Indovina che manca a cena? – Momenti di Pane // Online
aprile 19, 2012
Mood: perplesso
Reading: appena sveglia, ancora nel letto, come non succedeva da un po’
Listening to: Devendra Banhart – Feel just like a child
Watching: il cielo pesante che minaccia di rovinare la serata
Eating: a breve, il mio stomaco reclama
Drinking: tequila sale e limone
Indovina che manca a cena? che Lou, Raffa e io abbiamo realizzato per il progetto Momenti di Pane – Mulino Bianco, in collaborazione con l’Agenzia Network e NABA – lo ricordate, vero che lo ricordate, suvvia che lo ricordate? Se non lo ricordate, vi metto in mano lo straccio per rispolverare le puntate precedenti qui e siete in regola!
Da questo pomeriggio, Indovina che manca a cena? è finalmente online sulla pagina Mulino Bianco dedicata al progetto Momenti di Pane, insieme a Il trascoloco, l’altro video in concorso. Io vi passo sottobanco l’antemprima, ma voi andate a votarlo qui?
Collaborereste a regalarci un pezzetto di America. E questa volta no, non è una metafora. Il premio per il vincitore del concorso è una settimana a Santa Fè!
Grazie a chi ci voterà!
Cartoline per tutti!
Indovina che manca a cena? – Momenti di Pane // Backstage più un paio di considerazioni post-set
febbraio 12, 2012
Mood: vagante, ma fondamentalmente sereno
Listening to: Low – Drag
Watching: i lineamenti dei volti sconosciuti che s’incontrano nella metro
Playing: a modellare un orologio da taschino in treddì per l’esame di treddì che dipendesse da me non esisterebbe
Eating: mozzarella finta e maionese, quando si dice la sanità alimentare
Drinking: caffè
Fotografie di backstage scattate da Zulio
– con buone probabilità anche da qualcun’altro in giro per il set –
Se guardo col famigerato senno di qualche giorno dopo al set di Indovina che manca a cena? per il progetto Momenti di Pane – Mulino Bianco, in collaborazione con l’Agenzia Network e NABA – mi sembra di poterlo annoverare senza esagerazione tra gli spartiacque che segneranno la mia carriera professionale perché mi ha sbattuta faccia a faccia con una dimensione che fin’ora mi era rimasta sconosciuta e che è quella di quando gli obiettivi, le problematiche e le dinamiche si fanno più grandi della conoscenza che se ne possiede. Potrei anche scrivere che è stato facile portare a casa un buon risultato, ma per me è stato maledettamente difficile al punto da spogliarmi di parte della visione romantica che avevo sul mio lavoro.
Detto ciò, Indovina che manca a cena? è stata un’esperienza di reale maturazione tanto professionale, quanto personale. Tengo a ciascuna delle osticità che ho incontrato sul set di Indovina che manca a cena? in modo particolare perché, malgrado queste, il lavoro che abbiamo portato a casa è molto buono, ma soprattutto perché, per reazione immmediata a queste, ho sentito consolidarsi tutte le mie aspirazioni e quindi la mia urgenza di crescere crescere crescere e poi superarmi, devo punto c’è in discussione quello che voglio fare della mia vita quello che reputo importante e non serve fermarsi a discuterne oltremodo.
Quindi grazie a Raffaele e Laura, miei compagni fin dal primissimo secondo, e ancora di più a tutti quelli che hanno lavorato in team con noi a Indovina che manca a cena?, rendendolo soddisfacente così com’è con leggerezza nonostante le difficoltà, io as always mi risparmio l’elenco per una lettura più agevole, a questo provvederanno i titoli di coda.
Da tabella di marcia, Indovina che manca a cena? sarà online il primo marzo, insieme al cortometraggio sul quale ha lavorato il secondo team selezionato per il progetto Momenti di Pane, composto da Zulio, Matteo Stefan e Federico di Corato, per altro stimati colleghi [qui Zulio racconta del lavoro del quale si sono occupati].
