto.
È anche l’intera Fasano a mobilitarsi, c’è da fare un film!, chi può dà una mano, amici e conoscenti ed amici di amici, nel corso della prima settimana di preparazione al set e della seconda di riprese, mi passa sotto le mani una valanga inarrestabile di nomi e di volti e di storie ed è in questa valanga la sfida e l’autenticità di Mozziconi perché non è facile fare un film o anche solo un trailer se non sei ad Hollivùd. Come ha scritto Gianvito ‹‹Per girare un film sembra che ci vogliano un sacco di soldi. Io ed Alberto non li abbiamo››, ma lui ed Alberto hanno attorno un sacco di gente che vuole loro bene e che crede in Mozziconi, il che ha il suo valore stronzissimo.
Ed hanno se stessi, se medesimi, neanche questo è un dato ininfluente. In fin dei conti, più entro nel meccanismo Mozziconi-Gianvito ed Alberto, più ne resto affascinata ed ipnotizzata e mi convince l’idea che loro due tutto questo tan-tan lo meritano perché sanno come portarlo a buon fine, lavorando con serietà e leggerezza allo stesso tempo.

Così, nonostante lo scapicollo quotidiano, paradossalmente forse anche in ragione di questo scapicollo quotidiano, noi ci divertiamo come porcelli in un porcile, e mentre il tempo si dilata e si restringe come una placenta, le spinte si rafforzano costantemente e non esistono ostacoli insuperabili nella nostra cavalcata al ciak primogenito.


[to be continued…]



A proposito di Gianvito Cofano ed Alberto Mocellin, ne approfitto per pubblicare qui sotto un paio di lavori con la loro filma in calce, ché ancora non l’avevo fatto e questa non è cosa né buona, né giusta. Il primo è un booktrailer, il secondo un videoclip. Cin-cin!





Venerdì Diciassette

settembre 18, 2010

Mood: teso
Reading: volantino delle offerte del Simply
Watching and Listening to: Perturbazione – Agosto
Eating: macine
Drinking: caffè-latte




Venerdì diciassette.
Per il folklore popolare, una sfiga che a trovarne una uguale non ci si riesce neanche pagandola a peso d’oro.
Per me, la liberazione.


La sessione d’esami autunnale si è chiusa. Posso farla finita con l’ansia dello studio, quando proprio non voglio, non ci riesco, dannato cervello pensante, ma devo. Ora posso anche svegliarmi con la malinconia che mi pende sulla testa, come avrà fatto Damocle a sopravvivere alla tensione della spada, ora si stacca, ora mi attraversa la testa?, ma scendere in strada, ed andare per il mondo a cercare un sorriso, invece di costringermi ad oltranza su una sedia per poi non combinare comunque nulla.
Nonostante tutte le difficoltà, ne sono uscita a testa alta, lode al blabblio* e alla forma mentis**, alla testardaggine e all’orgoglio, laddove ne è rimasto, alla passione e alla volontà di riuscire, ri-uscire.
Porto a casa anche una dose di dolcezza stupita perché a fronteggiare l’ansia e lo scoraggiamento del momento, la stanchezza e l’assenza di entusiasmo, ho incontrato la stima altrui.

“Noi siamo molto contenti di te.”

Ringrazio a testa bassa. Sorrido imbarazzata. Insegnate a me ad esserlo di me.
Se c’è una cosa che proprio non va bene in me, questa è la scarsa fiducia che ripongo in me stessa. Nel lavoro quanto nella vita privata. Superba e priva di autostima. Mi definisco all’interno di questi due poli. Paradossale. Come sempre. Non so che farci.


Ora si prospettano due o tre settimane libere. Le occhieggiavo con entusiasmo da un po’ e mi ci sono tuffata a braccia spalancate fin da ieri pomeriggio.
Ho una lista in fieri dei buoni progetti, cose frivole perché sono stufa di rinnegarle per fini intellettuali che non è scritto da nessuna parte che “frivolezza” è sinonimo di “deficienza”, potrebbe esserlo anche di “semplicità”, all’occasione, e cose più spesse e profonde. Comunque cose lasciate indietro da tempo e che mi reclamano con urgenza.
Ho bisogno di tempo da dedicarmi. Negli ultimi anni, la vita ha fatto un giro un po’ strano, vuoi l’amore, vuoi gli studi, vuoi il lavoro, vuoi la famiglia, vuoi le seghe mentali, e io mi sono dimenticata, abbandonata a qualche curva di questo fluire travolgente. Non sono passata a prendermi. Ora lo farò, mi tenderò una mano e la prenderò.
Aiutati, che Dio t’aiuta”, dice nonna. C’è saggezza nel folklore popolare, venerdì diciassette e gatti neri a parte. O perchè no?, venerdì diciassette e gatti neri inclusi.

Comprare l’aspirapolvere ***
Liberare aggressivamente casa dalla polvere
Andare ad Ikea
Arredare casa e colorare
Pastrocchiare in cucina
Invitare gente a cena o festini
Barboneggiare in Colonne, una birra in mano, le chiacchiere con gli amici e i tamburi di sottofondo con la testa a ritmo
Scoprire la fiera di Senigallia
Buttarmi in una pista da ballo
Saltare sotto il palco di un concerto
Shoppingare
Conoscere Milano
Non perdermi la mostra di Dalì e qualsiasi altro evento interessante
Tornare a teatro
Andare a cinema ****
Curiosare almeno un giorno al Milano FilmFestival
Andare al Museo del Cinema di Torino
Curiosare nel Libraccio nuovapertura *****
Sfoltire la pila dei libri “da leggere”, leggendoli
Ricominciare a scrivere
Realizzare uno stop motion
Studiare fotografia
Comprare la macchina fotografica nuova
Fotografare, fotografare, fotografare
Vagabondare senza sosta
Salire un un treno, perché no?, anche due o tre


Ritrovarmi. Questo è un imperativo.



* dicasi blablio la capacità di intortare per mezzo della dialettica colta e bombardante il proprio ascoltatore così che quest’ultimo abbia l’impressione di essere al cospetto di una persona che ne sa più del diavolo e che ne sia anche molto convinto
** dicasi forma mentis la forma della mente, per l’appunto, ramificata definirei la mia, tanto troppo che mi ci perdo a volte, ma, come dice De Carlo, siamo noi che manchiamo d’orientamento, mentre le strade da sé sanno dove vanno e per quanto si attorciglino, s’incastrino, si spezzino, si inabissino o s’innalzino, non mancano di un punto di convergenza, di risoluzione.
*** Ieri sera, a Mediaworld, Yanna ed io abbiamo conosciuto Robberta (per Yanna, “Robbi”, per me “Berta”, a tutti gli altri libera scelta, le possibilità non mancano), scopa elettrica arancione, senza sacchetto. S’è creato subito feeling e ce la siamo portata a casa. A breve vado a battezzarla.
**** Ieri sera ho visto Mangia, Prega, Ama.

La gente in sala è uscita perplessa. Io l’ho vissuto in prima persona con l’anima. Si sa, il livello dell’emotività è una questione tutta personale.
***** Sugli scaffali ho incrociato il mio prossimo acquisto, Trattato di funambolismo di Philippe Petit, funambolista francese. Nel 1974, ha camminato su un filo teso tra le Twin Towers, lui, le ha attraversate.




“Uomo dell’aria, tu colora col sangue le ore sontuose del tuo passaggio fra noi. I limiti esistono soltanto nell’anima di chi è a corto di sogni.”