Matita su uno scontrino – 2 espresso, 1 bombolone, 7.30 euro
agosto 13, 2013
Mood: plumbeo
Watching: Jayne Mansfield’s Car di Billy Bob Thornton
Eating: muffin
Drinking: tea
Ho paura di perdere l’entusiasmo,
di arenarmi in uno spazio neutro, vuoto, ininteressante
– senza più esplorare nè desiderare, del tutto impreparata a meravigliarmi,
in poche parole, inabile alla felicità dentro me.
[Parigi, aereoporto Charles de Gaull. 11 aprile 2013.
A matita su uno scontrino – 2 espresso, 1 bombolone, 7.30 euro – che da giorni continuava a spuntare tra le pagine del taccuino con la copertina rigida verde e in ogni pensiero.
Poi oggi sono anche incappata in certe “reliquie di lavori che vengono conservati come tesori di cani sotto la terra del prato” di Sara Ricciardi, voglio dire i fili rossi.]
«Qualcosa intorno alla luce», prima del Capodanno
gennaio 1, 2013
Mood: euforico
Listening to: il silenzio insolito di Milano nei giorni di festa
Eating: castagne
Drinking: te arancia e cannella
Tre anni, trentanove esami – anche se a libretto ne risultano ventidue – e tre abilitazioni dopo,
la tesi.
Che poi, nel mio caso specifico, tesi è il nome che si dà a un’occasione e a un pretesto, quello per lavorare a un nuovo progetto al fondo di un semi-lungo periodo di pausa, nel quale ho vissuto una profonda crisi esistenziale causata dalle famigerate abnegazioni da videomaking, mi sono sentita persa, sola e senza nulla da dire, sono andata e tornata dall’oltre oceano e da un altro paio di luoghi, ho cercato e trovato stimoli e storie da raccontare, fatto e disfatto migliaia di progetti e possibilità, dato gli ultimi dieci esami, cercato di fuggire per ritrovarmi all’improvviso più serena e con qualcosa di molto vicino e a me congenito da esprimere.
Questo qualcosa ha a che vedere con un paio di scarpe al contrario e un vecchio comodino pieno di polvere, ma anche con un uovo di struzzo e un veliero di stuzzicadenti raccolto una domenica in un mercatino dell’usato, con un disegno di Apollo radioso e una Singer del 1940 e tante altre cose stupefacenti,
racconta di «Qualcosa intorno alla luce».
Ora abbiate pazienza. Più o meno tutti vi siete laureati e più o meno tutti avete letto in occasioni passate cosa diventa la mia vita quando mi immergo in un nuovo progetto che dilaga in ogni angolo della mia persona. Mi vengono le crisi d’odio e quelle d’amore a una velocità di alternanza fotonica. Ho bisogno di tempo e non c’è mai tempo, è sempre e comunque tardi, con questi ritmi è difficile essere presente. Senza contare che questo progetto in particolare è per me un’occasione parecchio preziosa e complessa, speciale, e che perciò sono impegnata a vivermelo. Non è ancora arrivato il momento di tirare le somme.
Ho il sospetto che il giorno in cui lo farò, sarà anche per me [una sorta di] Capodanno, fine di un ciclo e inizio di uno nuovo.
A voi però, Buon 2013.
Ottobre 2012, «E dopo?»
ottobre 27, 2012
Mood: sereneggiante
Reading: Paola Bressan, Il colore della luna
Listening to: Bonobo – Noctuary
Watching: Nuovomondo di Emanuele Crialese
Eating: latte e biscotti
Drinking: caffè
Questo ottobre 2012 è un mese inequivocabilmente degno di nota nella mia vita. Per la prima volta in ventitré anni, l’inizio di un nuovo anno accademico non mi ha trascinata di fronte a una qualche cattedra con congruo professorone in tale eccelsissima scienza – senza sottigliare sul fatto che quando ero al liceo dovevo rientrare in aula il primo lunedì di settembre, quando, a Sud dove sono cresciuta, tutto il resto dell’umanità se ne sta ancora abbarbicato sugli scogli per sfuggire alla bollitura a secco e mai nessun istituto si sognerebbe di aprire le porte di quella che sarà certamente una fornace, nessuno tranne il mio che era speciale e aveva anche le reti di sicurezza alle finestre.
Ritornando indietro di qualche riga, fino a prima dell’inciso, e riprendendo le fila del discorso, si tratta di una cosa che letteralmente deforma il tempo di ogni giorno per come ero abituata a viverlo e questo un po’ mi confonde, ma per lo più mi sconfinfera perché adesso, senza darmi alla nullafacenza, né sollazzarmi oltre misura, finalmente posso starmene con i muscoli di qualche centimetro più distesi e persino concedermi un diletto di tanto, in tanto.
Facendo i conti in rapidità, a oggi mi trovo a un esame, una tesi e una dissertazione di distanza dal mio brillante foglio di carta da incorniciare nello studio che mai avrò. A febbraio avrò azzerato anche questi numeri,
«E dopo?»
