Mood: affranto e sconsolato
Listening to: Lana del Ray – Born to die
Eating: quando avrò forza per cucinare
Drinking: caffè, chiaramente




‹‹Vi vedo

‹‹stanchi››

(…)

‹‹sciupati››

(……)

‹‹provati››

(………)

‹‹pestati››

(…………)
Dopo di che, al prossimo, come ha notato Zulio, spetta l’onore del

‹‹morti in piedi››

Senza considerare frammenti più aulici come ‹‹Sembri uscita da un film di Tim Burton›› o ‹‹Sembri uscito da Apocalypse now››, in seguito ai quali al prossimo, sempre come ha notato Zulio che è in vena di notazioni, spetta l’onore del ‹‹Sembri uscito da Freaks››.
Che scenario piacevole!

Dice Zulio frustrato ‹‹Una cazzo di volta che mostro il mio muso al mondo, cosa ho fatto per meritarmi tutto questo?››. Dico io frustrata ‹‹Non guardarmi in faccia, per piacere, la mia condizione mi imbarazza.››


E tutto questo, malgrado le radici vichinghe energizzanti, due al mattino a stomaco vuoto. Radici vichinghe il cui unico merito, bisogna riconoscerlo, è l’esser state muse per questo gioiello della creatività di Yanna.




Voglio essere ricordata così.

Mood: stralunato
Playing: a rimettermi in forma
Eating: me ne sono dimenticata
Drinking: succo di frutta all’ananas







***

Il mese scorso ho scattato per la prima volta un Autoritratto e mi è parso onesto affiancargli l’aggettivo “Provvisorio”. Ieri poi ho scattato quest’altro Autoritratto ed ancora una volta mi è parso onesto affiancargli l’aggettivo “Provvisorio”.
Ebbene, sto riflettendo nelle ultime ore sulla possibilità di scattare un Autoritratto Provvisorio al Mese, trasformando la faccenda in tradizione, per non dire in nuovo progetto personale.
Ultimamente apprezzo molto il termine “Provvisorio” perché racchiude tutta la parzialità e, nonostante ciò, tutta l’intensità e tutto il valore di un attimo nel prospetto della mia vita intera e presuppone un naturale cambiamento. Sicché la natura degli Autoritratti Provvisori non è che l’istintività del mio bisogno contingente di esondare in seguito ad un accumulo emotivo diventato ingestibile.

Infine, a questo giro, un contenuto extra.



Usciti inconsapevolmente durante le prove dell’Autoritratto, questi sono i miei cosiddetti e plurifamigerati tra chi mi conosce occhi da donna pesce. In verità sono solita sporgerli e storcerli molto di più ed accompagnarli con la danza più scoordinata ed ondeggiante che mi riesce sul momento.

Per te, che sai chi sei, perché appena li ho visti non ho potuto fare a meno di pensare al nostro più semplice star bene insieme. Che poi, se l’avessi dedicata a qualcun’altro, chi ti avrebbe potuto sopportare?!

Intrografie

ottobre 6, 2011

Mood: vago
Reading: Yuri Herrera, La ballata del re di denari
Listening & Watching: Florence + The Machine – Shake It Out
Eating: Ringo Black
Drinking: acqua



Di Intrografie avevo già scritto. Del viaggio geografico ed emotivo che è alle sue fondamenta e delle mie dinamiche di interiorizzazione ed estetizzazione del reale esterno ho scritto ancora di più su questo spazio, nel corso di tutto un anno. Fondamentalmente Intrografie è il primo archivio parziale di storie, un libricino nero che ho rigorosamente voluto tascabile. Perché potesse stare dentro una giacca vicino al cuore come ci stavano i Canti di Catullo del mio professore di Letteratura Latina a Siena. Ed anche perché chiunque si ritrovi a guardarlo non lo liquidi in fretta, ma si soffermi ad analizzarlo per ricostruire i frammenti della storia nelle immagini con la stessa attenzione e lo stesso esercizio all’osservazione che richiede la possibilità di riscoprire e carpire i dettagli nel mondo reale per rintracciare i fili rossi dei propri racconti, chè io, ne sono convinta, ogni narrativa ed ogni visione non sono che il frutto del sentimento soggettivo del reale.
Insomma, ecco infine – alias, con le mie solite tempistiche dilatate – Intrografie. Meglio tardi che mai, oh!


