Sintassi di un’isteria

giugno 12, 2013

Mood: fresco e stanco
Reading: Elio Grazioli, Corpo e figura umana nella fotografia
Listening to: la playlist di quando avevo diciott’anni [voglia di vivere aggrediscimi]
Watching: Hotel Chevalier di Wes Anderson
Eating: spaghetti in funghi, zucchine, piselli e pinoli
Drinking: acqua assai




albert-londe-involuntary-contracture-from-nouvelle-iconographie-de-la-salpetriere

Albert Londe, Involuntary contracture,
from Nouvelle iconographie de la salpetriere.

[astrazione psicosomatica]

Mood: sereno
Reading: Zadie Smith, The Book of Other People
Listening to: vociare e musica nel vento
Eating: riso freddo ancora
Drinking: birra amara con retrogusto di agrumi



Eravamo sedute sulla piccola scoscesa di sanpietrini che, superata la balaustra di pietra bianca e il via vai dei chiunque, finisce nel Naviglio Pavese, Yanna e io a bere una birra amara e chiacchierare mentre Milano si increspava e scorreva via con l’acqua e c’erano nell’aria la musica francese e nel cielo un pugno di stelle, quando ho tirato su lo sguardo e sono stata costretta a frenarlo in quelli di un uomo e di una donna tutti presi a osservare noi che bevevamo una birra amara e chiacchieravamo mentre Milano si increspava e scorreva via con l’acqua e mi è sembrato che questa cosa le loro facce stupite voglio dire dovessero avere un senso in più perché quando ho riportato lo sguardo nella birra sul Naviglio per rialzato subito dopo l’uomo e la donna erano ancora lì a osservare noi che bevevamo una birra amara e chiacchieravamo mentre Milano si increspava e scorreva via con l’acqua.
Allora l’uomo che era tutto un sorriso ha detto di star pensando che d’accordo sarà che a cinquantatrè anni si è un po’ rincoglioniti, ma il Naviglio e noi due appollaiate sul limitare a parlottare dei fatti nostri questa cosa qui gli sembrava molto romantica a Milano dove non capita spesso di.
E io che a questo punto ero tutta un sorriso anch’io gli ho detto che questa cosa qui era un modo per trovare poesia a Milano ‘ché esiste la poesia a Milano anche se la donna che era tutta un sorriso aveva ribattuto che a Milano si fatica a riconoscerla.
E l’uomo che era tutto un sorriso ha concluso con un sorriso più grande ancora ‹‹Voi ci riuscite›› ed è andato via con la donna che era tutto un sorriso

e anche il marmocchietto traballante sotto una pila di bicchieri di plastica che chiedeva con insistenza se avessimo finito la birra per poter ricavare qualche spicciolo dal vuoto a rendere al birrificio anche lui era tutto un sorriso,
Milano intera era tutta un sorriso mentre si increspava e scorreva via con l’acqua.


Devo ormai riconoscere che negli ultimi giorni Milano si fa spazio tra i miei pensieri una badilata emotiva dietro l’altra. Ma questo è l’inizio di una storia che non racconterò stanotte.

#Notes

ottobre 28, 2010

Mood: banana SPRINT!
Reading: Perec, Specie di spazi
Listening to: alza il volume, Hei Negrita!
Eating: cookie al cioccolato bianco
Drinking: caffè ginseg



Ultimamente mi affligge un torpore vacanziero dal web.

Ovvero

Nel calderone ho molta acqua a bollire, mentre le giornate sembrano sempre troppo brevi e mi avvilisce la sensazione diffusa di non concludere mai abbastanza, nonostante io apra gli occhi che il cielo è ancora bianco-Milano ante solem e non li chiuda prima che sia il giorno dopo o direttamente mi esima dal chiuderli, like the last night.

E a volte la vita scorre troppo velocemente per riuscire a fermarla. O semplicemente non si bada a fermarla perché si è troppo impegnati a viverla, ballando su un tram in corsa.


#1

Zulio e Nicolò

La vostra amicizia che, tra birra, musica e lunghe chiacchierate a libere associazioni, cresce bella da sorridere.
Grazie. Ve lo dico troppo poco.


#2

20.10.2010. Milano, quartiere Isola
Reapeting events, proiezioni in loop, dislocate nello spazio pubblico. E’ comune la necessità di riappropriarsene e rivitalizzarlo, pena la decadenza.
A sera, Massimo Zamboni, chiuso dietro la vetrina di un negozio di musica.
Fuori, conoscenti, estranei, cani, seduti stretti sul marciapiedi.
Di mezzo, la sua voce roca, la sua chitarra vibrante e i panorami della Groenlandia proiettati su uno schermo dietro di lui – il suo, un omaggio ad Artic Spleen, di Piegiorgio Casotti.
Evocazione, lacrime, brividi, freddo, tensione.
C’è chi si può permettere qualche stecca e il fuori sincro, perché sa trasformare tutto in poesia.


Un appunto sulle bozze del mio cellulare:

“[siamo] 2 anime perse in una boccia per pesci. d e f o r m a z i o n e”


#3

21.10.2010. Torino dalle forti contraddizioni.
Palazzi borghesi, grandi spazi aperti, aria, tanta, a percorrerli, silenzio, poche anime in giro. E sotto la superficie il sentimento di qualcosa che ribolle. Peso.