Da questo momento in poi, voi utenti del uorld uaid uéb in piena libertà potrete insultare o votare il progetto che ha scoccato la freccia più veloce nel vostro cuoricino, cosa che sarebbe assai più gradita di qualsiasi insulto perché noi due team di lavoro per un po’ ci faremo la guerra silenziosa sul uéb a causa di quella settimana studio a Santa Fe che è il premio finale per il team vincitore e che per sua natura fa gola a tutti e sei. Basterebbe dire che Laura e io, già da una settimana, ci sogniamo con le ciglia finte e il sombrero mentre dal New Mexico ci caliamo in Messico e poi sempre più a Sud, un pomeriggio siamo arrivate fino in Patagonia. Ma questa è già un’altra storia.
Cut Off, il backstage c’è!
novembre 18, 2011
Mood: facilmente irritabile, causa raffreddore
Playing: ad arricciarmi il riccio, brutto vizio che minaccio di riprendere
Watching: Kanye West – Runaway (cazzo di tamarri!)
Eating: tofu e patate al forno
Drinking: tanta acqua
Lo so, lo so, sono passati sei mesi dalla fine delle riprese di Cut Off e da che mi ero riproposta di pubblicare il backstage. Ma vabbè, i tempi lunghi qui non sono una novità!
Le fotografie sono state scattate per lo più da Lou (aiuto regia e segretaria di edizione) e Nicolò (costumista), qualcuna anche da me tra la preparazione di un set e l’altro.
Rivedendole dopo tanto tempo, ritrovo nel mezzo qualcosa di ciò che sono stati quei giorni e ne sorrido bellamente. Eravamo quasi vergini del set, giocavamo di più. Resta ben inteso che anche se oggi ci siamo inoltrati in una turbina meno infantile, fare un film è una tra le esperienze più fenomenali che conosca.
Nel giro di una settimana, catapulteremo nel vuorld vaid vueb Cut Off e chiunque potrà lapidarlo o gettargli una rosa. Io spero solo che, in qualsiasi modo, venga ascoltato.
Intanto ieri Zulio mi ha chiamato per darmi una bella notizia. Cut Off è tra i finalisti del Cort’O Globo Film Festival.
(e tanto per concludere a dovere, faccio notare che in queste fotografie si può rintracciare con facilità l’origine de La Daina Production alias Le nostre brutteproduzioni.)
Del cosa/come/quando/perchè del cortometraggio mio e di Zulio
Maggio 19, 2011
Mood: indefinito/indefinibile
Reading: il piano di produzione del cortometraggio mio e di Zulio
Listening to: il respiro di un corpo addormentato
Watching: l’alluce del mio piede sinistro
Playing: ad essere forte, fortissima
Eating: timballo di cereali e radicchio
Drinking: acqua
Si diceva in un’occasione e più del cortometraggio mio e di Zulio, ma del cosa/come/quando/perché di questo cortometraggio mio e di Zulio non s’è ancora mai scritto degnamente.
Indi.
Il cortometraggio mio e di Zulio nasce lo scorso ottobre come un’urgenza universitaria, in qualità di esame di regia, a partire da un’idea embrionale di Zulio successivamente elaborata e definita all’unisono.
Racconta della bambina Sofia che in casa della sua vecchia zia un po’ pazzerella scova un registratore portatile per audiocassette e lo manda in play. Racconta del suono e del silenzio, di come si confondono e si distanziano, alterando le prospettive fino a sfiorare l’incomunicabilità. Non a caso l’abbiamo intitolato Cut Off, che è la soglia tra un massimo ed un minimo e l’azione della loro scissione, ma anche un filtro di lavorazione dell’audio che taglia via certe frequenze prederminate.
Nel corso di cinque lughimabrevi mesi di lavoro, il cortometraggio mio e di Zulio è cresciuto nel tepore dei nostri cuoricini ed è diventato il chiodo fisso di giorni e giorni, un pensiero che al solo sfiorarlo si accende e prude sotto la pelle perché, quel ch’è giusto, a noi sta venendo alla testa una certa passione, una certa voglia di giocarcela al di là di un semplice esame e poi chissà, ma intanto si lavora e si lavora duro.