Circonvoluzioni



Milano, Italia
Ventidue Febbraio Duemiladieci, ore diciannove e quarantatrè


Nantes, Francia
Quattordici Marzo Duemiladieci, ore diciannove e ventisette


Rijswijk, Olanda
Ventisei Dicembre Duemiladieci, ore quindici e otto


Monopoli, Italia
Tre Aprile Duemilaundici, ore diciotto e quaranta


Den Haag, Olanda
Ventisette Dicembre Duemiladieci, ore diciotto e quarantadue


Monopoli, Italia
Dieci Dicembre Duemiladieci, ore diciotto e uno


Nantes, Francia
Tredici Marzo Duemiladieci, ore undici e trentotto


Inter-mezzo



Venezia, Italia
Sedici Luglio Duemilaundici, ore quindici e cinquantotto


Milano, Italia
Tredici Febbraio Duemilaundici, ore quattordici e due


Castellana-Grotte, Italia
Nove Aprile Duemiladieci, ore sedici e cinquanta


Milano, Italia
Diciassette Marzo Duemilaundici, ore zero e cinquantotto


Derive


Como, Italia
Ventisei Marzo Duemilaundici, ore diciassette e quarantotto


Milano, Italia
Tredici Febbraio Duemilaundici, ore quattordici e due


Venezia, Italia
Sedici Luglio Duemilaundici, ore dodici e trentuno


Monte Grappa, Italia
Ventidue Luglio Duemilaundici, ore diciannove e cinquanta


Monte Grappa, Italia
Ventiquattro Luglio Duemilaundici, ore diciotto e trentatrè


Monopoli, Italia
Ventinove Luglio Duemilaundici, ore sedici e undici


Pietrapertosa, Italia
Ventisette Agosto Duemilaundici, ore sedici e quindici


Conclusioni provvisorie



Venezia, Italia
Sedici Luglio Duemilaundici, ore sedici e cinquantadue


Milano, Italia
Diciotto Febbraio Duemilaundici, ore quattordici e diciassette


Bassano del Grappa, Italia
Ventitrè Luglio Duemilaundici, ore quattordici e trentanove


Fasano, Italia
Quindici Agosto Duemilaundici, ore diciotto e trentotto
Mood: incerto
Reading: blogs di altra gente
Listening to: le automobili che sfrecciano sull’asfalto bagnato
Playing: a sperimentare
Eating: tra poco, da Zulio che sta preparando taaaaaante cose buone
Drinking: acqua






Mood: quieto
Listening to: Virgin Radio
Watching: Virgin Radio nel riflesso del monitor
Eating: trofiette al sugo, con zucchine chiaramente
Drinking: caffè






Sto aspettando che mi inviti sul lato oscuro della luna.
Lì, non posso atterrare se non me lo permetti.
Certo, farà paura e sarà duro, incontrarsi sul lato oscuro della luna.
Ma non è forse più temibile un’eclissi?


C’è posto per te, dentro, per te e per tutto quello che hai negli occhi, per la luce e per il buio.
Mi sono legata visceralmente alla tua umanità, non ad una tua astrazione perfettibile.
Ma se i pensieri viaggiano lontano e si nascondono palpabilmente in un nero diffuso mentre divaghiamo, se non riusciamo più a parlare nello spazio che abbiamo fatto nostro, chi sei tu, chi sono io, chi siamo noi, cosa resta di noi?

3^4

febbraio 8, 2011

Mood: vagheggiante
Reading: appunti sparsi in vista dell’esame di domani
Listening to: Mike Posner – Baby Please Don’t Go (il nuovo tormentone di questa sessione d’esami)
Watching: White Lies – Bigger Than Us
Eating: pan di stelle, nutella e panna pressati insieme, una cosa leggera, insomma
Drinking: caffè




«Pizzeria Padre Pio Buonasera»
«Eeeh, buonasera. Vorrei ordinare 3 margherite con patatine.»
«D’accordo. Con la terza pizza volete la margherita o la bottiglia di Coca-Cola?»
«La margherita!», che domande?!
«D’accordo. L’indirizzo?»
«Viale ****** , numero 3. Dovete suonare al 3.»


