Impressioni d’America, metabolismi itineranti
agosto 5, 2013
Mood: carico
Reading: Elogio dei fatti di Lee Marshall
Listening to: Vadoinmessico – Teeo
Watching: la Westland Floating Flower Parade attraverso Delft
Eating: yogurt alla vaniglia
Drinking: spremuta d’arancia
USA, New Mexico, White Sands. 28 luglio 2012
Io ho l’impressione che tutta la mia geografia interiore sia stata rimodellata dal vento d’America, non credo di sbagliarmi, ho scritto d’impulso al ritorno un anno fa.
E non mi sbagliavo affatto.
A distanza di un anno, il deserto, quando ci penso,
i crinali abbacinanti di fresca sabbia bianca a perdersi incastrati sotto i volumi del cielo bassissimo appartengono a quelle esperienze che se non avessi vissuto sarei per certo stata una persona diversa.
La Germania, quella che ho visto // Giorno due
ottobre 12, 2012
Mood: sereno
Listening to: Awolnation – Sail
Watching: Asaf Avidan – Different Pulses / Official Video /
Eating: paglia e fieno alla boscaiola
Drinking: halfvolle chocolademelk con cannuccia
Mainz, Hotel Ibis, Room 251
Mainz’s Old Town
Mainz, Brooderie
Mainz, Marktplatz
Mainz, going to the Rhein
Mainz, Stephanskirche, Chagall windows
Mainz, restaurant
‘cause I’m [raining]
settembre 24, 2012
Mood: affaticato
Reading: Daniel Goleman, Intelligenza Emotiva
Listening to: Billie Myers – Kiss The Rain
Watching: pioggia
Eating: pioggia
Drinking: pioggia
Milano, 24 settembre 2012
Impressioni d’America d’impulso prima di disfare valige piene di storie da raccontare
agosto 7, 2012
Mood: calmo
Reading: Jonathan Safran Foer, Ogni cosa è illuminata
Listening to: Steve Miller Band – The Joker
Watching: il quarto di luna su Milano sola ad agosto
Playing: all’allegra casalinga
Eating: insalata mista che pare non saziare
Drinking: acqua

Vandyke Brown print from digital negative, Rives BFK paper, 17×13 cm
Ecco qua, è un privilegio, te ne rendi conto, il vento quello che in America ruggendo con furia piega e impronta la vastità di un mondo elementare al di sopra delle cose umane e la solennità dei volti incartapecoriti ritorti all’imbrunire. È un privilegio, te ne rendi conto, il vento d’America che se ti ci inabissi è come macinare spazi e tempi per scivolare in una solitudine perfetta dove i pensieri non hanno gravità neanche posano nella mente c’è soltanto il vento quello che in America ruggendo con furia
(ti attraversa)
E sebbene tu stia contemplando e niente più in una qualche forma, lo avverti, i processi di trasformazione sono in atto.
Io ho l’impressione che tutta la mia geografia interiore sia stata rimodellata dal vento d’America, non credo di sbagliarmi.
Ci sono ai miei piedi valige piene di storie da raccontare che fanno ressa e si ingarbugliano.
***
Per quanto riguarda la fotografia che ho pubblicato in cima, ci tengo a scriverlo, io ci sono molto affezionata. Appartiene al gruzzolo di prime stampe che ho realizzato in camera oscura durante il workshop Alternative Process of Photography tenuto da Chris Neil che ho seguito alla University of Art and Design di Santa Fe. Soprattutto appartiene all’atmosfera romantica di un’esperienza gigantesca che ha portato parecchi stimoli e nuove prospettive al mio sguardo e alla mia capacità di visione che nel corso degli ultimi mesi ho spesso accusato di stanchezza e pesantezza.
L’originale da cui ho tratto il negativo per la fotografia che ho pubblicato in cima – che per altro così messa perde del suo particolare sapore tattile – è questo.
Lei in fotografia è Sara Ricciardi – questa fotografia è anche un po’ Sara Ricciardi -, [neo-trovata] compagna di viaggio eccezionale, ne scriverò ancora tanto raccontando dell’America. Quando ho scattato questa fotografia eravamo in viaggio attraverso il Gran Canyon in Arizona, Raffa portava la macchina alla giusta velocità che è quella in accordo perfetto col vento, la radio passava una bellissima musica spagnola e Sara giocava con la testa e le braccia slanciate fuori dal finestrino afferrava tra le dita una folata in mezzo a mille altre la lasciava andare ne afferrava un’altra e sul suo volto non c’era nessun segno del tempo passato, posso fare una cosa come quando ero bambina?
Mood: stralunato
Playing: a rimettermi in forma
Eating: me ne sono dimenticata
Drinking: succo di frutta all’ananas
***
Il mese scorso ho scattato per la prima volta un Autoritratto e mi è parso onesto affiancargli l’aggettivo “Provvisorio”. Ieri poi ho scattato quest’altro Autoritratto ed ancora una volta mi è parso onesto affiancargli l’aggettivo “Provvisorio”.
Ebbene, sto riflettendo nelle ultime ore sulla possibilità di scattare un Autoritratto Provvisorio al Mese, trasformando la faccenda in tradizione, per non dire in nuovo progetto personale.
Ultimamente apprezzo molto il termine “Provvisorio” perché racchiude tutta la parzialità e, nonostante ciò, tutta l’intensità e tutto il valore di un attimo nel prospetto della mia vita intera e presuppone un naturale cambiamento. Sicché la natura degli Autoritratti Provvisori non è che l’istintività del mio bisogno contingente di esondare in seguito ad un accumulo emotivo diventato ingestibile.
Infine, a questo giro, un contenuto extra.
Usciti inconsapevolmente durante le prove dell’Autoritratto, questi sono i miei cosiddetti e plurifamigerati tra chi mi conosce occhi da donna pesce. In verità sono solita sporgerli e storcerli molto di più ed accompagnarli con la danza più scoordinata ed ondeggiante che mi riesce sul momento.
Per te, che sai chi sei, perché appena li ho visti non ho potuto fare a meno di pensare al nostro più semplice star bene insieme. Che poi, se l’avessi dedicata a qualcun’altro, chi ti avrebbe potuto sopportare?!