Mappa di uno smarrimento

giugno 10, 2015

Mood: euforico
Reading: Patti Smith, Just kids
Listening to: Pashmak – Let the Water Flow
Watching: il via vai in aereoporto a Maastricht [destinazione: Bari]
Drinking: acqua



Potrà sembrare ai più che io mi stia disperdendo [genio, potenzialità e capacità] praticando da mesi, piuttosto che la mia vocazione al cinematografo, i più svariati e ordinari sbarcalunari, cose come l’impiegata d’ufficio, nonché la cameriera, la lavapiatti, la pastaia, la babysitter e niente poco di meno che le pulizie, io! alla maniera di quelli senza vedute sul futuro e porco mondo!, se uno va fino in Olanda dovrebbe quanto meno inseguire un’ambizione professionale, non ti pare?

Succede senz’altro a taluni di venire alla svelta al dunque della propria affermazione. Io no. Primo sottinteso: l’obbligo a sostenermi, ovverosia a pagare i conti. Che succede se non mangio? Perché l’affitto di un mese costa tre quarti dei miei guadagni? Pago il fisioterapista o il cibo e l’affitto? Ma, querelle pratiche a parte, nel corso di questi due anni ho dedicato un’attenzione particolare alla scoperta delle mie passioni e agli elementi e alle circostanze della mia soddisfazione. Dopotutto il post Milano è l’incarnazione di un’ustione. La dedizione rigida che credevo necessaria a una buona riuscita professionale è diventata un buco gigantesco dove sono caduti l’incanto e l’entusiasmo. E semplicemente, un giorno dopo tanti altri, ogni cosa è diventata triste e insostenibile, il lavoro non retribuito, la raccolta indifferenziata dei progetti, i tempi disperati, la vita che passa e non torna indietro, i sentimenti miei e quelli della gente. ‘Ché, lasciatevelo dire: far film è per gli empatici, è un mestiere che riguarda le emozioni. Allora ho preso le distanze, tanto quanto bastasse a espormi a nuove opportunità e a guardare meglio dentro i nuclei deficitari della mia passione, deve per forza trattarsi di un’aberrazione.

Da due anni a questa parte focalizzo meglio molte delle cose che mi appesantiscono e molte di quelle che mi appagano e di conseguenza compio delle scelte che di volta in volta modificano notevolmente la mia vita. Il che senz’altro non ha portato a un’affermazione incisiva, non ancora e – da un certo punto di vista – tutt’altro: per esempio qualche volta al risveglio avverto chiaramente il mattino morirmi addosso, ricadermi sulla pancia con il suo peso da già giorno esanime e allora mi sento affogare nella paura di diventare vecchia nella routine sbiadita a cui mi sono proporzionata, nonché in quella che noi tutti ci spacciamo come la situazione migliore al momento tra le possibili al mondo: un lavoro umile e rispettoso e un salario nero e onesto a fine mese per qualche tempo. Arriverà il momento di fare altro, ma quando? Ma come? Ma cosa? C’è la crisi, vivo in un Paese dove mi mancano gli stimoli e le opportunità – ‘ché certamente l’Olanda non risplende per attenzione e per professionalità nel settore della cultura visuale – e per stanchezza e frustrazione non so più cosa fare per riuscire a fare le cose che amo, né quali sono le cose che amo, né come fare a essere felice, non c’è speranza. Di tanto in tanto trovo persino la mia vita davvero impossibile. Ecco, nel senso di impasse che ne deriva, certi giorni sembra anche a me di starmi disperdendo e in questo stato di desolazione mi siedo per qualche giorno. Poi torno rinsavita a ballare con tutta me stessa e con ogni cosa che ha senso per me. M’incuriosisce soltanto vedere cosa succederà in futuro. I vettori della mia vita sono in espansione, il teatro mentale della mia ispirazione è affamato e sicuramente arriverà il momento di fare altro. In un certo senso il momento di fare altro arriva tutti i giorni, per esempio

lunedì scorso è uscito in anteprima su rockit.it il videoclip ufficiale di Castles dei Pashmak – پشمک, band indipendente di base a Milano, ma dal tessuto estremamente multiculturale: le storie sulle origini dei Pashmak arrivano, infatti, dall’Iran, dalla Germania, dall’America, dalla Sicilia e dalla Lucania. Castles è il primo singolo tratto da Let the Water Flow, il loro album di esordio prodotto e stampato grazie a una meravigliosa campagna di crowfunding su musicraiser.com che ha raggiunto il suo obiettivo in soli dieci giorni. Dopo un tour promozionale a Berlino e un’anteprima su rockit.it, Let the Water Flow è stato ufficialmente rilasciato su Spotify e su iTunes. Quindi niente scuse: ascoltatelo!
Per quel che riguarda Castles, il videoclip è firmato così: Laura Bianco & Dorotea Pace. Dorotea Pace sono io. Laura Bianco è Lou, la mia compagna di vecchia data. E Castles è il nostro ultimo videoclip, il mio primo dopo due anni di inattività. Ed è prezioso. Se dovessi aggiungere una sola cosa a proposito, sarebbe questa: Castles è uno di quei momenti in cui ci ho visto molto chiaro. Io non mi sto disperdendo, amici.




Official music video for Castles performed by Pashmak
A video by Laura Bianco & Dorotea Pace

with KARUN GRASSO, NEVA MURADOR, MATTEO MUSELLA

direction / editing LAURA BIANCO
cinematography / editing DOROTEA PACE
set design ELENA BECCARO, DENISE CARNINI
costumes CAMILLA CHIERICI
make-up artist CHIARA ADORNO
production assistant MARILU’ PACE
cinematography assistants JOHANNES EBERENZ, ELENA MELLONCELLI

thanks to Fabio Bianco, Nicola Botti, Aurelia Bracciforti, Gaia de Luca, Pino Distefano, Enrico Maisto, Edoardo Mozzanega, Andrea Musella, Giulio Volpe.