Sì, lo so.

Siamo gli stessi di 3 giorni fa.
Sempre 3 margherite con patatine.
Sempre Viale ******, numero 3,
Sempre al 3.

Quindi?



Libere associazioni

settembre 15, 2010

Mood: stremato (sessione autunnale del piffero!)
Reading: tesine e tesine
Listening to: Elisa (ft. Giuliano) – Ti vorrei sollevare
Watching: il monitor e se continuo gli occhi appassiranno
Playing: a distrarmi
Eating: gelato choco-muffin 🙂
Drinking: acqua



“Il filo rosso che unisce gli artisti selezionati è quello delle live performance, in cui l’indagine artistica si ibrida con la tecnologia per rispondere ad istanze di natura filosofica, antropologica e scientifica, oltre che sociale. I termini di modulazione di quest’analisi… ”


Gli esami sono troppi.
E troppa poca è la voglia di stargli dietro. Il culo rifiuta la sedia. E la testa si perde in voli pindarici, è spostata, c’è un errore di parallasse.
Proprio non ce la faccio.
Voglio dire, l’abbronzatura sta abbandonando la pelle, l’ho notato ieri in doccia. Cioccolato e latte tornano ad uniformarsi e presto sarò nuovamente candida, meglio dire pallida. Sto bene a cianciare! Pallida lo sono già, emotivamente.


Dalla più immediata indagine sul rapporto uomo-macchina con Epizoo di Marcel-lì Antunez Roca, nella cui performance il corpo viene messo a disposizione del computer interattivo e diventa oggetto di un gioco di massacro…”


Corpo. Un giorno gli chiederò scusa, non sono una buona compagna. Non lo sono complessivamente.


“… si passa all’ambito di una corporalità vissuta nella sfera dell’emotività e della percezione con Laser Sound Project di Edwin Van Der Heide.


Famiglia. Famiglia? Solitudine. Psicoanaliticamente. Vi amo.
Milano, Casa. Quest’anno ci provo. Mi ci metto d’impegno. Se apparecchio per qualcuno in più oltre me sento già il cuore riscaldarsi.


All’incrocio tra reale e virtuale, il concetto di corporalità incontra i temi della presenza e dell’assenza, della prossimità e della distanza e quello del controllo, con Can You See Me Now dei Blast Theory


Tu. Io. Noi? Voi. Loro. Non so. Chissà. Domani. Sarà. (Un giorno migliore?) Ho conosciuto uno. Grazioso. Non ci penso nemmeno. Vorrei davvero correre tra le tue braccia. Ma se te lo dico mi lasci? Shhh. Ond’evitare.


… e diventa termine di passaggio per una serie di considerazioni sulla concezione contemporanea di identità con COME.TO.HEAVEN di Gazira Babely.


Chi sono? Dove sono? Cosa faccio? Cosa voglio? Come fare?
Olanda. Dovrei, ma non voglio.
Non tengo dinero. Tocca sgobbare.
E i sogni, in quale cassetto? Ne ho tanti, alcuni neanche li conosco ancora. Non so se ci stanno. Forse son meglio due cassetti.


“Sposta questo keyframe di un secondo. Più in qua, più in là, ma vaffanculo s’è sballato tutto.”


Nina dice che ci sono giorni in cui non succede niente. Poi ci sono quelli in cui succede tutto. Bello e brutto. Ecco. Appunto.
Oggi ho pensato che dovrei cambiare suoneria al cellulare.
Dicono sia depressiva.
Voglio essere propositiva. Ho imparato a piangere. Sto diventando forte, dico, sarà poi vero?
Ho le pile scariche, questo è certo.
Dai gas, dai gas! La vita è così. Più cerchi di definirla, più ti sfugge. Lei corre più veloce. Io ho il difetto di non arrendermi.


“Non posso ancora lanciare il render.”