«Dopo arriverà», rispondo generalmente.
Ebbene, la mia potrebbe definirsi una crisi communis da laureando in merito alla quale non c’è bisogno di aggiungere alcunché. Effettivamente ci sono giorni che mai come adesso mi sono sentita tanto uguale a tutti gli altri.
In realtà io, se mi metto la testa alla rovescia, chiunque potrebbe vedere che non è vuota, ma che è frullata ininterrottamente da un gran numero di idee tutte di prima classe, desiderabili e persino attuabili, ma tutte intrugliate con un numero superiore di eventualità, cause e effetti precisabili da me, dagli altri, dalle situazioni, dal caso, cioè da tante cose che – chiunque converrà con me – variano di giorno, in giorno, e sulle quali non si può fare affidamento quando si tratta di prevederne gli esiti. Un matematico definirebbe questa condizione “sistema complesso”, se fosse più pignolo “sistema caotico”.
Del resto io, se mi metto a pensare al dopo, mi distraggo subito perché non voglio fare come chi se ne va lontano dal presente a causa di un’attrazione superiore per il futuro che, invece, io dico, si riempirà delle cose che saranno passate sicché adesso mi limito – se di limitazione si può parlare, senza farmi torto – a vivere al meglio che posso tutto quello che mi circonda, “sistema complesso” incluso.
Accordo però che, tra gli elementi che mi rimescolano il cervello, il più frequentemente a galla è esodo
1 // da me che, determinata come sono nell’inseguire quello che voglio e abituata a superare ogni momento di crisi, non ho voluto riconoscere di essermi ridotta con i nervi a pezzi nell’ultimo anno, errore mai tanto grande perché adesso l’unica cosa che mi va a fagiolo è stare appesa a testa in giù dal ramo di un albero mentre il mondo fa avanti e dietro e io lo interiorizzo per alimentare il mio genio ammutolito.
2 // da uno Stato che, miseria di offerta di lavoro a parte – a maggior ragione per eretiche come me che osano pensare di poter svolgere una professione di appannaggio maschile –, ma non del tutto, si arricchisce di “puttanieri, faccendieri e tragattini”, demolisce continuamente i diritti fondamentali dell’essere umano in virtù di una legge tutt’altro che laica, millanta un ideale di democrazia che non bacia la realtà tanto più perché è vuoto fin dalle origini dei concetti di cittadino e di popolo sicché tutti l’importante è il mio piatto di pasta due volte al dì, per quello si può scendere in piazza, fottere e ammazzare, ma del bene comune, dello Stato sociale – quei famosi – chissenefrega, e quali virtù, quali beni può trasmettere tutto questo al piccolo figlio – che forse mai avrò – quando dovrà insegnargli a stare al mondo, quale serenità a me che non mi ci riconosco e che me ne vergogno? Dicono che ho il dovere di essere arrabbiata e giuro, lo sono. Fino a qualche anno fa, sarei anche stata nelle schiere di chi resta a dare capocciate contro i muri, guadagnando infine [con tempi da olocene] piccole crepe interstiziali – tanta stima a riguardo –. Ma onestamente io, non che abbia mai affinato un forte sentimento di italianità e questo scombussola un po’ i fatti: oggi andrei via perché vedo mancare le condizioni per restare o forse semplicemente perché oggi sono geneticamente italiana più di qualche anno fa e voglio interessarmi di me soltanto e non dell’Italia.
Fra l’altro, prima o poi, dovrà arrivare il momento in cui fare per davvero i conti con la mia irrequietezza che tanto mi spinge a vagabondare, tanto mi tormenta – talvolta morbosamente – con la ricerca delle radici.
Certe Psyco-Notti
giugno 24, 2011
Mood: fluttuante incerto
Watching: l’alba
Eating: un cornetto, direi, a breve
Drinking: caffè
Con: Lorenza Fumagalli
Regia: Dorotea Pace
Direzione della Fotografia: Dorotea Pace
Operatore: Giulio Volpe (Zulio mio)
Sound Design: Giulio Volpe (Zulio mio)
Questo è un piccolo video realizzato per l’esame di Direzione della Fotografia in Naba. Lungo una una nottata e insieme ad altri video di altri compagni di corso, c’è bisogno di specificarlo?
No, perché durante le sessioni di esame, certe Psyco-Notti a cercare idee che non sempre arrivano, buttare giù caffè e sentire il tempo correre veloce… sono l’ordine del giorno.
“Puoi pure spegnere la luce, Dò, c’è il sole!”
Così anche oggi abbiamo visto l’alba Zulio, Laura ed io, lavorando e ridendo*, chè non siamo ancora andati a dormire e di fatto non abbiamo più sonno, ma andremo a dormire noi ora, ci andremo, ci stiamo andando, a due ore dalla sveglia!
Buonanotte.