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Mood: adrenalinico
Reading: Bruno Schulz, L’epoca geniale, in L’epoca geniale e altri racconti
Listening to: musica rock random
Watching: quel signore impettito che finge di guardare altrove mentre, invece, mi immortala con il suo smartphone mentre scrivo affacciata alla vetrata del cafè
Eating: cantuccini
Drinking: infuso di menta fresca



Dopo aver rilanciato ieri IL progetto dei mesi passati, oggi esce, invece, The inner symphony, un nuovo film di Giulio Volpe, al quale ho collaborato nei mesi più recenti, scrivendo la voce fuori campo.
Giulio mi ha detto Vorrei lo facessi tu e a me è spuntato un sorriso grande quanto la mia faccia – che è grande abbastanza – perché mi sono sentita come tornare in vigore e sperimentando una nuova veste.
Prima della prima proiezione di The inner symphony a Milano, a inizio ottobre, io non avevo mai assistito allo spettacolo dell’incontro tra le mie parole e le immagini di qualcun altro – mai neanche scritto pensando ai nessi che si devono creare tra parole e immagini in un film, tutti i miei film sono muti –, né mai avevo udito un’interpretazione di un mio testo, cosa che mi ha enormemente emozionata.

The inner symphony è l’esegesi di un orgasmo, ma al di là di questo, Giulio per primo preferisce esprimersi il meno possibile sui concetti e sulle significazioni di fondo. Ognuno, dice, coglierà la propria chiave di interpretazione. A patto di lasciarsi suggestionare.


Io dico: si stringa la gola di ogni budello sul fascio di luce che la penetra e la intronfia – la strana certezza di aver chiara ogni cosa, poter figurare l’infigurabile.
Ecco la precipitazione della materia molle dal suo adagio all’esuberanza del sangue, ecco il flusso che ramifica al mare dalla depressione strett’attorno al mio seme,
i pensieri dell’esser vivo sono emozioni strappate agli ormeggi
,


Mood: cosìcosà, come sempre succede quando mi accingo a compiere gli anni
Reading: Mathias Malzieu, La meccanica del cuore
Listening to: Bon Iver – Skinny love
Watching: una stella che brilla in cielo a Milano
Playing: a scegliere lo smalto
Drinking: caffè
Eating: polpette di melanzane






‹‹Leggendola ho avuto l’impressione che lei consumasse tutto, sigarette e emozioni. Che poi consumare è voglia di vivere a fondo, mi spiego? È questo che voglio raccontare.››

con queste parole all’incirca e la sottilissima tunica bianca da colorare nel caffè annodata in un pugno, Mirko ha presentato a me e Zulio il progetto per il quale ci ha chiesto collaborazione come videomaker.

(un sospirespiro)
D’accordo, ci sto. Eccome.




Sul suo blog, la dedica del lavoro ad Alda Merini.
E a proposito di blog, ne approfitto per linkare quello di Agnes – la modella del video – che è zeppo di belle fotografie, lei è una fotografa.

Mood: annoiato, cresce il bisogno di mare
Reading: in rete
Listening to: Bon Iver – I Can’t Make You Love Me
Watching: il sole fuori da questa casa dove sono costretta su una sedia
Playing: a immaginare il mare
Drinking: caffè
Eating: foglie di insata scondita e yogurt al caffè





che per noi che ci siamo conosciuti in quel modo significa una sequenza infinita di fatti e sogni,

[incluso un seguito che non c’è stato e chissà se a qualcuno ancora importa il perché]

.

(perché a volte – nella turbina dove ci infiliamo – manca anche soltanto il tempo per ripensare

che non siamo strusciate soltanto

e da questo ci lasciamo fagocitare senza neanche un saluto di dovere.)


Eppure si dirà ancora di me che sono una persona poco affettuosa poco sentimentale, poco




Cose che iniziano dal ritrovamento di una bozza un bozzo una bozza a proposito di.

Mood: affranto e sconsolato
Listening to: Lana del Ray – Born to die
Eating: quando avrò forza per cucinare
Drinking: caffè, chiaramente




‹‹Vi vedo

‹‹stanchi››

(…)

‹‹sciupati››

(……)

‹‹provati››

(………)

‹‹pestati››

(…………)
Dopo di che, al prossimo, come ha notato Zulio, spetta l’onore del

‹‹morti in piedi››

Senza considerare frammenti più aulici come ‹‹Sembri uscita da un film di Tim Burton›› o ‹‹Sembri uscito da Apocalypse now››, in seguito ai quali al prossimo, sempre come ha notato Zulio che è in vena di notazioni, spetta l’onore del ‹‹Sembri uscito da Freaks››.
Che scenario piacevole!

Dice Zulio frustrato ‹‹Una cazzo di volta che mostro il mio muso al mondo, cosa ho fatto per meritarmi tutto questo?››. Dico io frustrata ‹‹Non guardarmi in faccia, per piacere, la mia condizione mi imbarazza.››


E tutto questo, malgrado le radici vichinghe energizzanti, due al mattino a stomaco vuoto. Radici vichinghe il cui unico merito, bisogna riconoscerlo, è l’esser state muse per questo gioiello della creatività di Yanna.




Voglio essere ricordata così.

Cut Off va a spasso

dicembre 25, 2011

Mood: taciturno
Listening to: l’aria spostata dal traffico
Watching: direi una partita di tennis in tivvu
Playing: a fotografare mia sorella che rincorre le papare
Eating: parmigiana nel pane
Drinking: acqua



Ieri mattina, mentre erudivo mia mamma a surfare in Gùgul col suo primissimo computer nano – è l’inizio della fine della mia vita privata, manca solo che sbarchi su Feisbùc – ho scoperto per puro caso che Cut Off è stato pubblicato su Film Indipendenti.
Dal momento che nessuno ne sapeva una cippa lippa, a me e Zulio prima è calata la mascella e poi è scappato da sorridere. Insomma, è un bel Christmas present! Perciò grazie-issimo a Film Indipendenti per la segnalazione tanto benefica! [qui la scheda di Cut Off su Film Indipendenti]

Per quanto riguarda Film Indipendenti, si tratta di un portale dedicato alle produzioni audiovisive indipendenti, termine chic atto a indicare le produzioni realizzate con i soldi di mamma e papà o dell’acinino, che dir si voglia.
La faccenda si direbbe interessante assai. Basti pensare che al momento, il sistema della produzione e – per nesso immediato – della creatività stessa si alimenta per la maggior parte e quasi unicamente di questi meccanismi.
Perciò, stay tuned! Se dovesse interessare, Film Indipendenti si fa seguire anche su Feisbùc!

Cut Off c’è

novembre 24, 2011

Mood: tendenzialmente ansioso e dolorante
Listening to: la lezione del giovedì pomeriggio con un orecchio solo
Watching: Melancholia, di Lars von Trier
Eating: bisogna che lo faccia ancora effettivamente
Drinking: caffè



Urca! Ho mantenuto la promessa. Cut Off è online prima della fine della settimana. Piovono coriandoli.
Siccome ne ho già parlato fin troppo, semplicemente, eccoci.