Avrei bisogno di un viaggio. Bello lungo. In qualche posto lontano. Magari mediterraneo.
E’ troppo tempo che non mi nutro di bellezza, non provo meraviglia, non riposo.
Sono stanca.
Stanotte non dormirò. E’ per la zanzara. Continua a ronzarmi nell’orecchio. Mi dà fastidio. E poi faccio reazione allergica alle punture di zanzare.
Bubboni. Me ne spuntano fin nel cervello.
L’ho stordita. Al prossimo colpo l’ammazzo. Sono animalista e pure vegetariana, non farei male ad una mosca. A questa zanzara sì.
Metto su il caffè. Ne assumo in endovena.
Devo studiare. Dovrei. Poco male.
Ho un rigurgito di ansia.
Gli occhi s’intrippano, mi costringo a resistere. Sembro una fattona.
Notte bohemien.
Non intendo struccarmi. Al mio incontro con l’inferno voglio andarci ben conciata.
Corro a vomitare. Sarà che ho bevuto. Aria. E’ l’inquinamento. Air pollution.
Ne approfitto per fare pipì.


La televisione è una tecnologia di trasmissione delle informazioni, una modalità di organizzazione, declinazione e distribuzione della comunicazione. La televisione ha cambiato il nostro modo di vivere a livello percettivo e neurofisiologico in quanto ha un forte impatto sul nostro processo di condivisione della realtà.”

Non sono disattenta. Non so come propormi.
Non devo propormi. Non è con me che intendi parlare. Più appropriato un estraneo per svuotare le palle.
Non siamo legati, non siamo legati, non siamo legati.
E’ un po’ come con le fate, Peter Pan la sapeva lunga! Basta crederci.
Ora siamo estranei.
Mi parli? Mi dici?
Ho bisogno.
Però. Qualcuno può domandarlo anche a me?
E’ passata una vita dall’ultima volta che un umano ha voluto sapere sestobenesestomale, che giro hanno preso cuore e testa.
Sono alla ricerca di un pozzo vuoto.
Devo svuotarmi le palle.
Due settimane al ciclo.


Secondo la teorizzazione della scuola di Toronto, la tecnologia è un’estensione della sensorialità umana”

Rettifico.


Voglio dire, l’abbronzatura sta abbandonando la pelle, l’ho notato ieri in doccia. Cioccolato e latte tornano ad uniformarsi e presto sarò nuovamente candida, meglio dire pallida. Auspicabile. Sono fin troppo colorata, emotivamente.





*
Con la gentile concessione E dei miei appunti E di detti propri della mia quotidianità da studentessa.
Sono distante un po’. Causa studio, davvero!
Manca poco alla libertà!

“Ma gli uomini cattivi…”

settembre 7, 2010

Mood: quello di quando il giorno dopo hai un esame
Reading: gli appunti
Listening to: Notwist – Consequence
Watching: gli appunti che urlano “studiaci!”
Eating: viennetta creme brulee
Drinking: thè




Negli ultimi giorni, il progetto di animazione a cui avevo fatto accenno qui ha smesso di vegetare nello stato magmatico di idea ancora un po’ cieca e ha iniziato a solidificarsi in una sua forma ben precisa. Quel che ne sarà è un cortissimo-metraggio, un minuto al più, conclusivo di un anno intero nella classe di animazione.
L’idea di base mi è venuta a partire da un articolo pubblicato sul National Geographic di agosto, in cui ho letto che un numero sempre crescente di tribù di indiani americani, tra Arizona e New Mexico, si sta impegnando nel recupero della terra che fu sottratta ai loro avi, una terra sacra ed una terra ferita.

‹‹Secondo una leggenda, il creatore fece il mondo e mise tutto in ordine, ma “gli uomini cattivi non si accontentarono e lo distrussero, squarciarono le rive del mare, strapparono gli alberi e distrussero le montagne.››

Natura, uomo. Madre, figlio.
Il figlio che colpisce la madre.
L’uomo che colpisce la natura.
Chiaro, no?


Ne ho parlato con Zulio, compagno di corso, ma soprattutto grande amico, lui ha approvato e abbiamo deciso di sfruttare la possibilità di lavorare in team per questo progetto.

