Mappa di uno smarrimento

giugno 10, 2015

Mood: euforico
Reading: Patti Smith, Just kids
Listening to: Pashmak – Let the Water Flow
Watching: il via vai in aereoporto a Maastricht [destinazione: Bari]
Drinking: acqua



Potrà sembrare ai più che io mi stia disperdendo [genio, potenzialità e capacità] praticando da mesi, piuttosto che la mia vocazione al cinematografo, i più svariati e ordinari sbarcalunari, cose come l’impiegata d’ufficio, nonché la cameriera, la lavapiatti, la pastaia, la babysitter e niente poco di meno che le pulizie, io! alla maniera di quelli senza vedute sul futuro e porco mondo!, se uno va fino in Olanda dovrebbe quanto meno inseguire un’ambizione professionale, non ti pare?

Succede senz’altro a taluni di venire alla svelta al dunque della propria affermazione. Io no. Primo sottinteso: l’obbligo a sostenermi, ovverosia a pagare i conti. Che succede se non mangio? Perché l’affitto di un mese costa tre quarti dei miei guadagni? Pago il fisioterapista o il cibo e l’affitto? Ma, querelle pratiche a parte, nel corso di questi due anni ho dedicato un’attenzione particolare alla scoperta delle mie passioni e agli elementi e alle circostanze della mia soddisfazione. Dopotutto il post Milano è l’incarnazione di un’ustione. La dedizione rigida che credevo necessaria a una buona riuscita professionale è diventata un buco gigantesco dove sono caduti l’incanto e l’entusiasmo. E semplicemente, un giorno dopo tanti altri, ogni cosa è diventata triste e insostenibile, il lavoro non retribuito, la raccolta indifferenziata dei progetti, i tempi disperati, la vita che passa e non torna indietro, i sentimenti miei e quelli della gente. ‘Ché, lasciatevelo dire: far film è per gli empatici, è un mestiere che riguarda le emozioni. Allora ho preso le distanze, tanto quanto bastasse a espormi a nuove opportunità e a guardare meglio dentro i nuclei deficitari della mia passione, deve per forza trattarsi di un’aberrazione.

Da due anni a questa parte focalizzo meglio molte delle cose che mi appesantiscono e molte di quelle che mi appagano e di conseguenza compio delle scelte che di volta in volta modificano notevolmente la mia vita. Il che senz’altro non ha portato a un’affermazione incisiva, non ancora e – da un certo punto di vista – tutt’altro: per esempio qualche volta al risveglio avverto chiaramente il mattino morirmi addosso, ricadermi sulla pancia con il suo peso da già giorno esanime e allora mi sento affogare nella paura di diventare vecchia nella routine sbiadita a cui mi sono proporzionata, nonché in quella che noi tutti ci spacciamo come la situazione migliore al momento tra le possibili al mondo: un lavoro umile e rispettoso e un salario nero e onesto a fine mese per qualche tempo. Arriverà il momento di fare altro, ma quando? Ma come? Ma cosa? C’è la crisi, vivo in un Paese dove mi mancano gli stimoli e le opportunità – ‘ché certamente l’Olanda non risplende per attenzione e per professionalità nel settore della cultura visuale – e per stanchezza e frustrazione non so più cosa fare per riuscire a fare le cose che amo, né quali sono le cose che amo, né come fare a essere felice, non c’è speranza. Di tanto in tanto trovo persino la mia vita davvero impossibile. Ecco, nel senso di impasse che ne deriva, certi giorni sembra anche a me di starmi disperdendo e in questo stato di desolazione mi siedo per qualche giorno. Poi torno rinsavita a ballare con tutta me stessa e con ogni cosa che ha senso per me. M’incuriosisce soltanto vedere cosa succederà in futuro. I vettori della mia vita sono in espansione, il teatro mentale della mia ispirazione è affamato e sicuramente arriverà il momento di fare altro. In un certo senso il momento di fare altro arriva tutti i giorni, per esempio

lunedì scorso è uscito in anteprima su rockit.it il videoclip ufficiale di Castles dei Pashmak – پشمک, band indipendente di base a Milano, ma dal tessuto estremamente multiculturale: le storie sulle origini dei Pashmak arrivano, infatti, dall’Iran, dalla Germania, dall’America, dalla Sicilia e dalla Lucania. Castles è il primo singolo tratto da Let the Water Flow, il loro album di esordio prodotto e stampato grazie a una meravigliosa campagna di crowfunding su musicraiser.com che ha raggiunto il suo obiettivo in soli dieci giorni. Dopo un tour promozionale a Berlino e un’anteprima su rockit.it, Let the Water Flow è stato ufficialmente rilasciato su Spotify e su iTunes. Quindi niente scuse: ascoltatelo!
Per quel che riguarda Castles, il videoclip è firmato così: Laura Bianco & Dorotea Pace. Dorotea Pace sono io. Laura Bianco è Lou, la mia compagna di vecchia data. E Castles è il nostro ultimo videoclip, il mio primo dopo due anni di inattività. Ed è prezioso. Se dovessi aggiungere una sola cosa a proposito, sarebbe questa: Castles è uno di quei momenti in cui ci ho visto molto chiaro. Io non mi sto disperdendo, amici.




Official music video for Castles performed by Pashmak
A video by Laura Bianco & Dorotea Pace

with KARUN GRASSO, NEVA MURADOR, MATTEO MUSELLA

direction / editing LAURA BIANCO
cinematography / editing DOROTEA PACE
set design ELENA BECCARO, DENISE CARNINI
costumes CAMILLA CHIERICI
make-up artist CHIARA ADORNO
production assistant MARILU’ PACE
cinematography assistants JOHANNES EBERENZ, ELENA MELLONCELLI

thanks to Fabio Bianco, Nicola Botti, Aurelia Bracciforti, Gaia de Luca, Pino Distefano, Enrico Maisto, Edoardo Mozzanega, Andrea Musella, Giulio Volpe.

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Mood: boccheggiante
Listening to: Tenacious D – Tribute (The Best Song In The World)
Watching: Interstellar di Christopher Nolan
Eating: patate al forno in quantità tale che non basterà una settimana a digerirle
Drinking: acqua e sale



«[…] e poi dovremmo tornare a collaborare, volevo dirti: siamo una squadra

sì o no?»
[Lou e io un giorno sulla linea lunga Milano – Den Haag]

La prima risposta, così di getto, è questa: una breve animazione che partecipa al bando di gara indetto dal Milano Filmmaker Festival per la scelta della nuova sigla ufficiale d’apertura dell’edizione 2014.

Video by Laura Bianco in collaboration with Dorotea Pace.
Original soundtrack by Stefano Ivan Scarascia.
Animation Video for the Contest “Sigla Filmmaker Festival 2014.

In accordo con le più consolidate logiche da social media, il Milano Filmmaker Festival ha pubblicato online tutte le sigle animate che partecipano al concorso e ha affidato al popolo del web la prima fase delle votazioni: perciò, popolo del web, sappiate che con un click qua e un click là, nella casella email, potete dire la vostra. Avete tempo fino al 21 novembre – pochissimi giorni ancora – op op! Dopodichè una giuria di illustri si riunirà per selezionare la sigla vincitrice tra le quattro con il maggior numero di preferenze e la lancerà sul grande schermo in apertura di tutti i programmi di proiezione del Filmmaker Festival 2014, dal 28 novembre all’8 dicembre.

