Mood: sereno
Reading: Janne Teller, Niente
Listening to: Steve Miller Band – Mary Lou
Watching: Her di Spike Jonze
Eating: concentrati di calcio e vitamine
Drinking: acqua




dorotea pace
dorotea pace
dorotea pace
dorotea pace
dorotea pace
dorotea pace

Scotland, Edinburgh, Arthur’s seat, 16 March 2014. Marilù and me.

Mood: carico
Reading: Elogio dei fatti di Lee Marshall
Listening to: Vadoinmessico – Teeo
Watching: la Westland Floating Flower Parade attraverso Delft
Eating: yogurt alla vaniglia
Drinking: spremuta d’arancia




white sands | dorotea pace | photography

USA, New Mexico, White Sands. 28 luglio 2012


Io ho l’impressione che tutta la mia geografia interiore sia stata rimodellata dal vento d’America, non credo di sbagliarmi, ho scritto d’impulso al ritorno un anno fa.
E non mi sbagliavo affatto.

A distanza di un anno, il deserto, quando ci penso,
i crinali abbacinanti di fresca sabbia bianca a perdersi incastrati sotto i volumi del cielo bassissimo appartengono a quelle esperienze che se non avessi vissuto sarei per certo stata una persona diversa.

Mood: sereno
Listening to: Hindi Zahra – Stand Up
Watching: Jessica Tremp’s
Eating: assai, troppo… rotolo.
Drinking: tea




dorotea_pace_photography dorotea_pace_photography

Holland, Kijkduin
Mood: calmo
Reading: Jonathan Safran Foer, Ogni cosa è illuminata
Listening to: Steve Miller Band – The Joker
Watching: il quarto di luna su Milano sola ad agosto
Playing: all’allegra casalinga
Eating: insalata mista che pare non saziare
Drinking: acqua

Vandyke Brown print from digital negative, Rives BFK paper, 17×13 cm

Ecco qua, è un privilegio, te ne rendi conto, il vento quello che in America ruggendo con furia piega e impronta la vastità di un mondo elementare al di sopra delle cose umane e la solennità dei volti incartapecoriti ritorti all’imbrunire. È un privilegio, te ne rendi conto, il vento d’America che se ti ci inabissi è come macinare spazi e tempi per scivolare in una solitudine perfetta dove i pensieri non hanno gravità neanche posano nella mente c’è soltanto il vento quello che in America ruggendo con furia
(ti attraversa)
E sebbene tu stia contemplando e niente più in una qualche forma, lo avverti, i processi di trasformazione sono in atto.

Io ho l’impressione che tutta la mia geografia interiore sia stata rimodellata dal vento d’America, non credo di sbagliarmi.

Ci sono ai miei piedi valige piene di storie da raccontare che fanno ressa e si ingarbugliano.

***

Per quanto riguarda la fotografia che ho pubblicato in cima, ci tengo a scriverlo, io ci sono molto affezionata. Appartiene al gruzzolo di prime stampe che ho realizzato in camera oscura durante il workshop Alternative Process of Photography tenuto da Chris Neil che ho seguito alla University of Art and Design di Santa Fe. Soprattutto appartiene all’atmosfera romantica di un’esperienza gigantesca che ha portato parecchi stimoli e nuove prospettive al mio sguardo e alla mia capacità di visione che nel corso degli ultimi mesi ho spesso accusato di stanchezza e pesantezza.

L’originale da cui ho tratto il negativo per la fotografia che ho pubblicato in cima – che per altro così messa perde del suo particolare sapore tattile – è questo.

Lei in fotografia è Sara Ricciardi – questa fotografia è anche un po’ Sara Ricciardi -, [neo-trovata] compagna di viaggio eccezionale, ne scriverò ancora tanto raccontando dell’America. Quando ho scattato questa fotografia eravamo in viaggio attraverso il Gran Canyon in Arizona, Raffa portava la macchina alla giusta velocità che è quella in accordo perfetto col vento, la radio passava una bellissima musica spagnola e Sara giocava con la testa e le braccia slanciate fuori dal finestrino afferrava tra le dita una folata in mezzo a mille altre la lasciava andare ne afferrava un’altra e sul suo volto non c’era nessun segno del tempo passato, posso fare una cosa come quando ero bambina?