Nel corso dell’anno accademico, noi due insieme, abbiamo sviluppato più di un progetto scolastico. Poi, nei mesi maggio-luglio, è arrivato il progetto grosso, quello per noi importante, perchè extra-scolastico: lui ed io + Raffajele (anche lui compagno, grande amico, “amante per arte ed intelletto” al di là di ogni sua perversione), sotto la supervisione della nostra prof. di montaggio, abbiamo lavorato per Officina Italia 2010, festival di letteratura, tenutosi in maggio a Milano, a cura di Alessandro Bertante ed Antonio Scurati (qui il sito). Noi tre ci siamo occupati dei montaggi di ogni singolo reading ed ho così ascoltato storie, tante. Poi anche di quello del video complessivo di documentazione dell’evento, che pubblico qui sotto.




*
Ogni singolo reading è stato uploadato su Vimeo, nel caso dovesse interessare a qualcuno, lì li troverà.


Tutta questa pizza per dire che noi siamo una squadra collaudata, al punto da riuscire a compensare vicendevolmente le nostre differenti metodologie di lavoro. Io pignola e critica all’eccesso, lui più libero.


Tornando all’animazione, nel week-end ho disegnato in Illustrator la tavola base da animare in After Effects (sì, di nuovo!).
Ringrazio me, la mia pazienza e la mia voglia di superare gli ostacoli. Posso farcela.
Ringrazio Nicolò, che mi ha guidata tutte le volte in cui mi sono persa in una curva, che ha discusso con me l’impostazione grafica e che ha espresso il suo parere ogni volta che gli ho chiesto di farlo, per amor di precisione ogni due secondi. Ho da imparare da te.


Ecco quindi al pubblico parere il mio risultato. Personalmente ne sono fiera. Per una volta posso dirlo. Ed è importante per me.





Ieri Zulio, mi ha raggiunta a Milano e, tra un caffè ed una sigaretta, abbiamo stabilito la regia dell’animazione ed avviato il movimento in After Effects. In una giornata, siamo riusciti ad animare soltanto la pianta. Abbiamo così realizzato che il lavoro richiederà più tempo del previsto. S’intende, non più di una settimana perché la data dell’esame di animazione è ormai arrivata. Ma ho scoperto che di questo progetto sono innamorata e non voglio bruciarlo in fretta. Intendo curarne ogni aspetto al meglio e prendermi il tempo necessario, pur nella ristrettezza.


Ho scoperto anche che mi piace disegnare

le teste pesanti

su corpi androgini,

le ossa sporgenti, nel volto, nelle spalle, nei fianchi,

i colli lunghi,

i polsi stretti,

le mani grandi.


Ho scoperto per ultimo, che pur non ritenendo l’animazione un luogo importante della mia vita, è di animazione che parlo tanto.
S t r a n o .


Intanto domani mattina ho l’esame di web. Motivo per cui farei meglio ad andare a studiare.
Ma la buona volontà dove è andata a nascondersi? La concentrazione?
Non ho neanche più la scusa delle belle giornate. Non a Milano almeno.

Uscita troppo in là

agosto 30, 2010

Mood: stabilmente altaleante
Listening to: Rox – My Baby Left Me
Reading and Watching: National Geographic, I grandi fotografi, Steve McCurry
Drinking: acqua
Eating: spaghetti alla poveraccia




Ho letto che nelle miniere afghane, l’ottanta per cento del carbone con cui si rifornisce il paese viene estratto seguendo il filone fin quando la miniera non crolla. O non viene allargata.


Ma allora, quanti restano, laggiù, per sempre?
Incastrati tra cunicoli troppo stretti. Roccia ovunque e l’uscita troppo in là.



*
Sono qui.
Ancora all’inizio.

Bonjour Milan!

agosto 29, 2010

Mood: disarmonico
Listening to: Bonobo
Watching: montagne di libri da studiare
Eating: cioccolata
Drinking: succo di frutta






Dentro la testa, fumo ciano sporco diffuso e zero punti di orientamento.
L’impressione è di facile smarrimento.


Intanto da due giorni sono nuovamente a Milano. Dalla finestra del mio nuovo appartamento, al sesto piano, ho l’impressione di dominare la città.
Ma lì fuori, non è molto diverso da dentro.


Dopotutto sto bene qui in mezzo, tra spesse pareti d’ovatta lurido. Non si dovrebbe, lo so. Ma ci si sente protetti. Distanti. Forti. Niente, nessuno può penetrare, toccarmi, farmi male, farmi bene. E sono niente, sono nessuno.


Bonjour, Milan!