Per quei giorni, Lou e io ci immaginiamo insieme a Milano a rincorrere il programma del Festival, chiacchierando di cinema e misurando di volta in volta che impressione fa il grande schermo se applicato alle dimensioni del nostro lavoro.
Ma, uno o due tocchi di megalomania a parte, Lou e io ci riteniamo già davvero soddisfatte: il video ha avuto fin dalle prime ore un ottimo riscontro di pubblico – 140 voti e 477 visualizzazioni soltanto nelle prime 24 ore! –, è stato supportato e diffuso costantemente con la più completa spontaneità da amici, conoscenti e sconosciuti e nel corso di un mese intero ha mantenuto la prima posizione in classifica senza mai vacillare.
E al di là di quel che fantastichiamo e a cui è giusto dare spazio, Lou e io abbiamo per di più una certezza rinnovata: siamo una squadra, avevamo soltanto bisogno di tempo a distanza per esplorare liberamente la materia delle nostre storie, prima di ritrovarci a condividere le cose belle a venire.

New [bi]cycle

giugno 25, 2014

Mood: elettrizzato
Listening to: tifoserie straniere in un pub internazionale a Nord Europa
Watching: i Mondiali – o più che altro le facce di chi li segue.
Eating: patatine fritte
Drinking: birra



“Start the new cycle, use a bicycle”


Oh, a proposito di viaggi e nuovi inizi,

B*C* è in programmazione al prossimo Bicycle Film Festival, nell’ambito della rassegna Cinematic Shorts fissata per sabato 28 giugno alle 6 pm – fuso orario New York City,
New York City, dico!

Nemmeno io sono ancora mai stata a NY e Lou non ha tutti i torti quando dice che i nostri video viaggiano più di noi.


B*C* è un promo realizzato da Laura Bianco e me medesima, sulla base della proposta progettuale elaborata da Nivi Jasa, Rocco Natale e Michele Nicoletti per Fiftyfive Fights 4 The Future, un progetto 55DSL in collaborazione con NABA. Musica è di Apgar Ten.
Per chi fosse interessato, qui racconto abbondantemente di Fiftyfive Fights 4 The Future.
Mood: euforico
Reading: Jonathan Safran Foer, Ogni cosa è illuminata
Listening to: Edward Sharpe and The Magnetic Zeros – Kisses over Babylon
Eating: melanzane grigliate e certosa
Drinking: caffè



Pare che Indovina che manca a cena? sia stato eletto vincitore del progetto Momenti di Pane (NABA-Mulino Bianco) di cui ho raccontato a lungo su queste pagine e che Lou, Raffa e io venerdì 13 – una data buona per un inizio buono – si parta per Santa Fe, quella in New Mexico, in qualità di ospiti della University of Art and Design in occasione dell’ArtFest12 che è un evento annuale – soprattutto internazionale – indetto dal network delle Laureate International Universities nelle settimane dal 16 luglio al 3 agosto, un vero e proprio pullulare di workshop, corsi di lingua, esibizioni, film festival, concerti, performances, attività di ogni genere, tipo così

Per tutto questo Lou, Raffa, io e il broccolo – ovviamente –
ringraziamo di cuore chi ha votato e votato e ancora votato Indovina che manca a cena?

Pare che si parta dicevo perché è successo tutto nel giro di dieci giorni all’improvviso e nonostante adesso sia entrata in possesso del passaporto che fino a quattro giorni fa non avevo con tanto di fototessera in cui assomiglio a una con precedenti penali e intenzioni terroristiche – proprio ciò che non dovrei sembrare – che per averlo ho fatto un viaggio da milleottocentottantotto chilometri in trentaquattro ore senza contare i chilometri di oratoria sprecati tra commissariati e questura, ma anche del biglietto aereo Milano-Atlanta-Santa Fe e ritorno, del visto per gli USA e dell’assicurazione,

io non ho ancora realizzato nemmeno un po’ che tra quattro giorni vado a otto ore di fuso e sedici ore di volo in un luogo che con buona probabilità non conosce il caffè espresso, ma nasconde il peyote nel deserto tra un coyote e un serpente a sonagli timore di ogni madre che si rispetti, devo assolutamente munirmi di ciglia finte e sombrero tutto il resto arriverà strada facendo consapevolezza inclusa, di qui parto a valige semi-vuote.

Digital does it better

luglio 2, 2012

Mood: sfiancato
Reading: disperatamente dispense per l’esame che ho tra due giorni
Listening to: Milano che fa silenzio quando scende la pioggia
Watching: la faccia di madre in Skype
Eating: una montagna di spaghetti tostati
Drinking: caffè



Nel caso in cui vi siate domandati se Lou e io – dopo averlo tanto minacciato – non fossimo scappate per davvero in Papuasia alla ricerca di una cura portentosa al nostro “videomaking patologico” venuto in superficie con qualche punta di dramma nel corso dei progetti Fiftyfive fights for the future, con questo primo piano del nostro caro Franco Falco – ormai non è più la prima volta che compare nei nostri lavori – in cuffie gialle dentro un Ipad avete la certezza che no, Lou e io non siamo scappate in Papuasia, al contrario perché aivoglia le lagne!, noi nella nostra patologia ci sguazziamo.

Sicché, esami accademici (messi d)a parte, Lou e io abbiamo trascorso maggio e giugno a stacanovare – citando Franco – su Digital does it better, un video nato da un’idea di Stefano Quitarelli e Marco De Rossi e prodotto da Oilproject, Scuola online gratis in video streaming per promuovere l’utilizzo di Internet in Italia nei settori della professionalità. Proposito in merito al quale lascio la parola a Marco sulle pagine di Che Futuro!

Che a partire da ciò si possa aprire un dibattito articolato e particolarmente critico è evidente. Ben venga!
Lou e io, ve lo dico così per dire nel caso a qualcuno interessi sapere del nostro rapporto con Internèt e il Uorl Uaid Ueb in qualità di autrici del video – se qui ci fosse un intervistatore, questa sarebbe la seconda al più tardi la terza domanda che ci rivolgerebbe, ma l’intervistatore non c’è allora faccio da me –, apparteniamo a quella fascia di popolazione che ‹‹Passami il file in Dropbox!›› e ‹‹Per le suggestioni apriamo un Google Doc.›› quando a separarci non ci sono più di venti centimetri, ma che ‹‹Lo smartphone sta benissimo nelle vetrinette di Mediaworld ‘ché se le mail mi devono raggiungere anche mentre sono in libera uscita non mi resta che la morte.››, ecco, sappiatelo.

Dopo di che caccio fuori dalla saccoccia Digital does it Better.
Voi lanciatelo a tutto schermo.


Ci tengo a rendere noto che il termine “stacanovare” richiama l’immaginario adeguato al caso, dal momento che, per una seria di sfortuite coincidenze astrali chissà quali, con la produzione e il set di Digital does it better andava sempre a finire che mancasse qualcosa a poche ore dalle riprese e che sul set non convergesse mai nulla di tutto quello che avrebbe dovuto, sicché toccava rattoppare un po’ ovunque come possibile. E non che fossimo uno squadrone sul set di Digital does it better, piuttosto un gruppetto sparuto di gente – attori inclusi – che oltre a ricoprire i ruoli di competenza si è dovuta inventare un modo per indossare quelli vacanti e lo ha fatto in modo splendido.

[Nicolò Pertoldi, costumista ma soprattutto jolly – Laura Bianco, regista ma soprattutto jolly – Me medesima, direttrice della fotografia ma soprattutto jolly – Arianna Arcelli, truccatrice ma soprattutto jolly – assente Arianna Recchia, grafica ma soprattutto aiuto trasporti OVVERO I panni sporchi si lavano in famiglia]

Credo che set come questi siano certamente poco agevoli – parrucche incluse, ben inteso –, ma, se animati dalle persone giuste, diventano fin dal primo istante densi come pochi altri di elettricità entusiasmo e voglia di riuscire capaci di innescare strepitosi meccanismi di collaborazione che giorno dopo giorno iniziano ad essere oliati da stima e affetto da voglia di vedersi per un caffè e quattro chiacchiere al di là di un singolo momento di lavoro e questa è una delle cose più belle che potesse capitarmi quella che mi fa andare lontano.

