Mood: sovraccarico
Reading: Daniel Clowes, Justin M. Damiano in The book of other people
Listening to: respiri dormienti
Eating: formaggio di capra e pomodoro
Drinking: tisana di camomilla e valeriana



Tra gli elementi umani che proprio mi sconcertano [per non scrivere “mal tollero”], più ancora di quelli-della-sottocultura ci sono quelli che fanno erudizione con la sottocultura, per esempio quel provincialotto milanese – giacca, cravatta, zainetto – in vacanza olandese tutto fiero del figliolo ingegnere Erasmus a Delft che, domandandomi questa sera «E tu, invece, da dove vieni precisamente?» e sentendosi rispondere «Sono nata a Bari, ho passato gli ultimi tre anni ufficialmente a Milano e adesso vivo qui in Olanda», ha osservato «Certo che da Bari a qui…».
Al che, Just to be sure, gli ho domandato «Cosa intende, mi scusi?»
«Beh, questioni di cultura… Non deve essere facile adattarsi qui per uno di Bari.»
Mi è cascato nella testa un secondo di silenzio.

Non è possibile. Che un tale elemento prodotto dalla sottocultura venga a parlarmi di cultura è quantomeno un ossimoro. «In onestà, signore, non accuso alcuna controindicazione.»
«Beh, magari il passaggio intermedio da Milano…»
Mi è salito alla testa un litro di sangue, a me? sta parlando proprio a me? «Mi permetta, signore. Sono nata a Bari. Ma sono certa di poter affermare di aver visto, Milano a parte, più mondo io negli ultimi due anni che lei in tutta la sua vita. E, la voglio anche rassicurare, mi sono adattata e integrata con serenità ovunque, così come continuo a fare,» il che fa sì che il mio cervello a differenza del tuo non vada sempre in tondo su se stesso come la circonvalla.«Le auguro una buonissima serata,» zaquar!

E vedete, da tempo ipotizzavo di mettermi a analizzare più a fondo cause e conseguenze di una certa sottocultura da luoghi [geografici] comuni tipo non ci sono più le mezze stagioni e è tutto un mangia mangia, ma stanotte corro il rischio di essere poco polite, sicchè.

Mood: super-infastidito
Reading: news dall’Italia
Listening to: vicende di pazzi raccontate live da Lou a Yanna che reclama storie della buonanotte, ovvero tre donne in un lettone
Playing: a ballare come un’idiota su canzoni tamarre
Watching: Tomboy, di Céline Sciamma
Eating: frittata di spinaci e cioccolata
Drinking: birra e camomilla





“Mr. Berlusconi, 75, is quitting after a parliamentary revolt and a wave of market panic put an end to his 17-year domination of Italian political life, raising global fears of a political crisis in Italy.
Credit: Alessia Pierdomenico/Bloomberg News”
[The New York Times]


Esse Bi ha rassegnato le dimissioni.
Nei miei progetti più storici, avrei segnalato questa data tra quelle capitali, dodicinovembreduemilaundici a fianco, chessò!, di quella del giorno del mio primo ciclo, ecco sì, di tutte le mie prime volte, eventi di passaggio. Avrei sprizzato gioia fin dalle ascelle e me ne sarei andata a correre nuda per strada.
Ebbene, quello che mi fa incazzare è che, invece, non m’è venuto neanche da sorridere. E, ciliegina sulla torta, non ero la sola in questa mesta condizione.
Più che voglia di sognare mi sembra che ci sia voglia di tornare subito a dormire”, twitta Sabina Guzzanti – che di divertente c’è che in questa faccenda, come in molte altre, Twitter funziona più dell’Ansa – e c’ha ragione! Per sognare davvero c’è bisogno di aprire gli occhi. E ad aprire gli occhi ci si rende conto che con Esse Bi non vanno via vent’anni di (fanta)politica italiana, né tanto meno un secolo e mezzo di magagne, ché la politica italiana, diceva la mia prof.s-sa di letteratura italiana al liceo, è nata col peccato originale.
Ora il fu Bel Paese affoga nella merda economica, sociale, culturale, ecchissenefrega dell’eufemismo e chi più ne ha, più ne metta! E non solo è carente di maghi e geni della lampada per disintegrare il lercio in uno schiocco, ma anche della più minima coscienza nazionale e quindi della capacità di lavorare su larga intesa per il bene comune, senza disperdersi in beghe da taverna di basso rango, vecchie storie anche queste.
D’accordo, un po’ ci spero sempre, ma stando così le cose, che c’è da sorridere?

A ben pensarci però, tanto per non fare i disillusi persi, un motivo ci sarebbe. Se non altro, sul prossimo tram in Olanda, non dovrò vergognarmi di essere italiana quando il conducente mi chiederà ‹‹Uer du iu cam from?›› e, rispondendogli io ‹‹Italia››, lui mi dirà ‹‹Oh, Italia, nais president!››, provocando uno scoppio di risate clamoroso fino all’ultimo sedile.

