Schizzi d’Attore – Comunque non è amore (sennò non mangerebbe)
febbraio 3, 2013
Mood: sottomarino
Watching: le montagne all’orizzonte in un insolito cielo blu milanese
Eating: Kinder Cereali
Drinking: caffè
Ormai quasi due anni fa – ma ricordo benissimo la luce e lo stato emotivo di quel mattino – ho prodotto un’immagine molto mia, tant’è che poi è finita nel progetto fotografico Intrografie dello stesso anno, nel quale visualizzavo il processo della mia intimità in un momento di cambiamento, per non dire stravolgimento, cruciale – di lì poi, c’è stato tutto il resto e, giorno dopo giorno, sono arrivata Io, al punto in cui sono oggi.
Quest’immagine molto mia ieri se n’è andata a Roma per stamparsi – con un leggero ri-editing – nella locandina del secondo appuntamento della rassegna Schizzi d’Attore, a cura di Studio Orale Arte dell’Attore diretto da Salvatore Cardone e presentata da Spazio Colibrì Libreria Musica Arte.
Nella pagina Facebook dedicata all’evento trovate tutte le informazioni in merito alla rassegna e alla performance dell’8 febbraio, Schizzi d’Attore – Comunque non è amore (sennò non mangerebbe), un monologo dall’Ulisse di James Joyce, interpretato da Paola Giglio.
Dunque, Signori che sarete a Roma l’8 febbraio alle ore 21, perché non andarci?
A me non resta che ringraziare lo Spazio Colibrì e Luca Romano per aver trovato quest’immagine molto mia e avermi proposto la collaborazione. Fa piacere.
Sinossi in Tre Atti di una Storia d’Amore Qualsiasi
agosto 31, 2010
Mood: tipo come quando c’hai le mestruazioni
Listening to: Niccolò Fabi – Qualcosa di meglio
Reading: roba da esami
Drinking: Santal, i colori della salute, tutt’e cinque
Eating: polvere milanese
Atto primo
Il cielo, una strada, ombre del sole a mezzogiorno.
Lei cammina. Lui anche. Poi Lui rallenta il passo e resta indietro. Lei se ne accorge, rallenta il passo, poi si ferma. Gli sorride per nascondergli il terrore di perderlo. Allora gli tende la mano e aspetta che Lui la raggiunga. Aspetta tutto il tempo necessario affinché Lui le torni a camminare al fianco. Solo allora riparte. Insieme a Lui.
Atto secondo
Lo stesso cielo, la stessa strada, le stesse ombre del sole a mezzogiorno.
Lui cammina. Lei anche. Poi rallenta il passo e resta indietro. Lui se ne accorge, indugia, la richiama a sé con piccoli gesti. Ma non si ferma mai ad aspettare che Lei torni a camminare al suo fianco. Piuttosto le cammina avanti. Finché Lei, correndo, non lo raggiunge nuovamente.
Coro
Così. Per anni. Senza mai cambiare.
Atto terzo. Una lettera.
Resta troppo a lungo sulle labbra il sapore della tua pelle, amore mio.
Mentre tu vai via, scortato sempre da un manipolo differente di ragioni a giustificarti.
Ed in loro presenza, io, che pur non capisco il loro verbo straniero, annientata la protesta, silenziosa, passiva, penosa a me stessa, chinerò sempre il capo, le accoglierò come cosa buona e giusta.
E continuerò ad aspettarti, a cercarti, tessendo e disfacendo ogni notte il velo d’amore e d’odio, d’ogni cosa e del suo contrasto, perché tra le tue braccia, amore, è pieno di equivoci. Lì in mezzo è come su un’altalena.
Ma io sono stanca. Quanta fatica mi costi? Quanta vita? Invano. Quasi.
Voglio scendere. Voglio terra-ferma.
So che non mi fermerai, né mi seguirai. Purtroppo.
Scusami allora se ho deciso di andare via io prima che lo faccia tu ancora una volta.
Lei.
Non una lacrima.
Un bacio. Caldo e umido come la più carica tra le lacrime.