Adesso, dato che Arianna Arcelli è anche riuscita a scattare un po’ di foto di backstage tra un momento trucco e un altro di natura più eterogenea,

mi sembra giusto pubblicarne qualcuna che spicca tra le altre per rappresentanza e qualcun’altra in cui Lou e io non siamo impegnate a dare il culo all’obiettivo, situazione tra le più frequenti in questo backstage.










In tema di backstage, mi sento in obbligo di concludere con una chicca. Il primo piano questa volta è di Alessandra Gianotti – vale anche per lei “ormai non è più la prima volta che compare nei nostri lavori” – in preda allo sprint da ‹‹Tuo marito è rimasto in ufficio per lavorare e non può più uscire a cena con te››, tutta improvvisazione nient’altro che improvvisazione.



Ho il sospetto che in virtù del “viver sani e belli” questo monologo potrebbe risultare persino più convincente – rispetto al video intero impacchettato e infiocchettato – per il target di sesso maschile.
Comunque sia, per certo resterà ai posteri.

Mood: annoiato, cresce il bisogno di mare
Reading: in rete
Listening to: Bon Iver – I Can’t Make You Love Me
Watching: il sole fuori da questa casa dove sono costretta su una sedia
Playing: a immaginare il mare
Drinking: caffè
Eating: foglie di insata scondita e yogurt al caffè





che per noi che ci siamo conosciuti in quel modo significa una sequenza infinita di fatti e sogni,

[incluso un seguito che non c’è stato e chissà se a qualcuno ancora importa il perché]

.

(perché a volte – nella turbina dove ci infiliamo – manca anche soltanto il tempo per ripensare

che non siamo strusciate soltanto

e da questo ci lasciamo fagocitare senza neanche un saluto di dovere.)


Eppure si dirà ancora di me che sono una persona poco affettuosa poco sentimentale, poco




Cose che iniziano dal ritrovamento di una bozza un bozzo una bozza a proposito di.

Mood: perplesso
Reading: appena sveglia, ancora nel letto, come non succedeva da un po’
Listening to: Devendra Banhart – Feel just like a child
Watching: il cielo pesante che minaccia di rovinare la serata
Eating: a breve, il mio stomaco reclama
Drinking: tequila sale e limone



Indovina che manca a cena? che Lou, Raffa e io abbiamo realizzato per il progetto Momenti di Pane – Mulino Bianco, in collaborazione con l’Agenzia Network e NABA – lo ricordate, vero che lo ricordate, suvvia che lo ricordate? Se non lo ricordate, vi metto in mano lo straccio per rispolverare le puntate precedenti qui e siete in regola!

Da questo pomeriggio, Indovina che manca a cena? è finalmente online sulla pagina Mulino Bianco dedicata al progetto Momenti di Pane, insieme a Il trascoloco, l’altro video in concorso. Io vi passo sottobanco l’antemprima, ma voi andate a votarlo qui?
Collaborereste a regalarci un pezzetto di America. E questa volta no, non è una metafora. Il premio per il vincitore del concorso è una settimana a Santa Fè!





Grazie a chi ci voterà!

Cartoline per tutti!

Mood: sbilanciato
Reading: adesso, devo proprio
Listening to: Dire Straits – Brothers In Arms
Watching: le prime immagini dalla mia nuova casa in Olanda
Eating: a orari inadeguati perché mi sveglio e vado a dormire a orari altrettanto inadeguati
Drinking: tanta acqua



L’ultimo dei due video teaser che Lou e io abbiamo realizzato per FIFTYFIVE FIGHTS 4 THE FUTURE [si rimanda qui per le delucidazioni generali, mentre qua per il primo video teaser pubblicato online] mette in campo tutt’altre intenzioni, tutt’altri scenari, tutt’altro pianeta. Alle origini c’è il progetto di Vincenzo Petito, Anna Piccamiglio, Jessica Prando e Valentina Zecca che alla domanda ma il VENTI dicembre 2012?, hanno risposto con poca voglia di fare i seriosi Niente paura, foss’anche la fine del mondo ad appropinquarsi, i Nerd vedono e provvedono, saranno loro i veri guerrieri che lo proteggeranno e ne garantiranno ordine, pace e prosperità, altro che i supereroi tutti muscoli in calzamaglia, per la fine del mondo c’è bisogno di saper usare il cervello! Insomma, uno spirito fresco e allegro che basta occhieggiare la loro proposta grafica per farsi scappare un sorriso storto.



Per questo video teaser, Lou e io abbiamo deciso di farla difficile e abbiamo messo in piedi un’impresa di quelle che se ci riusciamo in così poco tempo, passiamo a un livello successivo e niente più potrà fermarci! con tanto di caccia alla location cartoonesca, ai costumi, all’oggettistica, agli attori e ai collaboratori e grazie feisbùc che se non ci fosse stato chissà dove saremmo andate ad attaccare le liste della follia, dove ci saremmo scambiati pareri e consigli sul tutorial migliore per risolvere il cubo di rubick giungendo alla conclusione che l’unica soluzione sarebbe stata rintracciare qualcuno in grado di farlo, dove avremmo trovato tanta gente solidale nei nostri confronti cosa che ci ha riempite di un sentimento di amore universale, ancora una volta grazie feisbùc, altro che le piazze i bar i negozi roba old school.

Tutto questo per dire che, tanto nei momenti di disperazione, quanto in quelli di esaltazione, i nostri sono stati veri giorni nerd, laddove per giorni si deve intendere il ciclo giornoenotte. Succede così quando si finisce piedi e testa dentro un’idea e la voglia di renderla concreta passa in primo piano su tutto il resto, diventa una missione vera e propria nella quale ci si immedesima.


Nerd per due settimane, Lou e io siamo state in buona compagnia. Nella parte, al nostro fianco di fronte all’alba, si sono calati anche Gianvito e Alberto [Mozziconi, ne approfitto per lanciare messaggi subliminali] che no, non abbiamo dovuto costringerli minacciarli bruciargli la casa, ci hanno viste si sono fatti prendere e cosa lo dico a fare tutto il mio affetto per loro se non mi bastano i caratteri?
Gianvito ci ha messo anche la faccia come attore, Non sono sicuro di essere adatto al ruolo ci ha detto per prima cosa, gli è riuscito alla perfezione, è bastato infilargli un paio di occhiali a fondo di bottiglia, tagliargli i capelli e tirargli la riga su un lato per realizzare che era lui l’uomo che stavamo cercando, lui il nostro eroe

– troppa bellezza concentrata in una sola immagine
mi mette a rischio sindrome di Stendhal –


[photo by Snerto, pure il fotografo di scena avevamo, sissignore!]

Me ne rendo conto, è difficile riconoscere in questo un eroe, ma noi con i luoghi comuni non ci facciamo neanche lo zerbino, uomini e donne di poca fede, avrete modo di ricredervi tra non troppo o adesso se saltate a piè pari la conclusione cosa che non non sarebbe carina perché devo dire una cosetta importante ancora, tipo che

A dare la piega che mancava all’opera ci ha pensato Massimiliano Margaglio in arte Gygus. È stato lui a curare l’aspetto musicale di questo video teaser, componendo un pezzo troppo giusto, 8 bit e così sia.

Buona visione!



Io, non posso tenerlo nascosto, arriva il finale e mi infervoro sempre assai. Credo che il phon sia quanto di più geniale potesse produrre la scemenza che fa da collante tra me e Lou. E pure il sole che si accende e si mette a girare, ma quella è più la scemenza di Lou alle quattro della notte prima della consegna.