Grazie.


Mi sorprende sempre un po’ la paura che nutrono gli uomini nei confronti del silenzio, la loro tendenza a saturarlo di musica e parole, come se da sè non facesse già rumore più di qualsiasi altra cosa.
Che poi io ho peccato di tendenze opposte e a ventidue anni mi ritrovo a dover fare amicizia con le parole per sfuggire a certe ambiguità asfissianti. Ma queste sono altre storie.

Insomma, Cut Off non è per caso. Ne ho sentito discutere e ne ho discusso tanto, lungo questi mesi, e per me è stato utile e piacevole. Perché, che sia più o meno riuscito o più o meno comprensibile, io Cut Off me lo sono strappato dalle budella. E come me, Zulio.

A tal punto, rimando anche all’illustre backstage quanti se lo fossero persi!

Cut Off, il backstage c’è!

novembre 18, 2011

Mood: facilmente irritabile, causa raffreddore
Playing: ad arricciarmi il riccio, brutto vizio che minaccio di riprendere
Watching: Kanye West – Runaway (cazzo di tamarri!)
Eating: tofu e patate al forno
Drinking: tanta acqua




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Lo so, lo so, sono passati sei mesi dalla fine delle riprese di Cut Off e da che mi ero riproposta di pubblicare il backstage. Ma vabbè, i tempi lunghi qui non sono una novità!
Le fotografie sono state scattate per lo più da Lou (aiuto regia e segretaria di edizione) e Nicolò (costumista), qualcuna anche da me tra la preparazione di un set e l’altro.

Rivedendole dopo tanto tempo, ritrovo nel mezzo qualcosa di ciò che sono stati quei giorni e ne sorrido bellamente. Eravamo quasi vergini del set, giocavamo di più. Resta ben inteso che anche se oggi ci siamo inoltrati in una turbina meno infantile, fare un film è una tra le esperienze più fenomenali che conosca.

Nel giro di una settimana, catapulteremo nel vuorld vaid vueb Cut Off e chiunque potrà lapidarlo o gettargli una rosa. Io spero solo che, in qualsiasi modo, venga ascoltato.

Intanto ieri Zulio mi ha chiamato per darmi una bella notizia. Cut Off è tra i finalisti del Cort’O Globo Film Festival.


(e tanto per concludere a dovere, faccio notare che in queste fotografie si può rintracciare con facilità l’origine de La Daina Production alias Le nostre brutteproduzioni.)

Mood: inquieto
Watching: il grigiore esacerbato di Milano con l’arrivo dell’inverno
Eating: yogurt alla fragola e tachipirina
Drinking: acqua



Dopo lunghi mesi, tanto per rispettare la tradizione, senza ulteriori giri di parole, ecco il booktrailer di Molto forte, Incredibilmente vicino che Laura ed io abbiamo girato lo scorso maggio!





Di quanto mi stia a cuore la storia di Oskar Schell ho già scribacchiato, su quanto sia intimamente soddisfatta di questo risultato, invece, mi viene difficile mettere insieme due sole parole che abbiano senso. Insomma, è come ci era stato nella testa per tanti mesi, persino meglio!
Ed, in virtù di un sentimentalismo rituale forse, ma quantomai essenziale, ringrazio ancora ciascuno di quei bravi ragazzi citati nei titoli di coda perché senza anche uno solo di loro, molte cose sarebbero per certo andate diversamente.

A seguire, per irrorare il tutto con un po’ di demenzialità che fa sempre bene, una cartolina dal backstage su cui Laura ed io non abbiamo risparmiato le risate per un bel po’ di giorni dopo averla scoperta tra le altre riprese. La succitata cartolina mi immortala nel pieno sfoggio della mia stramaledettamente buffa duttilità facciale, mentre tento di raggiungere un qualche tipo di compromesso con il nostro attore nano, letteralmente smanioso di stroncare gli origami, nonostante una scena simile non fosse prevista dallo storyboard originale.

‹‹D’accordo Osc… no, tu sei Ulisse!, facciamo così. Puoi rompere gli uccelli, ma prima devi accarezzarli piano. Piano! D’accordo? Mi raccomando Ulisse! Falla bene e puoi rompere gli uccelli. Piano, Ulisse, piano!››


Da un po’ di tempo, anche ad Hollywood si parla tanto di Molto forte, incredibilmente vicino perché per il 2012 è prevista l’uscita dell’adattamento cinematografico. Si vocifera che sia uno dei più probabili candidati al premio Oscar. Allora chissà! Perché, personalmente, sugli adattamenti cinematografici mi riservo sempre qualche quanto di diffidenza.




Oskar, per esempio. Non indossa che il colore bianco.

Mood: critico
Watching: V per vendetta
Playing: a non scivolare nella minaccia della febbre
Eating: patafaccine al forno
Drinking: birra, un bicchiere



Con la nausea in faccia a causa di un pranzo troppo abbondante seguito da un viaggio in macchina a curve ampie, senza spazio alcuno per la digestione, Laura, Zulio ed io siamo discesi dalla montagna, non solo sani e salvi, nonostante il freddo, ma neanche sciupati, anzi, con una bella pancetta incipiente ciascuno sotto i felponi, eccicredo con tutto il cibo e tutto il limoncello che non ci siamo negati, fortuna che quest’anno va di moda l’oversize! Dopotutto, è la regola non scritta che al rientro i bagagli debbano essere sempre un più pieni!
Ebbene, Laura, Zulio ed io non ci siamo risparmiati e, non soddisfatti delle pancette insipienti, ci siamo portati nella discesa, sorrisoni in faccia di felicità e soddisfazione, l’incipit del nostro super maxi progetto da fare assieme che il momento non è il più opportuno per raccontarlo, ma che tra qualche giorno forse sì. Ed allora ancora acqua in bocca, ma una cosa mi sento di dirla senza sforare nelle anticipazioni, la bellezza principe di questo nostro super maxi progetto, ma fondamentalmente anche di tutti i più piccoli che portiamo avanti insieme, è lo spazio sinaptico che sta venendo a concentrarsi tra la depurazione quotidiana delle parole che adottiamo per raccontarci tra noi da imbarazzo ed alterazioni e lo scorrimento rapido e concatenato del nostro lavoro creativo, sicché la prima cosa non può prescindere dalla seconda e la seconda non può prescindere dalla prima con un andamento organico che a me culla massimamente il cuore ed il cervello, incitandomi a non arrestare né l’uno, né l’altro.