Mood: radioattivo (emmobbasta)
Listening to: il vento, il mare
Watching: il fiume di merda nel mare, pura bellezza, ovvero i liquidi di una qualche tazza chimica scaricati in mare da qualche barca con plastica e ciabatte annesse
Playing: a raccogliere la monnezza lasciata dagli idioti sulla costiera, gliela farei inghiottire per intero
Drinking: birra e caffè






Per quest’estate, mi ero riproposta di fare vacanza separata dai pensieri pesanti e ridere di gusto.
Ovviamente loro non erano d’accordo e hanno complottato con le situazioni per fottermi alla grande.


Per quest’estate, avevo immaginato il Salento, la moto, il vento, il mare, gli amici, le notti, la musica. Il necessario per un po’ di relax, qui non si esige la Luna.
Ovviamente, al più ho fatto la spola tra casa e il mio posto di lavoro, con qualche sparuta incursione a mare, ciò ch’è giusto.


Per quest’estate, mi ero posta l’obiettivo di non prendere le strisce bianche del costume, abbronzandomi. Sai che bene vedere la tua pelle striata come quella di una zebra?!
Ovviamente, ho preso le doppie strisce.
Per cercare di toglierle, mi sono ustionata a zone alterne, particolarmente attorno alle chiappe. Ovviamente, almeno la monostriscia bianca è rimasta al suo posto.


Sono storie.
A pile scariche.


Una ventina d’anni fa e più, i Righeira cantavano

“ L’estate sta finendo
e un anno se ne va
sto diventando grande
lo sai che non mi va. ”

Un motivetto a caso.

Denti

agosto 14, 2010

Mood: stabile
Playing: con le punture di zanzare sulle gambe





<< Permesso, dottore, buongiorno, le stringo la mano, la ringrazio, mi siedo. Lasci le spieghi i miei sintomi: mal di denti, fiacchezza dei muscoli delle mandibole e forti, forti cefalee. Ho un’idea. Non s’affanni alla diagnosi. Da qualche mese non faccio che serrare i denti tra loro, a lungo e violentemente. E’ un atto inconsapevole oramai. E’ per non lasciar sfuggire rabbia e bile, sa, sono una persona con una forte carica distruttiva al centro, col tempo ho imparato a mantenere il controllo, ma qualsiasi barriera si può schiantare. Pare stia perdendo anche le mie capacità verbali. Mi dicono “dai, dì qualcosa”, “ma cos’hai?”, non sanno che se parlo piango come una babbea e non voglio mi vedano. Sembra debba tenere un pubblico comizio su quanti capitomboli sta prendendo la mia vita in questo momento, non mi aggrada. Mi prendessero almeno in disparte! E’ come se le chiedessi di discutere sulla piazza di come scopa con sua moglie e la sua amante, non si fa, son cose private, con equilibri precari. Dottore, sa che ieri è morto un uomo di quarantasette anni? Si è accasciato sul bagnasciuga, in Calabria, pazzesco vero? Ho pianto per lui, per chi lo amava o anche solo salutava per strada. Io non lo conoscevo neanche di vista. Sono andata a fare il caffè. >>
<< Signorina, le prescrivo un flacone di calore, se non di ascolto, e qualche stilla di pazienza, al bisogno. La serenità, sì sa, verrà col tempo. >>
<< Dottore, costano caro. Eppure avrei diritto all’esenzione dal ticket, io. >>



Stanotte ho sognato dolci. A bizzeffe. Lo sapessero mia madre e mia nonna si metterebbero le mani ai capelli, sconvolte ed inizierebbero a domandarsi convulsamente cosa dovrà inevitabilmente accadere. Pare porti male sognare dolci. Così come sognare l’oro e i neonati.
Una volta ho sognato neonati con catenine d’oro al collo che spuntavano fuori da maxi dolci con la ciliegina in cima. Non ricordo quale catastrofe abbia comportato.
Certo è che la catastrofe sarà imminente se non mi metto a lavorare con lena per gli esami di settembre. Ne volevo preparare nove, non ne ho ancora concluso uno. Voglio dire, è pur sempre il 14 agosto.