Adesso, siccome abbiamo potuto contare su Snerto, un po’ di backstage che fa sempre bene!
















Mood: nostalgico
Listening to: il traffico che si gonfia
Watching: Lou che dorme sul divano con tanti libri sotto il sedere
Playing: a fingere missioni 007
Eating: gelato, vorrei
Drinking: acqua



Il primo dei due video teaser che Lou e io abbiamo realizzato per FIFTYFIVE FIGHTS 4 THE FUTURE – il progetto di 55DSL in collaborazione con NABA [per gli smemorati, ne ho scritto qui] – fa riferimo a B*C* che è una proposta di Nivi Jasa, Rocco Natale e Michele Nicoletti. Uno sguardo sul loro lavoro graficoso è in queste immagini.



Per il VENTI dicembre 2012, B*C* rifiuta l’idea di una fine del mondo come tutti se la immaginano, alieni, mostri guerre nucleari, catastrofi infernali.
In verità B*C* rifiuta l’idea di una fine per
rilanciare l’idea di un inizio di un nuovo ciclo che metabolizzerà il vecchio ciclo e che si definirà all’interno di un atteggiamento di maggiore consapevolezza da parte degli uomini in merito agli equilibri naturali e alle responsabilità circa la salvaguardia dell’ambiente.

– Per dire che se non ci diamo una scossa tra non troppo dovremo portare in groppa le bombole d’ossigeno. –

B*C* mette al centro di quello che definisce un “biciclo”
la ruota quella che i Maya utilizzavano per rappresentare lo scorrere del tempo e la vita intera, che la storia definisce strumento di civiltà che mai l’uomo ha abbandonato malgrado l’avanzamento tecnologico, che è sintomo di movimento.

E punta sulla bicicletta come mezzo dinamico tanto fisico quanto mentale per una ripartenza più ecosostenibile.

Non per caso, il video teaser di B*C* è stato girato nella Ciclofficina Stecca di Milano, un’associazione no profit che promuove la cultura della bicicletta. Tra le varie attività, la Ciclofficina mette a disposizione nel suo capanno parti di biciclette recuperate e tutte le attrezzature accessorie all’uso della bicicletta perché chiunque possa costruire la sua bicicletta, contando sull’assistenza di quanti hanno imparato a farlo prima prima di lui assistiti da altri ancora e così via, c’è di bello l’atmosfera di estrema collaborazione nello spazio di pochi metri quadri.
Io la Ciclofficina Stecca è stato come un amore a prima vista. Sorge in mezzo a Isola, il gigantesco cantiere a cielo aperto di Milano che si agghinda per l’Expo 2015. Ed emoziona ascoltarla che respira piccola e tutta fatta di lamiere mentre attorno s’innalza il cemento e gli ingranaggi e il metallo sbuffano cigolano clangano. Nella Ciclofficina Stecca sembra di essere dentro un ventre buono.

Nell’ultimo periodo del resto sono ossessionata dai suoni della vita quotidiana. Mi sorprendo spesso a rincorrerli per ricostruire storie e percorsi a occhi chiusi. Quanto poi questo dipenda dal fatto che per il progetto B*C* Lou ed io abbiamo collaborato con Pierluigi Papaiz aka Apgar Ten [qui il suo soundcloud e il suo mixcloud, meritano] che ha curato la parte audio, non so, credo moltissimo. Pier compone a partire da suoni che lui stesso registra, fa musica concreta. La sera in cui l’ho conosciuto mi ha detto che stava lavorando sul pezzo, ma che doveva ancora trovare la giusta “vibe” io gli ho chiesto ‹‹La giusta che?›› lui mi ha ripetuto ‹‹La giusta vibe›› accompagnandosi con un’onda delle mani e delle braccia, io ho capito. Ecco, credo che nei suoi pezzi ci sia una vibe molto intima e toccante perchè sa di vero, a tratti rituale. Credo per noi di B*C* non ci fosse di meglio.

D’accordo, l’ho tirata per le lunghe, arrivo quindi a svelare il videoteaser di B*C*, Lou e io ci conoscete già, siamo le dentature qui sotto – nel caso non lo ricardaste –


il nostro lavoro un po’ l’avete sbirciato in precedenza e comunque questo fa vanto di tutte le teste citate qui sù.

Buona (rapida)visione, vi ruberà un minuto appena!


Mood: stancherrimo
Listening to: il brusio della biblioteca
Watching: più che altro Abbiocching
Eating: i polsi e le unghie, senza riuscire a controllarmi
Drinking: è l’ora del caffè



Succedeva a fine febbraio che ci ritrovassimo in mezzo a tanti amici sul pavimento di casa mia durante la Festa del Pane per la quasichiusura del progetto in collaborazione con Mulino Bianco, Lou e io a prometterci un periodo di vacanza al più presto ché gli ultimi mesi ci avevano prosciugate. Ben inteso, lavoro e studio a strabocco più un paio di questioni – neanche troppo piacevoli – annesse e connesse, non certo rave parties.
Sicché stare in mezzo a tanti amici durante una festa dopo gli ultimi mesi che ci avevano prosciugate e prometterci un periodo di vacanza al più presto, Lou e io, sembrava fosse la cosa più bella e il modo più giusto per ristabilire un equilibrio vitale che si era sbilanciato bruscamente a sfavore delle nostre necessità più intime e umane.
Non fosse stato che

Cinque giorni dopo ci siamo fatte coinvolgere in FIFTYFIVE FIGHTS 4 THE FUTURE

– Nessun dica –

che è un progetto di comunicazione ideato dal team 55DSL di Diesel in collaborazione con NABA [rimbalzo subito alla pagina feisbùc di riferimento], nel quale gli studenti di Graphic Design & Communication, Sound Design, Media Design – di cui faccio parte – e Scenografia, divisi in gruppi, sono stati chiamati a lavorare in team ciascuno con le proprie competenze professionali per delineare proposte creative sul tema

VENTI dicembre 2012.
Ovvero 20-12-2012.
Sarà la prossima fine del mondo?

e già sembrerebbe di intravedere Roberto Giacobbo all’orizzonte, ma no,
a scendere in campo in prima linea, ancora a inizio anno accademico, sono stati i gruppi di Graphic Design & Communication che, senza tirare in ballo Giacobbo, hanno tracciato gli immaginari più diversi e strampalati e li hanno concentrati in soluzioni grafiche per la stampa di una collezione di magliette e pack coordinati che il team di 55DSL sta selezionato e scremando work in progress nel corso dei mesi finché a fine anno accademico non ne caverà quelli vincitori che saranno realizzati e messi in distribuzione negli store italiani Diesel, fiuuuuu, ce l’ho fatta a raccontare tutta la faccenda in poche righe, ce l’ho fatta?

Eventualmente, vogue.it e artribune.com sono molto chiari. Inoltre, l’intera evoluzione dei progetti si può seguire dai video reportage caricati sul canale vimeo di 55DSL dei quali pubblico il primo qui di seguito.

Noi videomakers e sound designers siamo stati assoldati nel momento in cui i gruppi grafici superstiti sono diventati undici per affiancarli e puntellarne ed estenderne gli immaginari con altrettanti videoteaser.
Deadline, l’incontro con il team di 55DSL per la revisione dei progetti finali,
due settimane a partire da questa comunicazione,

in seguito alla quale ho richiamato Lou che sedeva davanti a me che sedevo irrequieta dietro di lei e solo cinque giorni prima ci eravamo promesse un periodo di vacanza,
Non possiamo farlo
e cinque minuti dopo avevamo già arraffato non uno, bensì due progetti.
Deadline, due settimane.