Ed ora, per la serie, “gente presa male fuori, ma presa bene dentro“, ecco il dietrolequinte di tutto questo blaterare firmato da tutt’e tre ed accuratamente selezionato, ma neanche troppoassai effettivamente!


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Mood: ridarellante
Listening to: il traffico, sempre il traffico, della strada e dei pensieri
Playing: a trattenere la pipì
Eating: caffè latte con abbracci a mollo
Drinking: vedere la voce superiore



Si stava una mattina della settimana scorsa Zulio ed io a fare le lagne, sbattuti per terra come stracci, prima dell’inizio di una lezione, la prima dell’anno accademico, ad essere onesti, e già si desiderava la libertà da qualsiasi corso, ‹‹Sai cosa?››, ‹‹Perfettamente, baby, perfettamente!››, un viaggio ci vorrebbe per riprenderci, un viaggio spirituale, di quelli che si spegne il telefono, si abbandona internet ed addio mondo, un ritiro spirituale e pure creativo, di quelli che l’attività principe è la caccia delle idee, chessò, su, in montagna sarebbe perfetto e… occazzo!, bisogna, proprio bisogna! e reputando Laura la nostra proposta interessante – ché Zulio, Laura ed io si ha nelle teste un super maxi progetto da fare assieme, ma questa è una storia parallela ed il momento non è il più opportuno per raccontarla – s’è stabilito “il ritiro spirituale e creativo” per questo week-end, sicché tra pochissimo ci si infila in macchina, sovraccarichi di vivande, e si imbocca l’autostrada, in direzione paesino sconosciuto di montagna, frazione di un paese sconosciuto in Piemonte, dove i nonni di Laura hanno una casa di proprietà inutilizzata da tempo indefinito.
Ci sono cose che capitano sempre a fagiuolo, la casa dei nonni di Laura è stata per i nostri sogni un grandissimo fagiulio, non fosse per quel piccolo problema, a dir il vero simpatico, dell’assenza del rimpianto* di riscaldamento, acuito dal fatto che la casa sia ormai inabitata da un po’ e che su in montagna si prospetti gelo e tempesta, sicché Zulio, Laura ed io, animi pavidi, s’è deciso, per aggirare l’ostacolo, di partire trasportandoci dietro un armadio di maglioni di lana ed un piumone cadauno più qualche quintale di teh, oltre che una cassa di birra ed un limoncello, ché, è risaputo, l’alcool riscalda, ammazza se riscalda!, sembra d’essersi preparati ad un viaggio selvaggio in Alaska!, che poi sto viaggio è praticamente tutt’altro che into the wild, considerato il tir traslochi che richiederebbe il quantitativo di roba che abbiamo con noi!
Come che sia, per sfumare con un brivido in più la nostra avventura, abbiamo comunicato ad un paio di amici il nome del paesino sconosciuto di montagna in cui stiamo andando a rifugiarci e li abbiamo ammoniti categoricamente di preoccuparsi qualora domenica sera, data prefissata per il ritorno alla civiltà, non dovessero ancora ricevere nostre notizie e provando a chiamarci insistentemente i nostri telefoni cellulari dovessero risultare ancora spenti, caso quest’ultimo nel quale sarebbe opportuno cominciare a preoccuparsi e venire a cercarci, ché il rischio, esteticamente notevole però, è di ritrovarci statue di ghiaccio tra le sterpaglie di qualche bosco, alle bacche velenose, invece, stiano tranquilli, sopravviveremo. Nulla da dichiarare in aggiunta, a parte la postilla a piè pagina che Zulio, Laura ed io non siamo ancora partiti, anzi, nel migliore dei casi dobbiamo ancora buttare l’armadio in valigia, ma il nostro viaggetto è già poema epico.

Ebbene dunque, au revoir con un sorriso!


* o forse sarebbe più opportuno al caso il termine “impianto”. Ho riscoperto l’errore alla rilettura del testo, ma ho deciso di non correggerlo, anzi di sottolinearlo, perché mi risuona nell’orecchio come un lapsus froidiano interessante, essendo io nella condizione di fare più pensieri alla volta e tutti insieme, così come di parlare di un isolamento in montagna e contemporaneamente di pensare ai rimpianti, brutto, brutto termine per altro, a mio parere, ho sempre cercato di non adottarlo nel vocabolario del mio vivere, ma in un qualche modo ha finito per rientrare tra i motivi originari di questo isolamento.

Mood: allegro
Listening to: Raf – Infinito da cantare a squarciagola con Gaga, Yanna e Poppi in macchina, tornando da mare e al testo non avevo mai prestato tanta attenzione
Watching: foto dimenticate
Playing: a ridere forte
Eating: patate al forno
Drinking: acqua, mi sto rammollendo



Scaricando la scheda di memoria della propria macchina fotografica sul computer, un giorno molto tempo dopo l’ultima importazione, può capitare di riesumare alcune cosette che si erano dimenticate.
Per questa strada, stasera mi sono imbattuta in due chicche riguardanti la sessione d’esami appena trascorsa, i due must in verità.

Rispettivamente


il mio pc nel congelatore, ebbene sì, testimonianza dell’ultima tendenza lanciata dalla sottoscritta ed accolta a catena da Laura e Zulio e persino Yanna, tendenza secondo la quale “quando il computer si surriscalda a causa del troppo lavoro e dell’afa, l’unica soluzione per ovviare al problema è infilarlo nel frigo o nel congelatore, a discrezione ed in relazione alla gravità del problema”, motivo per cui, durante la sessione di esami di giugno, aprire il frigorifero di casa (Ap)PaRecchia al Tre alias casa mia e di Yanna, deturnata per l’occasione in bunker e dormitorio, comportava la certezza puntuale di imbattersi in un qualche computer messo in fresco, a contrastare (d’altra parte e violentemente) la miseria estrema di viveri di qualsiasi genere, quasi il tentativo di creare un effimero senso di riempimento;


un’alba milanese, una di quelle che Zulio, Laura ed io abbiamo avuto il privilegio di ammirare dalla finestra di casa (Ap)PaRecchia al Tre a coronamento di lunghe, ma percettivamente brevi nottate di studio e lavoro, affrontate con tenacia e fiducia incrollabile l’uno nell’altro per tagliare il traguardo e con tutto rispetto, quand’anche la situazione si rivelasse troppo disperata, la nostra testa schizzasse eccessivamente fuori bolla, la risata si facesse isterica e la nostra “puzza da maschio” diventasse insostenibile! Ci siamo accorti Zulio, Laura ed io, che Milano all’alba sa essere magica e questo ci ha fatto sorridere parecchio.