Chè a fare un film non ci vuole poco e prima di arrivare sul set e chiamare “Silenzio, Motore, Azione!” e mettersi a riprendere bisogna pensare e scrivere e organizzare, pensare e scrivere e organizzare, pensare e scrivere e organizzare tutto, il soggetto, la sceneggiatura, la regia, la fotografia, l’audio, l’attrezzatura, quella da chiedere alla scuola e quella da acquistare, gli attori, le locations, i sopralluoghi, i costumi, quelli da ricercare e quelli da far realizzare, le prove, la crew di lavoro, il trasporto e lo spostamento, i tempi, il piano di lavoro giorno per giorno, i costi, il perché e il valore di ogni più piccola scelta e via così.
Certo, il nostro è solo un cortometraggio, mica Ben-Hur, ma insomma, sarà la suddetta passione o la nostra natura o forse tutt’e due, ma qui facciamo i videomaker in erba seri e pure decisamente spostati verso la megalomania, che poi tutto sta nel ricercare la massima concretizzazione delle nostre idee, anche a costo di qualche sacrificio in più.
Zulio ed io, a lavoro su un set per le prove luci, in versione “Basta crederci”
Nel corso di cinque lunghimabrevi mesi di lavoro, tutto quello che c’era da fare, Zulio ed io lo abbiamo fatto insieme, abbiamo messo in gioco le nostre sensibilità artistiche ed umane, ci siamo scazzati perché due teste e due cuori diversi per natura non concordano a priori su tutto, anzi spesso seguono percorsi totalmente diversi e Zulio ed io siamo capaci di discutere per ore e ore, accorgendoci solo alla fine che stavamo dicendo la stessa cosa, ma con parole diverse, motivo per cui abbiamo spesso dovuto cercare il compromesso. Ma quel che più conta, Zulio ed io ci siamo affiatati e ci siamo conosciuti un po’ più nel profondo, dove prima ci negavamo.
A pensarci, il cortometraggio mio e di Zulio è saturo di piccoli dettagli umani. C’è la location che è la casa dei nonni materni di Zulio, sotto casa di Zulio, a Bassano del Grappa, ma i nonni di Zulio non ci sono più ed osservarla e scorticarla per conoscerla, scoprirne gli angoli e gli oggetti, sconvolgerla per le nostre esigenze narrative, è un po’ come aggirarsi nella vita di qualcuno che non conosci, ma che, giorno, dopo giorno riscopri un po’ più intimo, riconoscendolo tra i libri e le pile di dischi, le fotografie e i vestiti, la polvere e le impronte sui rami, sulle bottiglie e sui feticci di viaggio e i giorni di quieto trambusto, rimasti incuneati tra le pareti, iniziano a pulsare nelle orecchie. Ci sono i nostri viaggi notturni a musica alta e poi bassa, man, mano che l’abitacolo si impregna di parole sussurrate e la strada si fonde in un fiume luminoso e ci sono gli aperitivi sul ponte di Bassano a fantasticare in grande e ridere del futuro e poi la stanchezza fisica e mentale, ma ancora la voglia di arrivare in fondo e farlo ridendo. C’è la nostra piccola attrice che ha scritto una storia per noi, “i registi”, e ci sono tutte le persone incontrate con la loro età e i loro racconti, qualcuno persino in dialetto veneto, e la consapevolezza che quando consenti alla vita di entrarti nel sangue e fare il suo giro, certamente ti stupirai di quanta ce ne sia per le strade del mondo e di quanto tempo si possa sprecare a smarrirsi tra futili cavilli da burocrazia esistenziale, ché spesso tutto è più semplice di come ce lo macchiniamo nella testa. C’è tanto altro e ci sarà tanto altro ancora. Domani partiamo, io e Zulio e Laura e Nicolò che ci aiutano in quest’impresa, facciamo una buona squadra. Partiamo per Bassano del Grappa con la macchina stracolma di tutto il necessario per fare un cortometraggio e la nostra ansia ed euforia in parti uguali. Poi venerdì mattina iniziamo le riprese, quelle serie, e le concludiamo lunedì e la sola idea è strana, dopo cinque mesi di lavoro di preparazione, mi si rimescola dentro lo stesso intruglio che agita una donna prima di salire all’altare, così dicono succeda.
E allora, let’s go!, si prospetta un bel trancio di lavoro e lavoro e vita e vita e vita e vita e riuscirà bene, ce lo sentiamo. «Stai serena. Sarà un successo!» mi ha appena scritto Zulio. Le carte sono tutte in regola, sì, sono davvero in regola.