Il nostro è un caso patologico, dice Lou,
quando solo c’è nell’aria odor di videomaking perdiamo coscienza e non c’è molto altro da aggiungere.
In particolare FIFTYFIVE FIGHTS 4 THE FUTURE ha smagnetizzato da subito i nostri poli razionali e stimolato la nostra pura follia per il fatto di essere un progetto che condensa competenze e percorsi creativi differenti nella stessa prospettiva cosa che è molto difficile da gestire, mescere singole personalità intendo e scendere a compromesso, ma che quando riesce è una potenzialità colossale ed entusiasmante non soltanto per le contingenze del momento, ma anche per quanto deve ancora venire.

Deadline, due settimane.

È stato così che Lou e io non è arrivato un periodo di vacanza, piuttosto la consacrazione a una turbina infernale di cose da fare perché tutto tornasse e riuscisse come ci eravamo prefissate malgrado il poco tempo a disposizione sulla distanza di due progetti diversissimi tra loro che più diversi non avrebbero potuto esserlo sicché solo a passare da uno all’altro s’è rischiata la cotenna, nonostante in entrambe le collaborazioni il suolo fosse molto fertile piacevole e disteso.
Abbiamo iniziato a correre correre correre ancora più forte della turbina infernale Lou e io con le gambe con le mani con la testa in lungo e in largo per Milano davanti agli schermi dei nostri computer e corri corri sono arrivati i ritmi ventidue ore di veglia e due sole di sonno che quando lo racconti nessuno ci crede a meno di non constatare in piena autonomia l’estensione del territorio delle occhiaie sulla faccia il colore della pelle e la tonalità della voce quella da sonno quella da travone per settimane, abbiamo sentito un nostro collaboratore dire alla sua donna ‹‹Ormai loro non dormono più›› e ci siamo sentite sbagliate mentre oscillavamo sui piedi ed eravamo tremendamente stanche più che altro di vivere dentro un palinsesto quotidiano organizzato secondo per secondo da una settimana all’altra che è più simile alla morte con la consapevolezza di non poter sgarrare di non poter fuggire di doverci privare ancora di tante cose da poco che però fanno la vita e la felicità semplice di un uomo e ne alleggeriscono le tensioni, parlare con le persone mangiare un gelato stare stesi sotto il sole in Parco Sempione che quando le abbiamo viste negli altri ci sono sembrate bellissime e interessanti tanto da stupircene come se ce ne fossimo dimenticate e allora sentirci costrette contro un muro contro noi stesse in convivenza estremamente simbiotica Lou e io, lavoro sveglia lavoro colazione lavoro bagno lavoro pranzo lavoro the lavoro cena lavoro lavoro lavoro che anche per uscire una sera ci siamo concordate il permesso l’un l’altra, come cazzo abbiamo potuto ridurci così? sembrare ossesse forse esserlo far la conta dei giorni prima (della libertà che per noi è diventata l’utopia della normalità) mentre dentro la stanchezza iniettavamo l’adrenalina che è

una miscela di passione e forza di volontà esplosa ai limiti del possibile che a non averla non si sarebbe fatto neanche un passo, ma scoprirne in dosi tali nelle nostre casse toraciche ha innescato dinamiche propulsive a catena fino al momento in cui non abbiamo affondato l’obbiettivo, come d’abitudine soltanto mezz’ora prima del termine ultimo. E sono arrivate la soddisfazione e l’esaltazione con una stazza titanica gonfiata a dismisura dall’entusiasmo e dalla stima generale che ci hanno investite nel modo più genuino, senza che mai fossimo andate a raccattarli in giro senza che mai li avessimo immaginati Lou e io che effettivamente due produzioni ben riuscite in due settimane c’è di che sentirsi fighe.
Adesso potrei scrivere di quanto mi senta gratificata perché la soddisfazione, si sa, ha il tempismo di un’adulatrice e si comporta come se mai ci fossero mai state le difficoltà. Ma meglio non farlo.
Nella quiete di questi primissimi giorni post-turbina, totalmente abbandonata alla stanchezza, ho l’impressione che i veri esisti favorevoli siano non tanto nell’autoreferenzialità di un doppiorisultato soddisfacente e nelle nuove collaborazioni instaurate – pur sempre gran belle cose – quanto nel lungo respiro interiorizzato e cacciato fuori alla fine di queste due settimane a vivere dentro un palinsesto, respiro che è insieme consapevolezza di quanto si possa amare qualcosa non solo qualcuno e dedicarcisi fino all’abnegazione e di una necessità improrogabile a selezionare gli stimoli provenienti dall’esterno che sono sempre tanti, ma non per questo vanno afferrati con sregolatezza, rischiando di intasare le valvole di sfogo del proprio respiro e di annullare la creatività perché ogni cosa ha bisogno di respiro e tempo, noi per prime, anche se oggi va di moda dire che il nostro valore di uomini e donne del domani si misura nella loro assenza, ‘mbrond, si dice dalle parti in cui sono nata, ovvero “Sulla fronte”, in altri termini “Col cazzo”. Piuttosto mollo il mio grande amore e mi apro un bar sulla spiaggia a Balibali. Comunque.

In attesa della pubblicazione online dei videoteaser che abbiamo realizzato per FIFTYFIVE FIGHTS 4 THE FUTURE – questione di poco – segnalo il reportage fotografico dell’incontro finale degli undici gruppi con il team di 55DSL pubblicato sul canale feiscbùc del progetto e non anticipo nient’altro.

Mood: malinconico
Listening to: Barry Lyndon theme che pulsa un po’ come il mio cuore
Watching: Mozziconi in loop
Playing: a respirare al di là di tutti i nodi in gola
Eating: pietanze raffazzonate
Drinking: caffè, inizio a sentirmi monotona



Ormai sei mesi fa, si era rimasti con Mozziconi, il teaser – quello per il lungometraggio progettato dagli amici Gianvito Cofano e Alberto Mocellin – al punto in cui noi della Crew del Fantabosco sgambettavamo di ostacolo in ostacolo verso il primo ciak [per dettagli aggiunti si rimanda a Mozziconi, Ovvero del Perché Non Ho Scelto di Fare L’impiegata // Part. I]. Crew che per altro, con l’inizio delle riprese, si è completata con Matteo/Maro, l’operatore di Mozziconi – altrimenti detto “Nonna Maro” –, che ha portato con sé sul set la steadycam, Chiara/Ketta, la donna di Maro e l’altra fotografa di scena di Mozziconi, nonché aiutante polivalente sul set, e Matteo/Steffa, il fonico di Mozziconi.

Per Mozziconi mi ero riproposta un resoconto in due puntate perché Mozziconi, per me che l’ho vissuto, è un condensato di gran belle storie che ogni volta che ci penso mi trema lo stomaco e mi vien voglia di raccontarle. Ma il tempo, io non ho mai saputo chiacchierarci granché e prima che la seconda puntata di questo famigerato resoconto passasse dallo stato di bozza nei miei archivi digitali a quello di articolo pubblico, sono andati lontani i giorni le settimane poi i mesi e

Oggi Mozziconi, il teaser è finito online.

Io, insomma, che lo dico a fare, “Ma si capisce, cioè è chiaro, voglio dire, devo ricominciare da capo?”, sono davvero tanto felice di – eccetera, eccetera –
evitiamo le parole scontate.






Al momento, Mozziconi è un non ancora film di Gianvito Cofano e Alberto Mocellin che potrebbe “prima o poi” diventare un film con tutti i connotati al posto giusto – in senso lato, s’intende -.
Perciò.
Lo sosteniamo Mozziconi?
Ne approfitto una volta ancora per segnalarne sito uèb e pagina feisbùc.