Sì, nel degenero complessivo, ci siamo anche ribattezzati, il terzo must è questo.

Mood: …
Reading: Anna Marchesini, Il terrazzino dei gerani timidi
Playing: a rendermi presentabile dopo giorni di sfacelo da esami
Drinking: tanta acqua, si squaglia per il caldo!







Ecco qui il booktrailer diretta da Zulio, di cui stavamo ultimando la post-produzione due notti fa.
Avvertenze speciali: l’audio di questo video è stato realizzato da un nostro amico che suona musica elettronica, Noumeno. Merita di essere ascoltato in cassa.

Messaggio speciale: capiscimi, babe!, dirti “grazie, ti stimo” a volte è davvero troppo riduttivo. E poi ti voglio bene. Non so come altro farti capire che quei tuoi pensieri non hanno ragione di esistere. Fidarti di me e di te e di noi. Ancora di più di quanto tu già non faccia.


Sul set, Zulio ed io


Anche il booktrailer mio e di Laura è concluso ed è una cosa di cui vado tanto fiera. Per una serie di motivi, non possiamo pubblicarlo subito, ma, appena possibile, lo renderemo visibile.

Mai come in questi giorni, mi sono resa conto di quanto avere tra le mani un proprio lavoro concluso possa essere un’emozione capace di provocare lacrime. Mai come in questi giorni mi sono resa conto di quanto sia importante e renda forti anche avere una squadra in cui la sinergia è palpabile ed altamente produttiva. Zulio, Laura ed io siamo una bella squadra, ma per davvero, non a chiacchiere.

Certe Psyco-Notti

giugno 24, 2011

Mood: fluttuante incerto
Watching: l’alba
Eating: un cornetto, direi, a breve
Drinking: caffè




http://vimeo.com/25190738

Con: Lorenza Fumagalli
Regia: Dorotea Pace
Direzione della Fotografia: Dorotea Pace
Operatore: Giulio Volpe (Zulio mio)
Sound Design: Giulio Volpe (Zulio mio)

Questo è un piccolo video realizzato per l’esame di Direzione della Fotografia in Naba. Lungo una una nottata e insieme ad altri video di altri compagni di corso, c’è bisogno di specificarlo?

No, perché durante le sessioni di esame, certe Psyco-Notti a cercare idee che non sempre arrivano, buttare giù caffè e sentire il tempo correre veloce… sono l’ordine del giorno.


“Puoi pure spegnere la luce, Dò, c’è il sole!”

Così anche oggi abbiamo visto l’alba Zulio, Laura ed io, lavorando e ridendo*, chè non siamo ancora andati a dormire e di fatto non abbiamo più sonno, ma andremo a dormire noi ora, ci andremo, ci stiamo andando, a due ore dalla sveglia!


Buonanotte.





* lavorando e ridendo perché questa notte noi eravamo impegnati nell’ennesima trashata casereccia, in vista di un esame di regia per il quale ci è stato chiesto di pensare ad una programmazione youtube, chè «oggi», ci tengono a ricordarcelo ogni girono, «tutti i media devono essere ripensati nell’ottica della diffusione in rete». Lasciati liberi di fare, noi chiaramente abbiamo dato libero sfogo al nostro inconscio tamarro ultra-represso che, miscelato con un briciolo di spirito critico e di ironia, ha dato vita a Vanilio Aurador con il suo canale Ultim’ora, programma di informazione comedirealternativa e mai in ritardo sui tempi proprio come un’ultim’ora che si rispetti, ché il bello di Ultim’ora non sta tanto nel fatto che usa e rimescola audio ed immagini provenienti dai notiziari per creare cosenuove ché i ready made e i mash-up hanno ormai un secolo di storia alle spalle. Il bello di Ultim’ora sta nel fatto che va in onda su Youtube solo poche ore dopo l’uscita del TG ufficiale comedirepresodimira in TV!
Insomma, all’alba del 24-06-2011, l’Ultim’ora del 23-06-2011 è online. La prossima Ultim’ora è prevista per la serata! Si prospetta una ritmica più caraibica.

Il fatto che a manipolare un’informazione, oggi ci vuole davvero pochissimo, a livello di tempi e soprattutto di mezzi. Il che la dice lunga, mooooolto lunga.
Ovviamente, Vanilio Aurador, c’ha pure il profilo Feiscbùk, sempre al passo coi tempi
Mood: tranquilleggiante
Reading: news inattese in merito ad un nuovo album dei Nightwish, ommygodd non ci speravo più!
Listening to: Paolo Conte – Via con Me (It’s wonderful)
Playing: a sognare il Polo Sud, mentre sembra di essere a Il Cairo
Eating: spaghetti e patafaccine
Drinking: acqua, tantissima



… il degenero!

Capitava pochi minuti dopo l’ultimissimo ciack di Cut Off ed una gavettonata di dovere.





Ebbene sì.
Avevamo i nostri buoni motivi per festeggiare e ridere e folleggiare attorno a degli stativi.
Avevamo i nostri buoni motivi per essere schifosamente trash.



Magari a breve, sfuggendo tra un esame e l’altro della sessione ormai imminente, mi riesce di pubblicare il backstage ed anche di buttare giù qualche parola su questi quattro giorni di set. Di fatto, ce ne sarebbero tante ed ognuna ha a che vedere con la soddisfazione, quella lavorativa e quella umana.

Mood: indefinito/indefinibile
Reading: il piano di produzione del cortometraggio mio e di Zulio
Listening to: il respiro di un corpo addormentato
Watching: l’alluce del mio piede sinistro
Playing: ad essere forte, fortissima
Eating: timballo di cereali e radicchio
Drinking: acqua



Si diceva in un’occasione e più del cortometraggio mio e di Zulio, ma del cosa/come/quando/perché di questo cortometraggio mio e di Zulio non s’è ancora mai scritto degnamente.

Indi.