Zulio ne Il fantasma di Torino

Zulio e Raffa ne La Mole Antonelliana con Massimo sullo sfondo

Poi le Officine Bohemien, un piccolo locale colorato a caldo, per la prima serata di un Poetry Slam, otto voci diverse, una sfida a suon di versi sul palco. Tra queste, quella dell’amico mio Raffa , pura-ironia-dissacrante, in fin di fine terzo, peccato che in finale ci vadano solo i primi due e lui meritava, oh sì, e non è una questione d’amicizia.
Risate, fischi, ovazioni, un tiramisù in due ed un calice di vino bianco.
E’ incredibile come, sulle onde delle voci dei poeti, amplificate dai microfoni, l’atmosfera di condivisione si faccia facilmente pregnante, come estranei diventino complici, membri di una sola grande famiglia.
Adieu alle coordinate spazio-temporali!
E dalle sponde di un non-luogo e di un non-tempo, il solo pensiero del rientro a Milano è detestabile.



#4

23.10.2010. Milano, vagabondando
Dopotutto si sa che sul grigio si colora facilmente!









#5

24.10.2010. Milano, Magazzini Generali
Gli Hurts a spaccacuore. La musica tocca lasciarla entrare. Permetterle di fare il suo giro in vena, di risuonare anche negli anfratti più bui. E poi quel che ne viene, ne viene. Siano anche lacrime a profusione come le mie.



#6

22.10.2010. Milano
Una notte in quattro, senza chiudere occhio per un solo secondo, Ludovica, Laura, Candelaria ed io. Succede così quando per il giorno dopo sul calendario è segnalata in rosso la consegna di un qualche progetto e la tua barca è ancora bell’e ancorata in alto mare.
Una notte in cui abbiamo fortemente creduto di potercela fare e così abbiamo tirato su un progetto pienamente soddisfacente in tempi da record, ché la pressione si sa produce sempre frutti tanto succosi.
Ma soprattutto, quanto si può guadagnare umanamente, perdendo sonno?
Non vi conoscevo. E’ successo una notte tra i tazzoni di caffè-ginseg e le fotografie, le chiacchierate e le risate isteriche sul lavoro, i collassi improvvisi e le occhiaie in estensione progressiva fino alle labbra. Poi al mattino, sfinite ma super felici con il nostro lavoro stretto tra le braccia, ci siamo ritrovate ad elemosine posti a sedere in metro per non svenire, ad inghiottire cappuccino e cornetto senza capire bene cosa fossero, né che sapore avessero, a correre a perdifiato sulle foglie bagnate verso l’aula, con due ore di ritardo sulla consegna e meno male il collo non ce lo siamo rotto, ed ancora a sostenerci nelle ansie e nelle lacrime pur lecite dopo tanto sforzo fisico e psicologico.
Ho capito di essere cresciuta. Sì, a volte basta una notte. Una notte in quattro, senza chiudere occhio per un solo secondo, Ludovica, Laura, Candelaria ed io. Ed è stato tanto bello.

La mattina dopo.


#7

More & more.
Work in progress.
Go on.

Mood: alla ricerca del coraggio perduto
Reading: parole che avrei tanto voluto non esistessero
Listening to: il ticchettio dell’orologio, ricordarsi di eliminarlo
Watching: vecchie foto, vecchi ricordi




Stasera ho incontrato l’amore, inciso sulla schiena di un ragazzo, seduto su un gradino delle scale interne del mio palazzo, grande che appena ci si passava. Era intento a leggere, non ricordo neanche cosa. Stranamente.
Stasera ho incontrato l’amore, sospeso in una piccola taverna, all’angolo di un vicolo deserto, semivuota e con le luci al neon. Profumava di speranza, fosse quella di accendere i fornelli o di frullare voci e risate in un unico mormorio impercettibile, non ha importanza perché ogni speranza ha il suo valore, non si può piazzarla sui piatti di una bilancia.
Stasera ho incontrato l’amore, aggrappato alle ginocchia chiare di una ragazza in bicicletta sul Naviglio, al loro movimento armonico, sereno, nalle pieghe dalla gonna, l’ho incontrato anche curvato sulla testolina biondo slavato di un neonato in foulard blu, tra le braccia di mamma, poi di papà, due labbra, quattro occhi, un unico sorriso.
Stasera ho incontrato l’amore, disciolto nel vento che mi invadeva le orecchie e faceva sbattere le porte del mio intimo appartamento, nel nero-violaceo del cielo, come veleno di vipera, e nel movimento delle fronde degli alberi, in controluce, poi in un punto luminoso al centro.


Credo che funzioni così.
Basta riconoscere la poesia nella prosa, le parole nei silenzi, la tensione nella calma, la vicinanza nella distanza, l’assoluta ricchezza di ogni dettaglio.
Basta riconoscersi e, che sia per un attimo o “per sempre”, accostarsi, come colori su una tela per sfumare l’uno nell’altro, l’altro nell’uno, confondersi e dare e ricevere e custodire, l’uno all’altro, l’altro all’uno, ogni cosa.
Senza fretta alcuna perché ogni movimento più brusco può spezzare il filo rosso che unisce un’anima ad un’altra. Ad occhi chiusi perché solo il ritmo del cuore è di orientamento durante il viaggio di una carezza, lui solo può condurre il piacere ebbro all’estasi.
Credo che l’amore funzioni così.


Eppure, dopo notti a perdere sonno, notti ad aggrovigliare la matassa attorno al fuso, l’ipotesi più plausibile è che io abbia paura di innamorarmi di te. La realtà è che ormai è già troppo tardi. Nuovamente.
Troppo tardi anche solo per avere paura.