Mood: vagante, ma fondamentalmente sereno
Listening to: Low – Drag
Watching: i lineamenti dei volti sconosciuti che s’incontrano nella metro
Playing: a modellare un orologio da taschino in treddì per l’esame di treddì che dipendesse da me non esisterebbe
Eating: mozzarella finta e maionese, quando si dice la sanità alimentare
Drinking: caffè




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Fotografie di backstage scattate da Zulio
– con buone probabilità anche da qualcun’altro in giro per il set –


Se guardo col famigerato senno di qualche giorno dopo al set di Indovina che manca a cena? per il progetto Momenti di Pane – Mulino Bianco, in collaborazione con l’Agenzia Network e NABA – mi sembra di poterlo annoverare senza esagerazione tra gli spartiacque che segneranno la mia carriera professionale perché mi ha sbattuta faccia a faccia con una dimensione che fin’ora mi era rimasta sconosciuta e che è quella di quando gli obiettivi, le problematiche e le dinamiche si fanno più grandi della conoscenza che se ne possiede. Potrei anche scrivere che è stato facile portare a casa un buon risultato, ma per me è stato maledettamente difficile al punto da spogliarmi di parte della visione romantica che avevo sul mio lavoro.
Detto ciò, Indovina che manca a cena? è stata un’esperienza di reale maturazione tanto professionale, quanto personale. Tengo a ciascuna delle osticità che ho incontrato sul set di Indovina che manca a cena? in modo particolare perché, malgrado queste, il lavoro che abbiamo portato a casa è molto buono, ma soprattutto perché, per reazione immmediata a queste, ho sentito consolidarsi tutte le mie aspirazioni e quindi la mia urgenza di crescere crescere crescere e poi superarmi, devo punto c’è in discussione quello che voglio fare della mia vita quello che reputo importante e non serve fermarsi a discuterne oltremodo.

Quindi grazie a Raffaele e Laura, miei compagni fin dal primissimo secondo, e ancora di più a tutti quelli che hanno lavorato in team con noi a Indovina che manca a cena?, rendendolo soddisfacente così com’è con leggerezza nonostante le difficoltà, io as always mi risparmio l’elenco per una lettura più agevole, a questo provvederanno i titoli di coda.

Da tabella di marcia, Indovina che manca a cena? sarà online il primo marzo, insieme al cortometraggio sul quale ha lavorato il secondo team selezionato per il progetto Momenti di Pane, composto da Zulio, Matteo Stefan e Federico di Corato, per altro stimati colleghi [qui Zulio racconta del lavoro del quale si sono occupati].
Da questo momento in poi, voi utenti del uorld uaid uéb in piena libertà potrete insultare o votare il progetto che ha scoccato la freccia più veloce nel vostro cuoricino, cosa che sarebbe assai più gradita di qualsiasi insulto perché noi due team di lavoro per un po’ ci faremo la guerra silenziosa sul uéb a causa di quella settimana studio a Santa Fe che è il premio finale per il team vincitore e che per sua natura fa gola a tutti e sei. Basterebbe dire che Laura e io, già da una settimana, ci sogniamo con le ciglia finte e il sombrero mentre dal New Mexico ci caliamo in Messico e poi sempre più a Sud, un pomeriggio siamo arrivate fino in Patagonia. Ma questa è già un’altra storia.

Mood: euforico
Reading: Aldo Nove, Amore mio infinito
Listening to: Marta sui Tubi – Coincidenze
Watching: Florence + The Machine – Lover To Lover videoclip [ci sono cose col potere di rubarti il cuore anche senza sceneggiate di troppo]
Eating: taralli
Drinking: acqua



‹‹Allora è tutto pronto?››
‹‹Così credevamo prima di sapere che ci stavamo sbagliando.››

è lo scambio di battute tipo, a poche ore dall’inizio delle riprese.
Perché si possono passare mesi, mesi, mesi, mesi a organizzarle per far quadrare i millemila aspetti di una produzione il più possibile professionale, ma a poche ore dall’inizio delle riprese ci sarà sempre qualcosa che sfuggirà all’improvviso dal dispositivo di controllo. Sicché, malgrado tutto l’accrocchio preparatorio, l’ordine del giorno più quotato resterà nell’improvvisazione.
Questa è legge. Basta imparare a conviverci per non farsi prendere dalla cagarella, riuscire persino a divertirsi.

Domani mattina diamo avvio alle riprese di Indovina che manca a cena?, per il progetto Momenti di Pane di Mulino Bianco, in collaborazione con l’Agenzia Network [di questo, avevo già scritto qui]. Le riprese dureranno due giorni e si svolgeranno in un teatro di posa vero che per gli addetti al mestiere è una cosa un po’ emozionante quando succede per la prima volta e questa per noi è la prima volta, in verità tutto il set per come si svolgerà sarà una prima volta a palate.
Qualche giorno fa, Lou ha scritto “Bene, possiamo dire di essere quasi pronti…” [qui il suo post intero]
A poche ore dall’inizio delle riprese, quel quasi resta al suo posto perché gli imprevisti di ruolo ci sono tutti. Abbiamo persino la speciale collaborazione della neve che continua a cadere ininterrotta da due giorni e ghiaccia non appena tocca terra, una situazione ottimale per i trasporti.
Ma – e qui cito Francesca, una delle scenografe – ‹‹abbiate fede!››

‹‹Si farà. E in pompa magna.››

è la mia convinzione tipo, a poche ore dall’inizio delle riprese, e fin qui non mi ha mai tradita. Del resto, come potrebbe quando la troupe è fatta da gente super? – è già un grazie il mio –

Cut Off va a spasso

dicembre 25, 2011

Mood: taciturno
Listening to: l’aria spostata dal traffico
Watching: direi una partita di tennis in tivvu
Playing: a fotografare mia sorella che rincorre le papare
Eating: parmigiana nel pane
Drinking: acqua



Ieri mattina, mentre erudivo mia mamma a surfare in Gùgul col suo primissimo computer nano – è l’inizio della fine della mia vita privata, manca solo che sbarchi su Feisbùc – ho scoperto per puro caso che Cut Off è stato pubblicato su Film Indipendenti.
Dal momento che nessuno ne sapeva una cippa lippa, a me e Zulio prima è calata la mascella e poi è scappato da sorridere. Insomma, è un bel Christmas present! Perciò grazie-issimo a Film Indipendenti per la segnalazione tanto benefica! [qui la scheda di Cut Off su Film Indipendenti]

Per quanto riguarda Film Indipendenti, si tratta di un portale dedicato alle produzioni audiovisive indipendenti, termine chic atto a indicare le produzioni realizzate con i soldi di mamma e papà o dell’acinino, che dir si voglia.
La faccenda si direbbe interessante assai. Basti pensare che al momento, il sistema della produzione e – per nesso immediato – della creatività stessa si alimenta per la maggior parte e quasi unicamente di questi meccanismi.
Perciò, stay tuned! Se dovesse interessare, Film Indipendenti si fa seguire anche su Feisbùc!

Momenti di Pane

dicembre 5, 2011

Mood: rilassato
Reading: Gianni Biondillo (a cura di), Pene d’amore
Listening to: il mio amico Gaga che parla di come i gatti comunicano per andare a cagare
Watching: Roma
Playing: a trattenere la pipì
Eating: banana
Drinking: caffè



Qualche tempo, scrivendo dell’accelerata del comparto professionalavorativo nella mia vita, en passant ho fatto riferimento a un lavoro in merito al pane.
Ebbene dunque – ora che siamo entrati nel vivo della faccenda, posso dirlo senza incertezze – insieme a Lou e l’amico Fajele, sono impegnata nella realizzazione di un cortometraggio che vede la collaborazione tra Mulino Bianco e NABA, l’accademia in cui studio.