Il cortometraggio mio e di Zulio nasce lo scorso ottobre come un’urgenza universitaria, in qualità di esame di regia, a partire da un’idea embrionale di Zulio successivamente elaborata e definita all’unisono.
Racconta della bambina Sofia che in casa della sua vecchia zia un po’ pazzerella scova un registratore portatile per audiocassette e lo manda in play. Racconta del suono e del silenzio, di come si confondono e si distanziano, alterando le prospettive fino a sfiorare l’incomunicabilità. Non a caso l’abbiamo intitolato Cut Off, che è la soglia tra un massimo ed un minimo e l’azione della loro scissione, ma anche un filtro di lavorazione dell’audio che taglia via certe frequenze prederminate.

Nel corso di cinque lughimabrevi mesi di lavoro, il cortometraggio mio e di Zulio è cresciuto nel tepore dei nostri cuoricini ed è diventato il chiodo fisso di giorni e giorni, un pensiero che al solo sfiorarlo si accende e prude sotto la pelle perché, quel ch’è giusto, a noi sta venendo alla testa una certa passione, una certa voglia di giocarcela al di là di un semplice esame e poi chissà, ma intanto si lavora e si lavora duro.
Chè a fare un film non ci vuole poco e prima di arrivare sul set e chiamare “Silenzio, Motore, Azione!” e mettersi a riprendere bisogna pensare e scrivere e organizzare, pensare e scrivere e organizzare, pensare e scrivere e organizzare tutto, il soggetto, la sceneggiatura, la regia, la fotografia, l’audio, l’attrezzatura, quella da chiedere alla scuola e quella da acquistare, gli attori, le locations, i sopralluoghi, i costumi, quelli da ricercare e quelli da far realizzare, le prove, la crew di lavoro, il trasporto e lo spostamento, i tempi, il piano di lavoro giorno per giorno, i costi, il perché e il valore di ogni più piccola scelta e via così.
Certo, il nostro è solo un cortometraggio, mica Ben-Hur, ma insomma, sarà la suddetta passione o la nostra natura o forse tutt’e due, ma qui facciamo i videomaker in erba seri e pure decisamente spostati verso la megalomania, che poi tutto sta nel ricercare la massima concretizzazione delle nostre idee, anche a costo di qualche sacrificio in più.


Zulio ed io, a lavoro su un set per le prove luci, in versione “Basta crederci”


Nel corso di cinque lunghimabrevi mesi di lavoro, tutto quello che c’era da fare, Zulio ed io lo abbiamo fatto insieme, abbiamo messo in gioco le nostre sensibilità artistiche ed umane, ci siamo scazzati perché due teste e due cuori diversi per natura non concordano a priori su tutto, anzi spesso seguono percorsi totalmente diversi e Zulio ed io siamo capaci di discutere per ore e ore, accorgendoci solo alla fine che stavamo dicendo la stessa cosa, ma con parole diverse, motivo per cui abbiamo spesso dovuto cercare il compromesso. Ma quel che più conta, Zulio ed io ci siamo affiatati e ci siamo conosciuti un po’ più nel profondo, dove prima ci negavamo.
A pensarci, il cortometraggio mio e di Zulio è saturo di piccoli dettagli umani. C’è la location che è la casa dei nonni materni di Zulio, sotto casa di Zulio, a Bassano del Grappa, ma i nonni di Zulio non ci sono più ed osservarla e scorticarla per conoscerla, scoprirne gli angoli e gli oggetti, sconvolgerla per le nostre esigenze narrative, è un po’ come aggirarsi nella vita di qualcuno che non conosci, ma che, giorno, dopo giorno riscopri un po’ più intimo, riconoscendolo tra i libri e le pile di dischi, le fotografie e i vestiti, la polvere e le impronte sui rami, sulle bottiglie e sui feticci di viaggio e i giorni di quieto trambusto, rimasti incuneati tra le pareti, iniziano a pulsare nelle orecchie. Ci sono i nostri viaggi notturni a musica alta e poi bassa, man, mano che l’abitacolo si impregna di parole sussurrate e la strada si fonde in un fiume luminoso e ci sono gli aperitivi sul ponte di Bassano a fantasticare in grande e ridere del futuro e poi la stanchezza fisica e mentale, ma ancora la voglia di arrivare in fondo e farlo ridendo. C’è la nostra piccola attrice che ha scritto una storia per noi, “i registi”, e ci sono tutte le persone incontrate con la loro età e i loro racconti, qualcuno persino in dialetto veneto, e la consapevolezza che quando consenti alla vita di entrarti nel sangue e fare il suo giro, certamente ti stupirai di quanta ce ne sia per le strade del mondo e di quanto tempo si possa sprecare a smarrirsi tra futili cavilli da burocrazia esistenziale, ché spesso tutto è più semplice di come ce lo macchiniamo nella testa. C’è tanto altro e ci sarà tanto altro ancora. Domani partiamo, io e Zulio e Laura e Nicolò che ci aiutano in quest’impresa, facciamo una buona squadra. Partiamo per Bassano del Grappa con la macchina stracolma di tutto il necessario per fare un cortometraggio e la nostra ansia ed euforia in parti uguali. Poi venerdì mattina iniziamo le riprese, quelle serie, e le concludiamo lunedì e la sola idea è strana, dopo cinque mesi di lavoro di preparazione, mi si rimescola dentro lo stesso intruglio che agita una donna prima di salire all’altare, così dicono succeda.

E allora, let’s go!, si prospetta un bel trancio di lavoro e lavoro e vita e vita e vita e vita e riuscirà bene, ce lo sentiamo. «Stai serena. Sarà un successo!» mi ha appena scritto Zulio. Le carte sono tutte in regola, sì, sono davvero in regola.

Faccia al Mondo // Giulio

aprile 19, 2011

Mood: in movimento
Listening to: ritmi ed aritmie nello stomaco
Playing: a distrarmi
Drinking: caffè caffè caffè



Dopo il Power Trash, il lavoro serio per l’amico mio Zulio, concluso con tempismo perfetto, ma mostrato con l’ormai solito ritardo di settimane. E potrei sciorinare scuse e giustificazione in nomine temporis, ma pare che io abbia fatto del ritardo un marchio di fabbrica. Perciò così sia.


*** Cover ed interno del booklet per il primo singolo ***



*** Proto-book ***








Normalmente Zulio chiude gli occhi davanti all’obiettivo e ride imbarazzato, fa smorfie per fare il modello, per sembrare chissà chi. Poi non ci pensa, si distrae e fa se stesso e allora è tanto meglio.