Flessi-bile

gennaio 5, 2012

Mood: sfiancato
Listening to: Kimbra – Settle Down
Reading: nozioni di fisica per il buon elettricista cinematografico
Watching: due strambi uccelli verdi attaccati a un ramo pericolante
Playing: ad andare ancora un po’ più in là
Eating: con un po’ di fatica
Drinking: caffè



Ho riflettuto molto sulla rigidità con cui gli uomini di tutto il mondo ricercano e incanalano bisogni, aspirazioni, passioni, la realtà intera. Come se le cose dovessero andare esattamente nel modo in cui le programmarono al principio, quando invece è più probabile che col tempo cambino sempre e soltanto di più.

Eppure non smetto di pensare a come l’erba ciondola e gli uccelli volano nelle intemperie. A quel loro modo armonioso di andare alla deriva e riaversi, di battagliare per se stessi, accordandosi a meraviglia con le rotte dei venti incalzanti. È evidente che in natura, la capacità di sopravvivenza si misura con la virtù della flessibilità.

flessibile
[fles-sì-bi-le] agg. dal lat. flexìbile, da fléxus+bilem
1. che può piegarsi/essere piegato, senza rompersi
sinonimi: elastico, pieghevole
contrario: rigido
2. che può cambiare e adattarsi, in relazione a circostanze e contesti differenti
sinonimi: adattabile
contrario: inadattabile



[la fotografia fa parte di un progetto realizzao a Roma dal fotografo newyorchese Richard Barnes, sul volo degli stormi degli uccelli. L’intera sequenza fotografica, Murmur, è disponibile sul suo sito web personale. Ho sviluppato una specie di patologia che mi porta ad andare a vederla una volta al giorno.]


Io per un po’ continuerò a camminare in direzione opposta al vento, a resistere alla violenza con cui mi schiaccia i muscoli della faccia. Solo per l’estasi che mi trasmette muovermi controvento e dar guerra con tutto il corpo, fino a sentire i muscoli stridere. Lascio allo sconforto di un istante ogni pretesa di eternità e incorruttibilità. Sono decisa ad abbracciare tutto il cambiamento che mi sta precipitando dentro. Ad adattare l’apertura delle braccia e la velocità del passo per non finire schiacciata da una corrente opposta. A riversarmi nelle emorragie della vita che mi percorrono incessantemente. Forse, più che flessibile, io sono liquida.

Senonché talvolta, mi domando quale sarà l’ultima cosa di me che resterà, quando sarò del tutto sciolta. Quale il mio nocciolo indiscutibile. Quello da quale mi sono elevata e quello nel quale mi rannicchierò. Quello dal quale riemergerò.

Mood: annoiato e divertito, mai sia un solo sentimento alla volta!
Reading: Ho freddo alle calze di Eta (brividini)
Listening to: Le luci della centrale elettrica – Un campo lungo cinematografico
Watching: la pioggia
Playing: a trotterellare da un negozio a un altro per procurarmi una tessera ricaricabile per i mezzi di trasporto pubblici olandesi
Eating: cereali
Drinking: caffellatte






Impazzire, giorni interi, per capire il nuovo funzionamento dei mezzi in Olanda.
Riuscirci.
Impazzire, altri giorni interi, per entrare in possesso di tutto il necessario.
Riuscirci.
Uscire di casa finalmente stamattina per prendere il bus 130 che porta a Delft – un giro al mercato e un cappuccito all’Uit De Kunst (persino il sito uèb di questo locale è strafigo!)
Scoprire che acquanevica.
Rientrare in casa per infilarsi negli impermeabili – mai ci furono colori più appropriati!
Uscire di nuovo di casa.
Scoprire che acquanevica più forte e si è alzato un vento da botte.
Rientrare in casa per restarci ‹‹finché non spiove››.

L’esito demenziale è in cima alla pagina: ‹‹Mamma, fai “yo”!››
… 8… 9… 10, click!
Groeten uit Holland!
(Mia mamma è una figa!)


Il fatto è che sto dando di cotenna. Ho urgente bisogno di sfuggire a questa stasi e muovermi, muovermi, muovermi, vedere, fare, viaggiare – e sai la novità?! -. Sicché, potresti, caro caso, non remarmi contro? Cristiddio! Riproviamo a uscire.