Volendo raccontarla senza fare troppo i seriosi barbosi, i fatti sono andati pressappoco così.
Mulino Bianco e NABA si sono incontrati e hanno deciso di bandire il premio “Momenti di pane”, all’interno del Nabawood che ora vi dico cos’è, lo vado a pescare sul blog del Nabawood stesso, è un festival per cortometraggi, documentari ed animazioni, nato per gli studenti della NABA, ma aperto anche a tutti i giovani registi e amanti del video, con l’obiettivo di presentare una rassegna dei lavori realizzati in NABA calati nel contesto più ampio delle attuali produzioni, come raffigurazione autonoma e innovativa del panorama contemporaneo audiovisivo, potrebbe non fregarvi di meno, ma mi andava troppo di buttare al vento quattro righe menose. Fra i partecipanti di questo Nabawood, quanti avessero ambito al podio del premio “Momenti di pane”, oltre a presentare i propri progetti-portflio, avrebbero dovuto spremere le meningi per proporre, entro il giorno ics di settembre, un soggetto che sprizzasse da ogni carattere emozioni e ricordi legati al pane. Poi una giuria composta da Mulino Bianco associated with l’agenzia di comunicazione Armando Testa e l’agenzia Network Comunicazione, avrebbe selezionato due sceneggiatori, due direttori della fotografia e due montatori che si sarebbero caricati in spalla una borsa di studio ciascuno, e dopo essere stati divisi in due team, la realizzazione di due cortometraggi paninosi con un piccolo budget destinato alla realizzazione dello stesso. Dopo di che, i due cortometraggi si sarebbero sfidati a marzo 2012 su internet e ai suoi utenti sarebbe toccato l’egregio compito di alzare o abbassare il pollice per decretare il team vincitore da spedire alla University of Art and Design di Santa Fe per la frequenza di un corso estivo di inglese.

Io, borderline rispetto alla data di scadenza, ho detto ‹‹Massì!›› e, a ottobre, mi sono ritrovata a far parte del primo team come direttrice della fotografia, insieme a Lou come montatrice e l’amico Fajele come sceneggiatore. E qui sta scritto perché.

Ne è seguita la girandola di incontri con Mulino Bianco e Agenzie per definire l’idea e il soggetto del nostro cortometraggio. Che poi la sfida progettuale proposta si è rilevata sempre più interessante col passare del tempo perché fin dal primo momento ci è stato richiesto di innovare e sperimentare su un’immagine di mercato che, come quella della Mulino Bianco, è già ben definita nell’immaginario e per certo non si può ignorare o stravolgere.
Non dico che è stato semplice, altrimenti non sarebbe stata una sfida, ma adesso, dopo un mese di scervellamento e una serie infinita e sfinente di soggetti pensati, cestinati, proposti, procrastinati, il nostro progetto definitivo c’è: Indovina che manca a cena?

Come sempre, le cose da fare sono tante e come sempre sono da fare in fretta, tenendo conto come sempre delle tempistiche molto condensate. Di interessante c’è che abbiamo anche aperto i casting. Gente fatevi avanti!


Cut Off c’è

novembre 24, 2011

Mood: tendenzialmente ansioso e dolorante
Listening to: la lezione del giovedì pomeriggio con un orecchio solo
Watching: Melancholia, di Lars von Trier
Eating: bisogna che lo faccia ancora effettivamente
Drinking: caffè



Urca! Ho mantenuto la promessa. Cut Off è online prima della fine della settimana. Piovono coriandoli.
Siccome ne ho già parlato fin troppo, semplicemente, eccoci.





Grazie.


Mi sorprende sempre un po’ la paura che nutrono gli uomini nei confronti del silenzio, la loro tendenza a saturarlo di musica e parole, come se da sè non facesse già rumore più di qualsiasi altra cosa.
Che poi io ho peccato di tendenze opposte e a ventidue anni mi ritrovo a dover fare amicizia con le parole per sfuggire a certe ambiguità asfissianti. Ma queste sono altre storie.

Insomma, Cut Off non è per caso. Ne ho sentito discutere e ne ho discusso tanto, lungo questi mesi, e per me è stato utile e piacevole. Perché, che sia più o meno riuscito o più o meno comprensibile, io Cut Off me lo sono strappato dalle budella. E come me, Zulio.

A tal punto, rimando anche all’illustre backstage quanti se lo fossero persi!

Cut Off, il backstage c’è!

novembre 18, 2011

Mood: facilmente irritabile, causa raffreddore
Playing: ad arricciarmi il riccio, brutto vizio che minaccio di riprendere
Watching: Kanye West – Runaway (cazzo di tamarri!)
Eating: tofu e patate al forno
Drinking: tanta acqua




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Lo so, lo so, sono passati sei mesi dalla fine delle riprese di Cut Off e da che mi ero riproposta di pubblicare il backstage. Ma vabbè, i tempi lunghi qui non sono una novità!
Le fotografie sono state scattate per lo più da Lou (aiuto regia e segretaria di edizione) e Nicolò (costumista), qualcuna anche da me tra la preparazione di un set e l’altro.

Rivedendole dopo tanto tempo, ritrovo nel mezzo qualcosa di ciò che sono stati quei giorni e ne sorrido bellamente. Eravamo quasi vergini del set, giocavamo di più. Resta ben inteso che anche se oggi ci siamo inoltrati in una turbina meno infantile, fare un film è una tra le esperienze più fenomenali che conosca.

Nel giro di una settimana, catapulteremo nel vuorld vaid vueb Cut Off e chiunque potrà lapidarlo o gettargli una rosa. Io spero solo che, in qualsiasi modo, venga ascoltato.

Intanto ieri Zulio mi ha chiamato per darmi una bella notizia. Cut Off è tra i finalisti del Cort’O Globo Film Festival.


(e tanto per concludere a dovere, faccio notare che in queste fotografie si può rintracciare con facilità l’origine de La Daina Production alias Le nostre brutteproduzioni.)

Mood: divertito
Reading: Alan Moore & David Lloyd, V per vendetta
Listening to: Negrita, Dannato vivere
Eating: cioccolato fondente
Drinking: tisana alle erbette



AVETE MAI VISTO I PUFFI E PIPPO BAZZICARE DI SERA PER LE COLONNE? alcuni si!

alcuni vogliono chiamarlo flash mob, altri lo chiamano ritrovo di babbi, altri movimento artistico, altri ancora semplicemente “figata”, tendenza culturale, espressione giovanile dell’underground milanese, festa in maschera, gigante appuntamento al buio, la ricerca di puffetta, ecc ecc…

Fatto sta che venerdì 28 ottobre l’accesso alla piazza del colonnato è riservato e caldamente a disposizione di chiunque volesse passare una serata in compagnia di altre persone che hanno deciso di prendere a pugni la banalità e uscire di casa travestiti da un personaggio diverso a libera scelta!

esempi utili:
pippo
puffi
uomo tigre
gladiatore
lavandino
spongebob
charizard
lady oscar
cappellaio matto
bart simpson
pochaontas
ciccio.

ma poi, scatenate la vostra fantasia, vale tutto!


Questa la réclame per l’evento Travestiti (in costume) in Colonne, pubblicizzato su feisbùc qualche tempo fa.
Ebbene dunque. Facendo d’ingegno virtù, Yanna, Lou, l’amico Claudio ed io, ci siamo dati da fare per una vestizione low budget, impiegando abiti di possesso più un mestolo per uno Specchio delle brame, un sacco della spazzatura per un mantello ed un mascherino, tre asciugamani per un’impalcatura da culo del Settecento, un rotolo di stagnola per ogni varia ed eventuale e spille da balia a volontà.