Quante notti ancora a lavorare per sbatterci in faccia al mondo…

Power Trash

marzo 28, 2011

Mood: esaltato (con retrogusto amarognolo, ma leggero, leggero)
Listening to: il silenzio della notte, “ma tu dimmi dove sei, se ti cerco dove sei?
Watching: fotografie
Playing: semplicemente e scioccamente che ogni tanto fa bene
Eating: pata-pizza
Drinking: acqua



Venerdì scorso ho lavorato ad un primo shooting per l’amico mio Zulio, ché lui, tra le varie cose, canta pure e da qualche tempo ha iniziato un progetto musicale attualmente ancora in fase di sviluppo, motivo per cui queste sono tutte cose di cui per ora è meglio limitarsi a bisbigliare.
Per quel che mi riguarda, mi impegno ad essere sua degna (ci provo!) fotografa. Questo lavoro fotografico ed il prossimo che farò sempre per lui a breve (e ben più complesso) sono una grande occasione per imparare e mettermi alla prova e sottopormi a critica. Senza contare che venerdì ho avuto tra le mani un AF-S 17-55mm Nikkor f/2.8G ED prestatomi dal prof. per un’oretta di pura gioia, no, voglio dire per me che sono povra come i bambini di Spitty Cash e devo accontentarmi di un triste obiettivo basico, un f/2.8 a 55mm è estasi!

Ciò detto, quello che non bisbigliamo è che, da due ore abbondanti, Zulio ed io ce la stiamo ridendo sguaiatamente (e continuiamo a farlo tramite Skype), imbattendoci in certe espressioni da Oscar, mentre rivediamo le foto per selezionarle, al punto che il mio sguardo è momentaneamente incapace di considerare gli scatti utili al fine e si focalizza solo su quelli favolosamente osceni, in cui sfavilla l’anima del trah.


Pertanto, Zulio ed io siamo giunti alla conclusione che è cosa buona e giusta condividere il Top del top con il globo intero, ogni scatto un prezioso gioiello firmato Jules l’amour (alias Zulio nel nome d’arte che Nicolò ed io abbiamo ardentemente proposto una sera per lui, tanta serietà noi!), ognuno col suo intrinseco “ma perchè?“. Dopotutto una risata non ha mai ammazzato nessuno. O quasi. Se non altro, l’ammazza contento, no?


[3.15.11] Giulio Volpe | BORN THIS WAY: hahaha
[3.15.17] Giulio Volpe | BORN THIS WAY: troppa poca dignità!
[3.15.50] Dorotea Pace: no, cazzo
[3.15.53] Dorotea Pace: tanta dignità
[3.16.12] Dorotea Pace: cioè, sbattare in faccia al mondo che sei figo anche quando sei trash
[3.16.27] Dorotea Pace: yo!

Ci crediamo troppo. Io più di lui, quel ch’è giusto, quel ch’è normale. Ho persino aggiornato il mio logo per l’occasione!


Per cui, insomma sì, ecco.



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Il lavoro serio, appena torno ad essere seria!

#Notes

ottobre 28, 2010

Mood: banana SPRINT!
Reading: Perec, Specie di spazi
Listening to: alza il volume, Hei Negrita!
Eating: cookie al cioccolato bianco
Drinking: caffè ginseg



Ultimamente mi affligge un torpore vacanziero dal web.

Ovvero

Nel calderone ho molta acqua a bollire, mentre le giornate sembrano sempre troppo brevi e mi avvilisce la sensazione diffusa di non concludere mai abbastanza, nonostante io apra gli occhi che il cielo è ancora bianco-Milano ante solem e non li chiuda prima che sia il giorno dopo o direttamente mi esima dal chiuderli, like the last night.

E a volte la vita scorre troppo velocemente per riuscire a fermarla. O semplicemente non si bada a fermarla perché si è troppo impegnati a viverla, ballando su un tram in corsa.


#1

Zulio e Nicolò

La vostra amicizia che, tra birra, musica e lunghe chiacchierate a libere associazioni, cresce bella da sorridere.
Grazie. Ve lo dico troppo poco.


#2

20.10.2010. Milano, quartiere Isola
Reapeting events, proiezioni in loop, dislocate nello spazio pubblico. E’ comune la necessità di riappropriarsene e rivitalizzarlo, pena la decadenza.
A sera, Massimo Zamboni, chiuso dietro la vetrina di un negozio di musica.
Fuori, conoscenti, estranei, cani, seduti stretti sul marciapiedi.
Di mezzo, la sua voce roca, la sua chitarra vibrante e i panorami della Groenlandia proiettati su uno schermo dietro di lui – il suo, un omaggio ad Artic Spleen, di Piegiorgio Casotti.
Evocazione, lacrime, brividi, freddo, tensione.
C’è chi si può permettere qualche stecca e il fuori sincro, perché sa trasformare tutto in poesia.


Un appunto sulle bozze del mio cellulare:

“[siamo] 2 anime perse in una boccia per pesci. d e f o r m a z i o n e”


#3

21.10.2010. Torino dalle forti contraddizioni.
Palazzi borghesi, grandi spazi aperti, aria, tanta, a percorrerli, silenzio, poche anime in giro. E sotto la superficie il sentimento di qualcosa che ribolle. Peso.

Zulio ne Il fantasma di Torino

Zulio e Raffa ne La Mole Antonelliana con Massimo sullo sfondo

Poi le Officine Bohemien, un piccolo locale colorato a caldo, per la prima serata di un Poetry Slam, otto voci diverse, una sfida a suon di versi sul palco. Tra queste, quella dell’amico mio Raffa , pura-ironia-dissacrante, in fin di fine terzo, peccato che in finale ci vadano solo i primi due e lui meritava, oh sì, e non è una questione d’amicizia.
Risate, fischi, ovazioni, un tiramisù in due ed un calice di vino bianco.
E’ incredibile come, sulle onde delle voci dei poeti, amplificate dai microfoni, l’atmosfera di condivisione si faccia facilmente pregnante, come estranei diventino complici, membri di una sola grande famiglia.
Adieu alle coordinate spazio-temporali!
E dalle sponde di un non-luogo e di un non-tempo, il solo pensiero del rientro a Milano è detestabile.



