To become me medesima

aprile 12, 2012

Mood: disteso
Listening to: l’acqua che sgocciola giù per i tubi e le cornacchie, musica concreta
Watching: il nuovo moderno citofono che hanno installato or ora nella casa hollandese con astio, io rivoglio subito il vecchio citofono vintage
Eating: il cheesecake che mangerò a breve
Drinking: il cappuccino che berrò a breve



Pensavo stanotte poco prima di – provare ad – addormentarmi che non ci avevo mai pensato, io su tutto, quanto di più significativo abbia mai vissuto nella vita fino a qui è stato che, cercando di differire liberarmi elevarmi da me medesima per diventare qualcos’altro–ve– di più arioso vasto sconfinato non ho fatto che avvicinarmi somigliare diventare me medesima.

Pensavo anche, questo a causa di una condizione geofisica instabile per la quale mi ritrovo da qualche settimana a ragionare in tante lingue allo stesso tempo nessuna bene per davvero ma tutte un po’ all’incirca quasi, pensavo insomma sempre stanotte in quel poco prima di – provare ad – addormentarmi che l’inglese “to become” esprime il concetto che io mi sto rigirando nella testa assai meglio dell’italiano “diventare” dal momento che l’inglese “to become” è, così mi suggerisce l’accostamento di “to be” e “to come”, il (di)venire verso un (modo d’)essere l’approssimarsi.


Questo (in una certa forma) è un ringraziamento a me medesima.

#Notes

ottobre 28, 2010

Mood: banana SPRINT!
Reading: Perec, Specie di spazi
Listening to: alza il volume, Hei Negrita!
Eating: cookie al cioccolato bianco
Drinking: caffè ginseg



Ultimamente mi affligge un torpore vacanziero dal web.

Ovvero

Nel calderone ho molta acqua a bollire, mentre le giornate sembrano sempre troppo brevi e mi avvilisce la sensazione diffusa di non concludere mai abbastanza, nonostante io apra gli occhi che il cielo è ancora bianco-Milano ante solem e non li chiuda prima che sia il giorno dopo o direttamente mi esima dal chiuderli, like the last night.

E a volte la vita scorre troppo velocemente per riuscire a fermarla. O semplicemente non si bada a fermarla perché si è troppo impegnati a viverla, ballando su un tram in corsa.


#1

Zulio e Nicolò

La vostra amicizia che, tra birra, musica e lunghe chiacchierate a libere associazioni, cresce bella da sorridere.
Grazie. Ve lo dico troppo poco.


#2

20.10.2010. Milano, quartiere Isola
Reapeting events, proiezioni in loop, dislocate nello spazio pubblico. E’ comune la necessità di riappropriarsene e rivitalizzarlo, pena la decadenza.
A sera, Massimo Zamboni, chiuso dietro la vetrina di un negozio di musica.
Fuori, conoscenti, estranei, cani, seduti stretti sul marciapiedi.
Di mezzo, la sua voce roca, la sua chitarra vibrante e i panorami della Groenlandia proiettati su uno schermo dietro di lui – il suo, un omaggio ad Artic Spleen, di Piegiorgio Casotti.
Evocazione, lacrime, brividi, freddo, tensione.
C’è chi si può permettere qualche stecca e il fuori sincro, perché sa trasformare tutto in poesia.


Un appunto sulle bozze del mio cellulare:

“[siamo] 2 anime perse in una boccia per pesci. d e f o r m a z i o n e”


#3

21.10.2010. Torino dalle forti contraddizioni.
Palazzi borghesi, grandi spazi aperti, aria, tanta, a percorrerli, silenzio, poche anime in giro. E sotto la superficie il sentimento di qualcosa che ribolle. Peso.

Zulio ne Il fantasma di Torino

Zulio e Raffa ne La Mole Antonelliana con Massimo sullo sfondo

Poi le Officine Bohemien, un piccolo locale colorato a caldo, per la prima serata di un Poetry Slam, otto voci diverse, una sfida a suon di versi sul palco. Tra queste, quella dell’amico mio Raffa , pura-ironia-dissacrante, in fin di fine terzo, peccato che in finale ci vadano solo i primi due e lui meritava, oh sì, e non è una questione d’amicizia.
Risate, fischi, ovazioni, un tiramisù in due ed un calice di vino bianco.
E’ incredibile come, sulle onde delle voci dei poeti, amplificate dai microfoni, l’atmosfera di condivisione si faccia facilmente pregnante, come estranei diventino complici, membri di una sola grande famiglia.
Adieu alle coordinate spazio-temporali!
E dalle sponde di un non-luogo e di un non-tempo, il solo pensiero del rientro a Milano è detestabile.



#4

23.10.2010. Milano, vagabondando
Dopotutto si sa che sul grigio si colora facilmente!









#5

24.10.2010. Milano, Magazzini Generali
Gli Hurts a spaccacuore. La musica tocca lasciarla entrare. Permetterle di fare il suo giro in vena, di risuonare anche negli anfratti più bui. E poi quel che ne viene, ne viene. Siano anche lacrime a profusione come le mie.



#6

22.10.2010. Milano
Una notte in quattro, senza chiudere occhio per un solo secondo, Ludovica, Laura, Candelaria ed io. Succede così quando per il giorno dopo sul calendario è segnalata in rosso la consegna di un qualche progetto e la tua barca è ancora bell’e ancorata in alto mare.
Una notte in cui abbiamo fortemente creduto di potercela fare e così abbiamo tirato su un progetto pienamente soddisfacente in tempi da record, ché la pressione si sa produce sempre frutti tanto succosi.
Ma soprattutto, quanto si può guadagnare umanamente, perdendo sonno?
Non vi conoscevo. E’ successo una notte tra i tazzoni di caffè-ginseg e le fotografie, le chiacchierate e le risate isteriche sul lavoro, i collassi improvvisi e le occhiaie in estensione progressiva fino alle labbra. Poi al mattino, sfinite ma super felici con il nostro lavoro stretto tra le braccia, ci siamo ritrovate ad elemosine posti a sedere in metro per non svenire, ad inghiottire cappuccino e cornetto senza capire bene cosa fossero, né che sapore avessero, a correre a perdifiato sulle foglie bagnate verso l’aula, con due ore di ritardo sulla consegna e meno male il collo non ce lo siamo rotto, ed ancora a sostenerci nelle ansie e nelle lacrime pur lecite dopo tanto sforzo fisico e psicologico.
Ho capito di essere cresciuta. Sì, a volte basta una notte. Una notte in quattro, senza chiudere occhio per un solo secondo, Ludovica, Laura, Candelaria ed io. Ed è stato tanto bello.

La mattina dopo.


#7

More & more.
Work in progress.
Go on.