Mood: vagamente produttivo
Listening to: Ligabue – Piccola Stella Senza Cielo
Playing: con Photoshop
Eating: crostata di frutta
Drinking: effettivamente ho sete




Ogni anno, cadono le stelle e con loro il mio mondo un po’ di più.
Scricchiola, si crepa, si sbilancia, frana su se stesso, si riassesta, dinoccolato.


Da qualche anno a questa parte esprimo sempre lo stesso desiderio.
Non va per niente bene.
E’ anche assai patetico.


Alla prossima stella in viaggio, chiederò un trapianto di cervello.


Al-di

agosto 1, 2010

Mood: operativo
Listening to: Paolo Nutini – Rewind
Reading: National Geographic Online
Eating: muffin appena sfornati
Drinking: acqua




Italia, Bari


Durante una di quelle loro chiacchierate, Lavinia gli aveva detto che credere che il mondo finisse all’orizzonte le metteva claustrofobia: in punta di piedi si tendeva verso l’al-di-là, frugava con la curiosità e la fantasia di un bambino e con la sua tenacia riportava qualcosa al-di-qua. Poi lo custodiva nel cuore, lo teneva al caldo anche per quei giorni meno buoni, in cui sorridere le risultava troppo difficile.

*
Lavinia. In parte alter ego. In parte ciò che vorrei essere e non sono.
Lei è una delle donne dei miei racconti incompiuti.
Aspetto sempre che ritorni a chiacchierare con me. Magari di fronte ad un caffè. Poiché per entrambe è un rito.

Scattando questa foto pensavo a Franco Fontana. Conoscerlo, oltre ad avermi letteralmente stregata, mi ha reso più forte delle mie (ancora in fieri) idee espressive.
Quando ho iniziato a fotografare, Photoshop era un punto di passaggio indiscutibile, così come la manipolazione. Adesso non più. Mi limito alle correzioni sui contrasti, sulle dominanti. Mi concedo qualche virata.
Il fatto è che c’è troppa bellezza, troppa poesia nel mondo, così come troppa bruttezza e troppo squallore. Ci sono tante tracce nel modo, tante storie e suggestioni, così come tante emozioni dietro un gesto, uno sguardo, una parete, un incontro tra terra e cielo. A me piace osservarle, coglierle per ciò che potrebbero essere. Interpretarle per come si presentano ai miei occhi. O perchè no?, immaginarle, fantasticarle. Raccontarle.
Dare un sussurro al silenzio o semplicemente accettarlo, senza paura.

Mood: stanca
Listening: il silenzio
Drinking: acqua




France, Nantes, marzo 2013


Poi c’è quel sentore di un pavimento scivoloso, incerto, di un pasto consumato in solitudine e di uno sguardo triste, perso nel vuoto, di un grammofono il cui canto rimbalza per stanze vuote sempre più flebile finché non si fa silenzio.
E non è per il bianconero, né per il cielo bruciato o il tetto scrostato, sapremmo rimediare con i colori e la fantasia.
E’ per quella finestra al centro. Quell’unica finestra sprangata. Quello spiraglio sui recessi ultimi del tuo cuore. Continui a negarmelo.

Ma io resto qui. Fuori. Aspetto. Speranzosa.
Ho il tempo di una vita.

Aspetto sempre tu apra quell’unica finestra sprangata, al centro.

Dopotutto la Reazione

luglio 28, 2010

Mood: selvatico
Watching and Listening to: Scott Matthew – White Horse




Prima o poi anche questo castello di rabbia crollerà, abbattuto dall’onda schiumosa di un’alta marea infuriata.
Forse neanche sarai testimone della prima breccia nelle mura, troppo impegnata ad assaporare l’euforia bastarda della lotta contro la corrente, la tensione bruciante dei muscoli, il respiro affannato che si incastra tra le costole, e sale e vento negli occhi, tra le ciglia, la scalata alle labbra di urla di bimba selvaggia.
Nessuna paura.
Se questa vita è la tua malattia, ha in sé anche la tua cura. E che lo faccia velocemente o lentamente, a scorrerti in vena è il suo desiderio. Per deviazioni, fino al cuore.

Dopotutto la reazione ha mille volti.

*
Quella notte da bimba selvaggia.
Adorando la mano e il cuore che hanno fatto della mia pelle la loro tela da disegnare e colorare.