Non che Mercoledì, la Strega di Biancaneve, Zorro e la Sorellastra di Cenerentola c’entrassero molto l’uno con l’altro, ma come per l’ingegno, eravamo certi che avremmo fatto della nostra discrepanza virtù, un cocktail di personalità e facoltà come le nostre si sarebbe per certo risolto in una squadra di supereroi. Tant’è vero che, nel corso della serata, abbiamo, in ordine cronologico, (oltre che allegramente cazzeggiato con altri ignoti travestiti, sott’inteso) assistito un diciannovenne sconosciuto sulla strada del coma etilico fino all’arrivo dell’ambulanza, interrotto un qualcosa di simile ad una rapina da parte di due pusher alla loro amichetta strafatta – per inciso, Milano dopo mezzanotte è il male di vivere – e persino sollevato una bicicletta accasciata contro un lampione. Al che eravamo tanto calati nella parte che, ad un semaforo, Zorro ha ritenuto doveroso girarsi verso due ragazze ferme dietro di noi per chiedere tutto serio ‹‹C’è bisogno d’aiuto?››.

La faccenda principale però è un’altra. Prendiamo Milano, l’exploit del corri, corri generale, dei musi lunghi, dell’indifferenza e delle regole imposte a priori, ma se preferiamo, Roma e Bari o un’altra città qualsiasi del mondo. Liberiamo dalle gabbie un manipolo di ragazzi travestiti e riversiamoli con naturalezza in metro, per le strade, nei locali, un po’ dovunque. Poniamo anche come assunto fondamentale che non sia il giorno di Carnevale, ma neanche quello di Allovuìn, ché ormai l’abbiamo ampiamente adottato.
All’improvviso il corri, corri generale, i musi lunghi, l’indifferenza e le regole imposte a priori subiscono una pausa, la reazione è istintiva e non potrebbe essere diversamente, un qualche tipo di follia si è infiltrato nel tessuto della normalità condivisa. C’è chi trattiene le risate e passa oltre, chi sorride, chi se ne frega e ride, chi suona i clacson e gesticola, chi saluta e chi acclama, chi si preoccupa di ricordare che è presto per Carnevale ed anche per Allovuìn, chi fa domande ed attacca a chiacchierare, ‹‹E tu chi sei?››, ‹‹Io, Genoveffa!››, ‹‹Ma dov’è la festa?››, ‹‹Quale festa? Non ce n’è!››, ‹‹E allora perché sei vestita in questo modo?››, ‹‹Perché stasera m’andava così!››, insomma, cosa cambia rispetto alla maschera che indosso a calzamaglia per sfilare nelle vie di tutti i giorni? Cosa rispetto a quella che indossi tu, ora e qui? La forma, non certo il concetto! Sant’iddio, babe, sembri sconvolto! Hai forse dimenticato che gli uomini tutti santificano Carnevale ed Allovuìn ogni giorno, ogni ora, ogni minuto, ogni secondo? Per chiarimenti, battere un colpo alla Pirandello & Co s.r.l. Mi piacerebbe, lo ammetto, ma non sono stata io a raccontare per prima questa storia.

Così pensavo ieri sera. E dentro di me sorridevo a iosa. Per quanto mi riguarda, a sorprendermi è solo la facilità con cui si può crepare il corso naturale del reale per come lo abbiamo conciato ed indossato.

Mood: inquieto
Watching: il grigiore esacerbato di Milano con l’arrivo dell’inverno
Eating: yogurt alla fragola e tachipirina
Drinking: acqua



Dopo lunghi mesi, tanto per rispettare la tradizione, senza ulteriori giri di parole, ecco il booktrailer di Molto forte, Incredibilmente vicino che Laura ed io abbiamo girato lo scorso maggio!





Di quanto mi stia a cuore la storia di Oskar Schell ho già scribacchiato, su quanto sia intimamente soddisfatta di questo risultato, invece, mi viene difficile mettere insieme due sole parole che abbiano senso. Insomma, è come ci era stato nella testa per tanti mesi, persino meglio!
Ed, in virtù di un sentimentalismo rituale forse, ma quantomai essenziale, ringrazio ancora ciascuno di quei bravi ragazzi citati nei titoli di coda perché senza anche uno solo di loro, molte cose sarebbero per certo andate diversamente.

A seguire, per irrorare il tutto con un po’ di demenzialità che fa sempre bene, una cartolina dal backstage su cui Laura ed io non abbiamo risparmiato le risate per un bel po’ di giorni dopo averla scoperta tra le altre riprese. La succitata cartolina mi immortala nel pieno sfoggio della mia stramaledettamente buffa duttilità facciale, mentre tento di raggiungere un qualche tipo di compromesso con il nostro attore nano, letteralmente smanioso di stroncare gli origami, nonostante una scena simile non fosse prevista dallo storyboard originale.

‹‹D’accordo Osc… no, tu sei Ulisse!, facciamo così. Puoi rompere gli uccelli, ma prima devi accarezzarli piano. Piano! D’accordo? Mi raccomando Ulisse! Falla bene e puoi rompere gli uccelli. Piano, Ulisse, piano!››


Da un po’ di tempo, anche ad Hollywood si parla tanto di Molto forte, incredibilmente vicino perché per il 2012 è prevista l’uscita dell’adattamento cinematografico. Si vocifera che sia uno dei più probabili candidati al premio Oscar. Allora chissà! Perché, personalmente, sugli adattamenti cinematografici mi riservo sempre qualche quanto di diffidenza.




Oskar, per esempio. Non indossa che il colore bianco.

Mood: critico
Watching: V per vendetta
Playing: a non scivolare nella minaccia della febbre
Eating: patafaccine al forno
Drinking: birra, un bicchiere



Con la nausea in faccia a causa di un pranzo troppo abbondante seguito da un viaggio in macchina a curve ampie, senza spazio alcuno per la digestione, Laura, Zulio ed io siamo discesi dalla montagna, non solo sani e salvi, nonostante il freddo, ma neanche sciupati, anzi, con una bella pancetta incipiente ciascuno sotto i felponi, eccicredo con tutto il cibo e tutto il limoncello che non ci siamo negati, fortuna che quest’anno va di moda l’oversize! Dopotutto, è la regola non scritta che al rientro i bagagli debbano essere sempre un più pieni!
Ebbene, Laura, Zulio ed io non ci siamo risparmiati e, non soddisfatti delle pancette insipienti, ci siamo portati nella discesa, sorrisoni in faccia di felicità e soddisfazione, l’incipit del nostro super maxi progetto da fare assieme che il momento non è il più opportuno per raccontarlo, ma che tra qualche giorno forse sì. Ed allora ancora acqua in bocca, ma una cosa mi sento di dirla senza sforare nelle anticipazioni, la bellezza principe di questo nostro super maxi progetto, ma fondamentalmente anche di tutti i più piccoli che portiamo avanti insieme, è lo spazio sinaptico che sta venendo a concentrarsi tra la depurazione quotidiana delle parole che adottiamo per raccontarci tra noi da imbarazzo ed alterazioni e lo scorrimento rapido e concatenato del nostro lavoro creativo, sicché la prima cosa non può prescindere dalla seconda e la seconda non può prescindere dalla prima con un andamento organico che a me culla massimamente il cuore ed il cervello, incitandomi a non arrestare né l’uno, né l’altro.

Ed ora, per la serie, “gente presa male fuori, ma presa bene dentro“, ecco il dietrolequinte di tutto questo blaterare firmato da tutt’e tre ed accuratamente selezionato, ma neanche troppoassai effettivamente!


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