#4

23.10.2010. Milano, vagabondando
Dopotutto si sa che sul grigio si colora facilmente!









#5

24.10.2010. Milano, Magazzini Generali
Gli Hurts a spaccacuore. La musica tocca lasciarla entrare. Permetterle di fare il suo giro in vena, di risuonare anche negli anfratti più bui. E poi quel che ne viene, ne viene. Siano anche lacrime a profusione come le mie.



#6

22.10.2010. Milano
Una notte in quattro, senza chiudere occhio per un solo secondo, Ludovica, Laura, Candelaria ed io. Succede così quando per il giorno dopo sul calendario è segnalata in rosso la consegna di un qualche progetto e la tua barca è ancora bell’e ancorata in alto mare.
Una notte in cui abbiamo fortemente creduto di potercela fare e così abbiamo tirato su un progetto pienamente soddisfacente in tempi da record, ché la pressione si sa produce sempre frutti tanto succosi.
Ma soprattutto, quanto si può guadagnare umanamente, perdendo sonno?
Non vi conoscevo. E’ successo una notte tra i tazzoni di caffè-ginseg e le fotografie, le chiacchierate e le risate isteriche sul lavoro, i collassi improvvisi e le occhiaie in estensione progressiva fino alle labbra. Poi al mattino, sfinite ma super felici con il nostro lavoro stretto tra le braccia, ci siamo ritrovate ad elemosine posti a sedere in metro per non svenire, ad inghiottire cappuccino e cornetto senza capire bene cosa fossero, né che sapore avessero, a correre a perdifiato sulle foglie bagnate verso l’aula, con due ore di ritardo sulla consegna e meno male il collo non ce lo siamo rotto, ed ancora a sostenerci nelle ansie e nelle lacrime pur lecite dopo tanto sforzo fisico e psicologico.
Ho capito di essere cresciuta. Sì, a volte basta una notte. Una notte in quattro, senza chiudere occhio per un solo secondo, Ludovica, Laura, Candelaria ed io. Ed è stato tanto bello.

La mattina dopo.


#7

More & more.
Work in progress.
Go on.

“Ma gli uomini cattivi…”

settembre 7, 2010

Mood: quello di quando il giorno dopo hai un esame
Reading: gli appunti
Listening to: Notwist – Consequence
Watching: gli appunti che urlano “studiaci!”
Eating: viennetta creme brulee
Drinking: thè




Negli ultimi giorni, il progetto di animazione a cui avevo fatto accenno qui ha smesso di vegetare nello stato magmatico di idea ancora un po’ cieca e ha iniziato a solidificarsi in una sua forma ben precisa. Quel che ne sarà è un cortissimo-metraggio, un minuto al più, conclusivo di un anno intero nella classe di animazione.
L’idea di base mi è venuta a partire da un articolo pubblicato sul National Geographic di agosto, in cui ho letto che un numero sempre crescente di tribù di indiani americani, tra Arizona e New Mexico, si sta impegnando nel recupero della terra che fu sottratta ai loro avi, una terra sacra ed una terra ferita.

‹‹Secondo una leggenda, il creatore fece il mondo e mise tutto in ordine, ma “gli uomini cattivi non si accontentarono e lo distrussero, squarciarono le rive del mare, strapparono gli alberi e distrussero le montagne.››

Natura, uomo. Madre, figlio.
Il figlio che colpisce la madre.
L’uomo che colpisce la natura.
Chiaro, no?


Ne ho parlato con Zulio, compagno di corso, ma soprattutto grande amico, lui ha approvato e abbiamo deciso di sfruttare la possibilità di lavorare in team per questo progetto.

Nel corso dell’anno accademico, noi due insieme, abbiamo sviluppato più di un progetto scolastico. Poi, nei mesi maggio-luglio, è arrivato il progetto grosso, quello per noi importante, perchè extra-scolastico: lui ed io + Raffajele (anche lui compagno, grande amico, “amante per arte ed intelletto” al di là di ogni sua perversione), sotto la supervisione della nostra prof. di montaggio, abbiamo lavorato per Officina Italia 2010, festival di letteratura, tenutosi in maggio a Milano, a cura di Alessandro Bertante ed Antonio Scurati (qui il sito). Noi tre ci siamo occupati dei montaggi di ogni singolo reading ed ho così ascoltato storie, tante. Poi anche di quello del video complessivo di documentazione dell’evento, che pubblico qui sotto.




*
Ogni singolo reading è stato uploadato su Vimeo, nel caso dovesse interessare a qualcuno, lì li troverà.


Tutta questa pizza per dire che noi siamo una squadra collaudata, al punto da riuscire a compensare vicendevolmente le nostre differenti metodologie di lavoro. Io pignola e critica all’eccesso, lui più libero.


Tornando all’animazione, nel week-end ho disegnato in Illustrator la tavola base da animare in After Effects (sì, di nuovo!).
Ringrazio me, la mia pazienza e la mia voglia di superare gli ostacoli. Posso farcela.
Ringrazio Nicolò, che mi ha guidata tutte le volte in cui mi sono persa in una curva, che ha discusso con me l’impostazione grafica e che ha espresso il suo parere ogni volta che gli ho chiesto di farlo, per amor di precisione ogni due secondi. Ho da imparare da te.


Ecco quindi al pubblico parere il mio risultato. Personalmente ne sono fiera. Per una volta posso dirlo. Ed è importante per me.





Ieri Zulio, mi ha raggiunta a Milano e, tra un caffè ed una sigaretta, abbiamo stabilito la regia dell’animazione ed avviato il movimento in After Effects. In una giornata, siamo riusciti ad animare soltanto la pianta. Abbiamo così realizzato che il lavoro richiederà più tempo del previsto. S’intende, non più di una settimana perché la data dell’esame di animazione è ormai arrivata. Ma ho scoperto che di questo progetto sono innamorata e non voglio bruciarlo in fretta. Intendo curarne ogni aspetto al meglio e prendermi il tempo necessario, pur nella ristrettezza.


Ho scoperto anche che mi piace disegnare

le teste pesanti

su corpi androgini,

le ossa sporgenti, nel volto, nelle spalle, nei fianchi,

i colli lunghi,

i polsi stretti,

le mani grandi.


Ho scoperto per ultimo, che pur non ritenendo l’animazione un luogo importante della mia vita, è di animazione che parlo tanto.
S t r a n o .


Intanto domani mattina ho l’esame di web. Motivo per cui farei meglio ad andare a studiare.
Ma la buona volontà dove è andata a nascondersi? La concentrazione?
Non ho neanche più la scusa delle belle giornate. Non a Milano almeno.