Mood: affaticato
Listening to: il traffico sotto la finestra
Watching: Essere John Malkovich, di Spike Jonze
Playing: a sprofondare sotto montagne di cuscini
Eating: ovetto al tegamino
Drinking: esageratamente caffè



In virtù di un atto solenne e legittimo, ho adottato il termine “substrato”. Sì, adottato. Esiste questa Società Dante Alighieri – io l’ho scoperto sul blog di Claudiappì, appena l’altra sera, facendo blogzapping – che ha promosso una campagna di adozione di parole italiane che stanno andando nel dimenticatoio, minacciando di consegnare la lingua del Bel Paese al lastrico culturale. Ebbene io che marcio al grido di “Le parole sono sacre, le sfumature linguistiche anche, per non parlare dell’etimologia e della sensazione tattile che trasmettono”, io che se utilizzo una parola è perché ho valutato tutti questi aspetti ed ho deciso che non è sostituibile con nessun’altra, ebbene io mi sono sentita chiamata in causa.

Ho scelto “substrato” tra mille mila altri lemmi, dato quest’ultimo massimamente inquietante, e mi sono impegnata ad utilizzarlo tutte le volte che se ne presenti l’occasione, la faccenda è ben certificata.

“Congratulazioni: la tua richiesta di adottare la parola substrato
è stata accettata;
Da oggi sarai il custode della parola fino al 15/10/2012”

In verità c’erano, per esempio, i lemmi “titillare” e “pantagruelico” che mi stavano particolarmente simpatici, ma risultavano già adottati, ed il lemma “fotofobia” che mi stuzzica per un’emblematica quanto paradossale faccenda che mi vuole fotofobica ed apprendista direttrice della fotografia, impegnata a lavorare cioè con la luce, ma alla fine “substrato”, ho pensato, mi calza proprio bene, a misura direi, perfettamente.


Substrato

biologico

biotico
abiotico

emotivo
linguistico
onirico

creare
stratificare
eliminare

d’interferenza

procreativo
marcente

(eccetera)

Oggi Arte

settembre 24, 2010

Mood: “no, sto bene”
Reading: Urban & National Geographic
Listening to: La Belle Bleue, conosciuti ed amati per strada, mesi fa, a Nantes
Watching: il telefono
Playing: ad insegnarmi a stare con me stessa
Eating: forse più tardi
Drinking: tea zenzero e limone e nostalgia



Trovo profondamente acritica e disgustosa la disponibilità contemporanea a dichiarare arte qualsiasi provocazione, anche la più becera e meschina.

E questa, per me, non è una partita che si gioca tra retoguardia ed avanguardia.

Né tra bello è brutto.

E’ una questione d’intenti, contenutistica.

Sono profondamente convinta che l’artista, così come il poeta e lo scrittore, è prima di tutto un individuo che ha qualcosa da dire. E la dice. O meglio, la sa dire. Come quando, tra le pagine di un libro, incontri la frase che descrive un momento, un passaggio di vita o ogni perché. Allora, leggendola e rileggendola, ti coglie la consapevolezza che è proprio così che ti senti, che le parole che ti scorrono sotto gli occhi sono quelle che danno forma al tuo magma emotivo, confuso ed indistinto. E ti sembra tutto semplice al punto tale che ti domandi com’è possibile che alla tua mente non siano proprio sovvenute.
Perché, salendo un gradino più in su, quel che l’artista ha da dire, che sia il frutto di un viaggio nel di dentro o di un’esplorazione del di fuori, racconta l’esperienza umana in ogni sua manifestazione e, che conceda o neghi la catarsi, comunque parla a chiunque abbia voglia di ascoltare.
Questione quest’ultima molto più pragmatica e meno romantica di quanto possa sembrare.
Tutto il resto è forma, mezzo. Ed ognuno ha il suo.

Non mi pongo mai il problema del significato delle mie opere. E’ l’immagine che deve funzionare.” dice un tale, Maurizio Cattelan per inciso.

Cazzo significa?
A ben guardarle, anche le tre gru di fronte alla mia finestra, con il loro richiamo alla forma archetipica della croce e, così disposte, pure all’immaginario della crocefissione di Cristo, sono esteticamente e formalmente funzionanti.
Non saranno mica arte?

Dopotutto l’inconsapevolezza sembra essere il principio primo dell’arte contemporanea.
Da ogni dove, s’innalza la lode all’ignoranza nei confronti della tradizione artistica, in virtù di una libera

Strano, neh? Io credevo che la conoscenza delle regole e fosse un punto di passaggio necessario per poterle sovvertire. Picasso docet.
Ma queste sono pillole di saggezza antiquata!

Ragion per cui, stanotte, invece di andare a nanna dopo un film ed una camomilla calda, sedetevi al computer e rimaneteci a spippolare su un programma, quello che più vi piace, il ventaglio di possibilità è tra i più ampi del momento. Tentate e ritentate un po’ qui un po’ lì. Se vi esce qualcosa di figo, domattina assurgerete al Parnaso e per corsia preferenziale.
Parola d’artisti.
Dei guru, loro.
Io li ho sentiti, con queste mie orecchie.
E con questa mia bocca, mi faccio una risata (amara).